9 Dicembre 2022

Il Registro dei titolari effettivi, le lettere di avviso delle Camere di Commercio e la sentenza della Corte di Giustizia Europea

a cura dell’avvocato Igor Valas

A decorrere dalla prima settimana del mese di novembre 2022, le Camere di Commercio hanno iniziato a inviare alle “società di capitali” un avviso in merito al prossimo obbligo di comunicazione al Registro Imprese del Titolare effettivo come previsto dal D.Lgs n. 90 del 25/5/2017.

Pur evidenziando nella e-mail come l’obbligo di comunicazione attenga sia alle imprese dotate di personalità giuridica sia alle “persone giuridiche private” (richiamando a tal fine le fondazioni e le associazioni riconosciute) e ai trust e istituti affini ai trust, è indicativo come queste comunicazioni siano indirizzate dallo Stato solo alle società di capitali.

L’avviso è certamente sibillino nel punto in cui da un lato esplicita che gli “strumenti operativi” saranno disponibili non appena completato l’iter normativo, dall’altro riferisce come siano già operativi sia il portale Web titolareeffettivo.registroimprese.it sia la possibilità di richiedere il dispositivo digitale presso le Camere di Commercio stesse.

In effetti, il portale indicato non è ancora operativo, salvo quale finestra mediatica con scarne indicazioni di cosa serva per procedere alle comunicazioni: l’account telematico, la firma digitale dell’amministratore, il software di compilazione e invio delle pratiche, una e-mail Pec. Nulla in più è possibile sapere né tantomeno oggi fare, se non attendere il completamento dell’iter normativo i cui passi è dunque necessario ricordare.

L’istituzione del Registro dei titolari effettivi: la normativa primaria e il recepimento della V Direttiva AML

L’art. 21 del D.Lgs. del 21 novembre 2007, n. 231[1] prevede che “le imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese di cui all’art. 2188 del codice civile e le persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000 n. 361” (art. 21, comma 1) comunichino ad autonoma sezione del Registro delle imprese le informazioni relative ai propri titolari effettivi.

Parimenti, “i trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, secondo quanto disposto dall’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986 n. 917 nonché gli istituti giuridici affini stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana” sono tenuti all’iscrizione in apposita sezione speciale.

L’accesso alla sezione autonoma è consentito, oltre che a determinate Autorità ed enti preposti al contrasto antiriciclaggio e all’evasione fiscale, anche ai soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio (nel cui ambito, peraltro, si può rilevare una ulteriore distinzione in merito all’operatività della dichiarazione del controinteressato), nonché in generale al pubblico, giusto previo pagamento dei diritti di segreteria.

Per quanto invece attiene alla sezione speciale per i trust ed istituti affini, rispetto alla sezione autonoma, l’accesso non è garantito al pubblico, ma, oltre che alle autorità ed enti istituzionali ed ai soggetto obbligati, “ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, titolari di un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per  curare o difendere un interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, qualora abbiano evidenze concrete e documentate della non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale. L’interesse deve essere diretto, concreto ed attuale e, nel caso di enti rappresentativi di interessi diffusi, non deve coincidere con l’interesse di singoli appartenenti alla categoria rappresentata.

Eccezion fatta per determinate categorie (autorità ed enti istituzionali, ed alcune categorie di soggetti obbligati), l’accesso può esser escluso in “circostanze eccezionali”, qualora “l’accesso esponga il titolare effettivo a un rischio sproporzionato di frode, rapimento,  ricatto,  estorsione, molestia,  violenza  o intimidazione ovvero qualora il titolare effettivo sia una persona incapace o minore d’età, secondo un approccio caso per caso e previa dettagliata valutazione della natura eccezionale delle circostanze”.

Il Comma 5 dell’art. 21, in chiusura, rimette comunque a successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione degli aspetti più rilevanti della normativa quali i dati ed informazioni da comunicare, le modalità di accesso e consultazione, i termini, competenza e modalità dei procedimenti per rilevare la ricorrenza delle cause di esclusione all’accesso nonché dei mezzi di tutela dei soggetti interessati, il dialogo con altre piattaforme e le modalità di comunicazione di eventuali incongruenze da parte di terzi.

È evidente, dunque, che la vera sostanza di questo Registro sia ancora tutta da definire.

L’istituzione del Registro dei titolari effettivi: la normativa delegata di cui al D.MEF n. 55 del 11 marzo 2022

In funzione del comma 5 dell’art. 21 di cui sopra, il MEF ha predisposto una prima bozza di provvedimento, in pubblica consultazione sino al 28 febbraio 2020, che è stata sostanzialmente “bocciata” ad una prima presentazione al Consiglio di Stato; solo in data 23 novembre 2021 è poi passata al vaglio positivo in successiva stesura, e così pubblicata nell’attuale versione con la Gazzetta Ufficiale n. 121 del 25 maggio 2022.

Pur dovendo tacere le innumerevoli critiche a tale decreto[2] che, per quanto di assoluta rilevanza e certamente anch’esse origine dei plurimi ritardi, inutilmente svierebbero l’attenzione sull’argomento specifico, il D.MEF 55 è entrato in vigore il 9 giugno 2022 u.s., ma la vera operatività del Registro ed i conseguenti obblighi di comunicazione scatteranno solo entro sessanta giorni dalla pubblicazione in G.U. di ulteriore provvedimento del MISE attestante l’operatività del Sistema di comunicazione, successivo dunque:

alla predisposizione del disciplinare tecnico del gestore di cui all’articolo 11, comma 3 D.MEF 55 («sottoposto alla verifica preventiva del Garante per la protezione dei dati personali, volto a definire misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio»);
all’entrata in vigore del decreto ministeriale del MISE di concerto con il MEF di cui all’articolo 8, comma 1 D.MEF 55 (modifica e aggiornamento delle voci ed importi dei diritti di segreteria della Camera di commercio);
all’entrata in vigore del decreto dirigenziale di cui al comma 5 D.MEF 55 (l’adeguamento del modulo di comunicazione unica).

Allo stato attuale si è ancora in attesa dei provvedimenti tutti sopra citati, non ancora pubblici ed ai quali dovrà seguire quello definitivo che ne attesta l’operatività; è dunque certo che l’imminenza della scadenza degli obblighi di comunicazione non sia così vicina, ulteriormente ritardata anche in forza ed alla luce della recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea di cui in seguito.

La sentenza della Corte di Giustizia del 22 novembre 2022

Con Sentenza del 22 novembre 2022, nelle cause riunite C-37/20 e C-601/20 (.PDF) avverso il Luxembourg Business Register, la Corte di Giustizia Europea ha preso una netta posizione in relazione all’accesso al pubblico ai dati dei titolari effettivi delle persone giuridiche, dichiarandolo invalido[3].

Tale decisione assume particolare rilevanza non solo per quanto deciso – e così dunque che è illegittimo l’accesso al pubblico dei dati dei Titolari effettivi delle persone giuridiche in quanto contrastante con gli art. 7 ed 8 della Carta Universale dei Diritti dell’Uomo – ma anche soprattutto per come argomentato quanto deciso.

Senza potersi ulteriormente dilungare e rinviando alla sentenza stessa maggior approfondimento, la Corte spende plurime argomentazioni nell’evidenziare che eventuali deroghe alla protezione dei dati personali possano operare solo entro i limiti dello stretto necessario, misurando la gravità dell’ingerenza limitativa ai diritti garantiti dagli artt. 7 ed 8 della Carta in funzione dei requisiti di proporzionalità che, dunque, con norme chiare e precise, perseguano l’obbiettivo di interesse generale non solo in maniera idonea e limitata allo stretto necessario, ma anche in maniera non sproporzionata a tale obiettivo.

La decisione diretta, dunque, concernente l’illegittimità dell’accesso al pubblico è certamente tranciante e di immediata doverosa applicazione, sotto plurimi profili. Alla data attuale, infatti, senza alcuna velleità di esaustività, è già stato sospeso l’accesso al pubblico a tale Registro non solo da parte del Lussemburgo, ma anche di Malta e dei Paesi Bassi.

Questa decisione, inoltre, è certamente destinata ad influenzare anche parte della normativa emendativa alla V Direttiva antiriciclaggio attualmente al vaglio del Parlamento Europeo[4].

Non è tuttavia scontato che alcune considerazioni non possano far adeguatamente rivalutare anche altri aspetti, oltre a questo macroscopico.

È infatti evidente che i requisiti minimi di chiarezza normativa, essenziali tra altri per eventuale contrazione dei diritti garantiti, non siano stati rispettati certamente in merito all’accesso al registro dei titolari effettivi dei trust ed istituti affini[5].

Non da ultimo, plurimi passaggi della sentenza incidono o comunque sono passibili di incidere non solo sull’eccessivo allargamento della platea di soggetti obbligati, ma anche sulle modalità e requisiti di accesso e controllo sugli stessi oltre che sulle ulteriori limitazioni in forza delle c.d. “circostanze eccezionali” e delle procedure ad esse correlate[6].

Conclusioni

Ad oggi permane un gande riserbo sullo stato dei provvedimenti attesi, sia sul loro grado di definizione, sia di come siano stati disciplinati tutti gli elementi ad essi rimessi, sia, da ultimo, ma non per importanza, sulla loro legittimità.

Nel luglio scorso, a poche settimane dallo scadere delle tempistiche indicate nel D.MEF 55 per l’attuazione dei provvedimenti necessari, Unioncamere ed Infocamere, senza ancora aver alcuna idea di come regolamentare i rapporti tra la sezione autonoma e la sezione speciale del Registro e con assoluto riserbo di informazioni in merito alla sezione speciale dei trust ed istituti affini, aveva in previsione di terminare l’iter normativo entro l’inizio di settembre onde iniziare accreditamenti e comunicazioni entro gli inizi di novembre e così, dunque, dall’anno nuovo il decorrere dei termini sanzionatori per i mancati o inesatti adempimenti.

Così è certo non esser avvenuto dal momento che ad oggi nulla è successo, se non l’invio delle sopracitate PEC.

Stante tutto quanto sopra, non è dato comprendere appieno l’utilità di questi invii se non quella di far vedere che qualcosa si sta muovendo, da un lato, e dall’altro allertare gli amministratori delle società di capitali – ed allo stato solo questi perché solo a questi è stata inviata – che prima o poi dovranno fare qualcosa, loro personalmente, questo sì, stante l’espressa previsione di impossibilità di delega ad altri operatori professionali.

È pur vero che i diversi consulenti delle aziende, esterni o interni che siano, potranno studiare, analizzare e predisporre tutto quanto sia necessario, quando vi sarà la normativa di riferimento, ma è altrettanto vero che le attività materiali definitive dovranno esser poste personalmente dagli amministratori, stante l’accesso certificato individuale al caricamento della pratica.

A prescindere dal già evidenziato ritardo non solo nella predisposizione della normativa – prim’ancora che degli aspetti prettamente tecnici – ma anche a causa delle maggiori criticità in relazione al registro dei titolari effettivi dei trust e degli istituti affini, non è dato comprende quanto ulteriore ritardo deriverà dall’applicazione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia che incidono non solo sull’accesso al pubblico dei dati sui titolari effettivi delle persone giuridiche, ma anche su altri aspetti a questi correlati quali, ad esempio ed uno tra tutti, le dichiarazioni di controinteresse all’accesso (che operano non solo verso l’accesso al pubblico, ma anche nei confronti di tutte le categorie non “istituzionali” di soggetti obbligati) e le procedure di tutela dei diritti correlati.

Tra i primi quesiti che ci si deve porre, infatti, vi è innanzitutto se la verifica che le procedure attualmente in itinere di predisposizione rispecchino fedelmente ed attuino i principi dettati dalla Corte di Giustizia; in secondo luogo, ma non per importanza, le modalità attuative degli stessi: può il provvedimento delegato, peraltro emanazione di altro provvedimento già di per sé delegato, non attuare quanto la normativa gli abbia rimesso di attuare?

Si confida in prossimi chiarimenti, quantomeno da parte del Ministero.

Note

[1] Nella versione in vigore, come novellato dall’art. 2, comma 1, lett. f), g) ed h), del D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 («Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 25 maggio 2017, n. 90 e n. 92, recanti attuazione della direttiva (UE) 2015/849, nonché attuazione della direttiva (UE) 2018/843 che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario ai fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE»)

[2] Per alcune osservazioni, tra altre, sia lecito rinviare a I. Valas, I Registri dei titolari effettivi e le loro interazioni: dal D.M. 55 finalmente un chiarimento, in mezzo ad ancora tanta confusione, in Trusts, 2022, 774. e I. Valas, I registri dei titolari effettivi alla luce del D.M. 11 marzo 2022, n. 55: diritti di accesso e diritti di opposizione, in Trusts, 2022, 986

[3] La Corte dichiara: “L’articolo 1, punto 15, lettera c), della direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE, è invalido in quanto esso ha modificato l’articolo 30, paragrafo 5, primo comma, lettera c), della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione, nel senso che detto articolo 30, paragrafo 5, primo comma, lettera c), prevede, nella sua versione così modificata, che gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite nel loro territorio siano accessibili in ogni caso al pubblico”.

[4] Mi riferisco a quella che sarà la VI Direttiva, su proposta della Commissione europea del 20/07/2021 u.s., già rimessa al Parlamento europeo: la COM(2021) 423 final – proposta di nuova Direttiva antiriciclaggio, abrogativa della direttiva (UE) 2015/849 (la c.d. IV Direttiva antiriciclaggio, solo modificata dalla successiva 2018/843 – la c.d. V Direttiva), e la COM(2021) 420 final – proposta di un Regolamento vero e proprio, oltre ad ulteriori due regolamenti più «tecnici».

[5] Mi riferisco, come spero intuibile, alla già infelice disposizione originaria che ha poi portato all’attuale incomprensibile comma 4, lett. d-bis dell’art. 21 del D.Lgs 231/2007: “ai  soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, titolari di un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere un interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente  tutelata,  qualora  abbiano   evidenze   concrete   e documentate della non corrispondenza  tra titolarità effettiva e titolarità legale”.

[6] E’ indicativo ed in sostanza di portata ben più ampia il punto 87 della sentenza: “In tali circostanze, le disposizioni facoltative di cui all’articolo 30, paragrafi 5 bis e 9, della direttiva 2015/849 modificata, che consentono agli Stati membri, rispettivamente, di subordinare la messa a disposizione delle informazioni sulla titolarità effettiva ad una registrazione online e di prevedere, in circostanze eccezionali, talune deroghe all’accesso del pubblico a tali informazioni, non sono, di per sé, idonee a dimostrare né una ponderazione equilibrata tra l’obiettivo di interesse generale perseguito e i diritti fondamentali sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta, né l’esistenza di sufficienti garanzie che consentano alle persone interessate di tutelare efficacemente i loro dati personali contro i rischi di abusi.”

 

 

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