19 Marzo 2025

Sezioni Unite: la competenza sull’azione revocatoria della scissione spetta al Tribunale Fallimentare

A cura di Piergiuseppe Spolaore

Con la sentenza 26 febbraio 2025, n. 26337, la Corte di Cassazione a Sezioni unite ha stabilito che, sebbene la competenza a conoscere dell’azione revocatoria nei confronti della scissione spetti in via generale alla sezione specializzata in materia d’impresa, qualora sia il curatore a promuovere l’azione (tanto fallimentare quanto ordinaria), la competenza spetta inderogabilmente al tribunale fallimentare, poiché si tratta di azione che deriva dal fallimento.

La competenza della sezione specializzata in materia d’impresa sull’azione revocatoria della scissione era già stata affermata da Cass., 5 febbraio 2020, n. 2754, alla quale non avevano aderito, però, né il Tribunale di Bologna con la sentenza nei cui confronti è stato proposto il regolamento di competenza dal quale trae origine la decisione in epigrafe, né l’ordinanza interlocutoria con cui la Sez. I aveva rimesso il procedimento al Primo Presidente (n. 24237/2023).

Benché la decisione sia riferita alla legge fallimentare, essa non è priva di interesse anche per il regime del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: da un lato, infatti, deve ritenersi che l’azione revocatoria promossa dal curatore rientri nelle controversie da decidere alla stregua del procedimento unitario di cui al titolo III del Codice, che spettano quindi alla sezione procedure concorsuali del tribunale in cui ha sede la sezione specializzata in materia d’impresa. Dall’altro lato, sembra rimanere valido il principio di diritto per cui, al di fuori del concorso, la competenza a conoscere della revocatoria è della sezione specializzata in materia d’impresa. Pertanto, l’azione revocatoria ordinaria nei confronti della scissione promossa da singoli creditori deve essere instaurata di fronte al tribunale territorialmente competente in cui ha sede tale sezione.

Con riferimento al merito della decisione, desta interesse che uno dei principali snodi dell’iter argomentativo (parr. 10-11) sia rappresentato dall’esplicita previsione (art. 3, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 168/2003) della competenza in capo alle sezioni specializzate per le azioni di responsabilità nei confronti degli organi societari «da chiunque promosse», ossia anche ai sensi dell’art. 2394 c.c. Secondo la Corte, infatti, siffatte controversie, ove non fossero esplicitamente menzionate, non rientrerebbero nella nozione di «rapporti societari» di cui al citato art. 3, comma 2, lett. a), intesi come rapporti che «tragg[ono] origine dal contratto di società» e attengono al«la società come organizzazione» (par. 6). La ratio dell’attribuzione alla sezione specializzata della competenza a conoscere tali controversie va ravvisata – in estrema sintesi – nel rilievo per cui, (anche) in queste ultime, il comportamento dedotto quale causa petendi del diritto azionato riveste una «caratterizzazione giuridica … corporativa», la quale giustifica che la controversia sia conosciuta dall’ufficio giudiziario dotato di apposite qualifiche in materia.

Pertanto, in maniera analoga a siffatto schema concettuale, pure nella domanda di revoca della scissione viene in rilievo, interno alla causa petendi, un «atto corporativo» (il negozio di scissione), il quale causa un pregiudizio – verrebbe da aggiungere: sociale – alla garanzia patrimoniale del creditore. Secondo la Corte, la conclusione è in linea con «la finalità perseguita dal legislatore, perché rimette al giudice specializzato l’apprezzamento dell’eventus damni, il quale … implica il delicato raffronto tra i valori patrimoniali attivi e passivi oggetto di trasferimento e programmati dal progetto di scissione» (par. 16).

Deve altresì segnalarsi che, nel prendere posizione circa la questione di cui sopra, la Corte afferma l’effetto traslativo della scissione: «è ben vero che, come osservato in dottrina, l’atto di scissione assume un preciso significato sul piano della riorganizzazione societaria, attuando la destinazione di risorse da un progetto imprenditoriale ad altro progetto imprenditoriale … È tuttavia incontestabile che quell’effetto venga conseguito attraverso un atto, l’assegnazione patrimoniale di cui all’art. 2506, comma 1, c.c., che integra un vero e proprio trasferimento» (par. 15). Sul punto, tuttavia, la decisione non elabora in realtà un’autonoma argomentazione, ma si limita a rinviare esplicitamente a un principio di diritto già espresso da Sez. un., 15 novembre 2016, n. 23225.

Per vero, nel valutare l’impatto di siffatte asserzioni sul diritto sostanziale, va tenuto presente che i percorsi argomentativi nell’ambito dei quali esse si collocano tenore prevalentemente processuale: nella sentenza in epigrafe, affermare il carattere traslativo della scissione è funzionale a mettere a fuoco le conseguenze che discendono dall’accoglimento dell’azione revocatoria per determinare, così, qual è il giudice che meglio si trova nella posizione per svolgere tale apprezzamento; in Sez. un., 15 novembre 2016, n. 23225, la natura traslativa è sostenuta – in via pregiudiziale rispetto alle questioni di merito – al mero fine di affermare la legittimazione della società scissa a seguito della scissione intervenuta lite pendente, per mezzo dell’art. 111 c.p.c.

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