19 Ottobre 2022

Incostituzionale l’esclusione della doppia esenzione IMU per coniugi o uniti civilmente che vivono in abitazioni diverse

L’esenzione dall’IMU per l’abitazione principale è disciplinata dal comma 741 dell’art. 1 L. 160/2019.

Il primo periodo della lettera b) di tale comma precisa che «Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente».

Il secondo periodo del medesimo comma 741 lettera b), come modificato dall’art. 5-decies D.L. 146/2021, convertito con modificazioni con L. 215/2021, disciplina, poi, il caso dei componenti di un medesimo nucleo familiare aventi dimora abituale e residenza anagrafica in immobili diversi.

A seguito della modifica normativa del 2021 (di cui si era già parlato, sollevando dubbi di legittimità costituzionale, in un precedente contributo: “Novità in materia di IMU per i componenti di un medesimo nucleo familiare“), tale norma dispone che «Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare».

Ai sensi di tale norma, quindi, i componenti del medesimo nucleo familiare con dimora abituale e residenza anagrafica in immobili diversi possono usufruire della esenzione IMU per una sola abitazione.

Interviene, ora, la Corte Costituzionale con la Sentenza 209/2022 del 12 settembre 2022 (.pdf) pubblicata il 13 ottobre 2022.

La Corte premette che nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo tale da penalizzare coloro che decidono di unirsi in matrimonio o di costituire un’unione civile.

La Corte rileva che la normativa in materia di esenzione IMU per l’abitazione principale comporta una tale penalizzazione.

Tale normativa consente, infatti, a ciascun possessore non coniugato e non parte di una unione civile di fruire dell’esenzione IMU sulla propria abitazione principale, anche se è unito in una relazione di fatto con altra persona. In questo caso i partner hanno quindi diritto a una doppia esenzione.

La scelta di accettare che il proprio rapporto affettivo sia regolato dalla disciplina legale del matrimonio o dell’unione civile, preclude, invece, la possibilità di mantenere la doppia esenzione, anche quando effettive esigenze, ad esempio lavorative, impongano la scelta di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti.

La Corte ritiene, pertanto, fondata la questione di incostituzionalità sollevata con riferimento all’art. 3 della Costituzione.

In un contesto come quello attuale caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è, infatti, sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, e rimanendo comunque nell’ambito di una comunione materiale e spirituale.

In questi casi ritenere non sufficienti, al fine della doppia esenzione IMU, i soli requisiti della residenza anagrafica e della dimora abituale, determina un’evidente discriminazione rispetto a chi è singolo o parte di una relazione di fatto.

Né può essere evocato l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 del codice civile, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa consentono loro di stabilire residenze disgiunte (Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1785).

Neppure, a difesa della struttura della normativa censurata, può essere invocata una giustificazione in termini antielusivi, motivata sul rischio che le “seconde case” vengano iscritte come abitazioni principali.

Va, infatti, precisato che i comuni dispongono di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni, tra cui, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 10, lettera c), punto 2, del d.lgs. n. 23 del 2011, anche l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio; elementi dai quali si può riscontrare l’esistenza o meno di una dimora abituale.

In conclusione, a parere della Corte, la normativa censurata, disciplinando situazioni omogenee «in modo ingiustificatamente diverso», si dimostra in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.

La Corte ritiene altresì fondata la censura di incostituzionalità con riferimento all’art. 31 della Costituzione.

Tale norma statuisce che «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose».

La Costituzione riconosce, quindi, il valore della famiglia come leva in grado di accompagnare lo sviluppo sociale, economico e civile e si oppone a trattamenti fiscali che la possano penalizzare.

Di qui la violazione anche dell’art. 31 da parte di una normativa che ha condotto a riconoscere il diritto alla doppia esenzione IMU solo in caso di inesistenza o di disgregazione di un nucleo familiare.

La Corte ritiene, infine, fondata anche la censura relativa all’art. 53 della Costituzione.

Avendo come presupposto il possesso, la proprietà o la titolarità di altro diritto reale in relazione a beni immobili, l’IMU riveste, infatti, la natura di imposta reale e non ricade nell’ambito delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito.

Appare con ciò coerente il fatto che nella sua articolazione normativa rilevino elementi come la natura, la destinazione o lo stato dell’immobile; non, invece, che rilevino le relazioni del possessore con il suo nucleo familiare e, dunque, lo status personale del contribuente.

Per i motivi sopra esposti, la Corte riconosce la parziale illegittimità costituzionale della normativa in materia di esenzione IMU.

La Corte dispone, quindi, che il primo periodo del comma 741, lettera b) dell’art. 1 L. 160/2019 deve assumere il seguente tenore: «Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente», mentre il secondo periodo del medesimo comma è dichiarato interamente illegittimo.

Per effetto della sentenza in commento, dunque, ciascun possessore può usufruire dell’esenzione IMU sulla propria abitazione principale, essendo del tutto irrilevante il fatto di essere parte di un nucleo familiare (quale coniuge o unito civilmente, ma anche quale genitore e figlio fiscalmente a carico), così come del tutto irrilevante è il fatto che gli immobili posseduti dai componenti di un medesimo nucleo familiare siano situati in uno stesso comune o in comuni diversi.

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