9 Dicembre 2024

Le modifiche del D.Lgs. 139/2024. Imposta di Registro: Art. 34 TUR – La (non) imposizione fiscale della collazione nelle divisioni ereditarie

Tra le modifiche apportate del D.Lgs. n. 139/2024 al Testo Unico dell’Imposta di Registro di cui al D.P.R. n. 131/1986 (in seguito TUR), deve essere segnalata quella relativa all’art. 34 TUR.

Art. 34

Divisioni

1. La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente. La massa comune è costituita nelle comunioni ereditarie dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto determinato a norma dell’imposta di successione, e nelle altre comunioni, dai beni risultanti da precedente atto che abbia scontato l’imposta propria dei trasferimenti.

Art. 34

Divisioni

1. La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente. La massa comune è costituita nelle comunioni ereditarie dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto determinato a norma dell’imposta di successione. Ai soli fini della determinazione della massa comune e delle quote di diritto, nelle comunioni ereditarie si tiene conto anche dei beni donati in vita dal defunto ai soggetti tenuti alla collazione ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice civile; tali beni non sono soggetti all’imposta di registro in sede di divisione. Nelle altre comunioni, la massa comune è costituita dai beni risultanti da precedente atto che abbia scontato l’imposta propria dei trasferimenti.

2. I conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto, ancorché attuati mediante accollo di debiti della comunione, sono soggetti all’imposta con l’aliquota stabilita per i trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi nella quota e con l’aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari per l’eccedenza.

2. I conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto, ancorché attuati mediante accollo di debiti della comunione, sono soggetti all’imposta con l’aliquota stabilita per i trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi nella quota e con l’aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari per l’eccedenza.

3. Quando risulta che il valore dei beni assegnati ad uno dei condividenti determinato a norma dell’art. 52 è superiore a quello dichiarato, la differenza si considera conguaglio.

3. Quando risulta che il valore dei beni assegnati ad uno dei condividenti determinato a norma dell’art. 52 è superiore a quello dichiarato, la differenza si considera conguaglio.

4. Agli effetti del presente articolo le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte.

4. Agli effetti del presente articolo le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte.

Come si può notare dal raffronto tra il testo attuale e quello modificato, in materia di divisione, il legislatore della “riforma” si occupa esclusivamente (e in maniera quasi didascalica) della collazione nella divisione ereditaria, lasciando per il resto invariato l’attuale assetto normativo di tassazione dello scioglimento delle comunioni (ereditarie e non).

Nulla cambia, dunque, per quanto riguarda l’aliquota applicabile alla divisione, che resta quella dell’1%, propria degli atti dichiarativi (art. 3, Tariffa/I allegata al TUR)[1], salvo che nei casi dell’assegnazione di beni di valore superiore al valore della quota spettante al condividente sull’intera massa comune e dei conguagli (art. 34, comma 1, primo periodo e, rispettivamente art. 34, comma 2, non modificati dal D.Lgs. 139/2024) e ferma la disciplina delle cc.dd. masse plurime, contenuta nel quarto comma (per la quale, invero, ci si sarebbe atteso un cambiamento, in ossequio all’esigenze di razionalizzazione e semplificazione[2] perseguite dalla “riforma”).

Neppure ci sono novità per quanto riguarda, in generale, la base imponibile (non espressamente normata dal TUR) e, in particolare, la facoltà per i condividenti, ricorrendone i presupposti, di determinare il valore della massa comune utilizzando i cc.dd. valori tabellari[3]; ciò che deve ritenersi tuttora ammissibile (e non revocabile in dubbio), argomentando ex art. 52, comma 4, TUR[4], non inciso dal D. Lgs. 139/2024[5].

***

Venendo alla modifica in commento, per comprendere la novità introdotta dalla “riforma”, occorre prendere le mosse dall’attuale stato dell’arte in materia di tassazione della collazione che, come è noto, può avvenire in natura (per soli beni immobili ricorrendone i presupposti di cui all’art. 746, comma 1 cod. civ.) ovvero per imputazione (artt. 746, comma 2 e 750 cod. civ.) ovvero, ancora, nel caso di denaro, con le modalità di cui all’art. 751, comma 1 cod. civ.

Sotto il profilo dell’imposizione fiscale il fenomeno della collazione può assumere rilievo per un triplice aspetto:

  1. tassabilità o meno del conferimento alla massa del bene ricevuto in donazione;
  2. estraneità o meno (del valore) dei beni (delle donazioni) oggetto di collazione rispetto alla massa a dividersi ai fini della determinazione delle quote di diritto spettanti ai condividenti e delle attribuzioni delle porzioni da assegnare loro (cd. massa di computo) e, connessa a quest’ultimo,
  3. incidenza o meno del valore del bene donato e oggetto di collazione sul complessivo valore della massa comune (base imponibile) da tassare all’1%.

1. E’ pacifico in dottrina e, per quanto consta, mai contestato dall’Agenzia delle Entrate, che il primo dei suindicati momenti (qualunque sia la ricostruzione giuridica che si volesse riconoscere al fenomeno) non costituisca espressione di capacità contributiva e che, pertanto, il conferimento per collazione non debba essere oggetto di imposizione[6]. L’orientamento è senz’altro da confermare anche per il futuro.

2. La non assoggettabilità al prelievo fiscale della collazione e il dato testuale dell’attuale Art. 34 TUR – per il quale “la massa comune è costituita nelle comunioni ereditarie dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto determinato a norma dell’imposta di successione”-, hanno indotto l’Amministrazione Finanziaria e la giurisprudenza a ritenere del tutto irrilevanti nelle divisioni ereditarie le donazioni oggetto di collazione e a considerare, conseguentemente, squilibrate le assegnazioni che della collazione avessero tenuto conto.

Un esempio può essere utile per meglio chiarire i termini della questione.

A seguito del decesso di Tizio – che in vita aveva donato alla figlia Prima, senza alcuna dispensa da collazione, un bene del valore (alla data dell’apertura della successione[7]) di 50 -, i suoi due figli Prima e Secondo, quali unici coeredi, si ritrovano in comunione, in pari misura tra loro, di due beni caduti in successione, del valore rispettivamente di 50 e di 100.

In sede di divisione ereditaria, tenuto conto, dunque (della collazione per imputazione) della donazione di cui ha beneficiato Prima, a quest’ultima viene assegnato il bene ereditario del valore di 50 e a Secondo il bene del valore 100. Alternativamente, Prima potrebbe scegliere di conferire alla massa in natura il bene ricevuto in donazione, che, insieme all’altro caduto in successione del valore di 50, è assegnato a Secondo, mentre a Prima è assegnato il bene di 100.  

Dal punto di vista fiscale, qualora, in ossequio alle regole stabilite dal codice civile, si ritenga che il valore della massa (cd. di computo) a dividersi sia costituito dal complessivo valore dei beni in gioco, ivi incluso, dunque, quello oggetto di donazione e collazione (per un valore quindi complessivo di 200, cui ciascun coerede/condividente concorre per la metà e, dunque, per 100), il valore delle predette assegnazioni (di 100 ognuna) corrisponde al valore della quota cd. di diritto spettante a ciascun coerede sulla comunione iniziale.

Qualora, invece, in ossequio al dato letterale del vigente art. 34 TUR, si consideri il solo valore del relictum ereditario quale punto di riferimento della massa (per un valore complessivo di 150, nell’esempio che precede) e delle cc.dd. quote di diritto (75), ecco allora che l’assegnazione di 100 a Secondo (ovvero, nell’altro caso ipotizzato, a Prima) risulterebbe sperequata di 25 e, così, assoggettata a tassazione ai sensi del ricordato art. 34, comma 1, primo periodo, TUR.

Quest’ultima era la lettura preferita dal Fisco, secondo cui le donazioni assumevano rilevanza ai soli fini del coacervo ereditario ai sensi dell’art. 8, comma 4, del TUS di cui al D. Lgs. n. 346/1990[8], considerata norma eccezionale; al di fuori, dunque, del coacervo, non vi sarebbe stato spazio per conteggiare le donazioni.

Detta interpretazione – che ha trovato anche il conforto della giurisprudenza[9] – ha fatto sì che, in pratica, nelle divisioni contrattuali, i condividenti, pur tenendo conto delle donazioni ricevute in vita da ciascun coerede, raramente esplicitassero la collazione, preferendo regolarizzare le loro reciproche posizioni intervenendo sui valori dei beni ereditari da attribuirsi, così, di fatto, pareggiando porzioni assegnate e quote di diritto.    

La frattura tra visione civilistica e tributaria del fenomeno della collazione è stata però, per fortuna, recentemente ricomposta dalla Cassazione, dapprima, con l’ordinanza del 3 agosto 2021, n. 22123 e, quindi, con la sentenza del 27 gennaio 2023, n. 2588 (prontamente segnalate e commentate dall’ufficio studi del Consiglio Nazionale[10]), che ha finalmente accolto la prima delle suesposte interpretazioni.

3. La (riacquistata) rilevanza delle donazioni ai fini del giusto confronto tra quota di diritto e assegnazione non deve indurre a ritenere che, però, del valore delle donazioni si debba tener conto anche ai fini della determinazione della base imponibile della divisione ereditaria (cui applicare l’aliquota dell’1%), e che, a tal fine, si debba sommare il relictum al donatum (come pure avrebbe potuto far ritenere un passo della richiamata ordinanza del 2021, ove si legge che “la base imponibile per calcolare l’imposta di registro sulla divisione dovrà essere determinata sulla somma del valore del bene caduto in successione e del valore del bene collazionato per imputazione”).

L’art. 34, comma 1, TUR è, infatti, chiaro nel ritenere oggetto di tassazione il solo relitto ereditario (come del resto confermato dalla medesima ordinanza, la quale conclude affermando che “l’imposta di registro troverà applicazione sulla parte effettivamente caduta in successione”)[11].  

Come è stato giustamente evidenziato[12] occorre, insomma, tener distinte la massa di computo (200, nell’esempio di cui sopra) dalla base imponibile (150, nel ripetuto esempio).

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Con l’integrazione apportata al primo comma dell’art. 34, comma 1, il legislatore delle riforma mostra di accogliere il più recente orientamento della Cassazione, sopra richiamato[13], stabilendo, in maniera didascalica, che “ai soli fini della determinazione della massa comune e delle quote di diritto, nelle comunioni ereditarie si tiene conto anche dei beni donati in vita dal defunto ai soggetti tenuti alla collazione ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice civile; tali beni non sono soggetti all’imposta di registro in sede di divisione..

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Le conclusioni che precedono valgono anche in caso di collazione di donazione che un coerede abbia ricevuto dal defunto indirettamente(cfr. 737 cod. civ.).

Deve, invece, riconoscersi un diverso rilievo, nelle operazioni divisionali, alle donazioni dichiarate nulle – in specie per mancanza di forma (si pensi ad esempio alle donazioni di denaro senza atto pubblico notarile ovvero, al caso di donazione dissimulata da un atto di compravendita per scrittura privata autenticata o per atto pubblico senza testimoni) -, le quali fanno parte della massa a dividersi, non  perché vi “ritornino” (come avviene con la collazione), ma perché da tale massa divisionale si ritengono mai uscite[14].

Se, per disposizione del giudice (o per riconoscimento delle parti), tali donazioni fossero considerate nella formazione delle porzioni da assegnare, le stesse concorrerebbero, quindi, a determinare (come le liberalità valide) la massa di computo e (a differenza di quelle liberalità) anche la base imponibile, cui applicare l’imposta dell’1%.

Così, ad esempio, un bene immobile oggetto di donazione dichiarata nulla – che deve considerarsi mai uscito dal patrimonio del donante/defunto -, sarà ricompreso nella massa ereditaria e, dunque, nella base imponibile.

E lo stesso è a dirsi nel caso in cui alla nullità della donazione consegua un debito di restituzione (del suo controvalore) a carico del donatario verso la massa ereditaria, riconducibile nell’ambito di applicazione degli artt.  724, comma 2, e 725 cod. civ.: se il debito non è prescritto o se comunque l’avvenuta prescrizione non è eccepita dal donatario/coerede/condividente, questi sarà tenuto a imputare quanto ricevuto alla propria quota.  

I debiti verso la massa (o, se si preferisce, i crediti della massa ereditaria verso il coerede) valgono, in tal caso, a formare l’attivo ereditario e ad aumentare il relictum, come correttamente osservato da chi ha evidenziato la differenza tra l’imputazione dei debiti e l’imputazione per collazione[15].

Anche ora gli esempi possono essere d’aiuto per chiarire il discorso.

Muore Tizio, che in vita aveva pagato ex art. 1180 cod. civ., e per spirito di liberalità verso il figlio Primo, il prezzo di 100 da questi dovuto per il suo acquisto di un immobile (del valore, all’apertura della successione, di 100), lasciando beni ereditari, spettanti in pari quota tra loro, ai due figli Primo e Seconda del complessivo valore di 300. Quando i coeredi procederanno a divisione, considerando il valore dell’immobile oggetto della (liberalità indiretta e della) collazione[16], la massa di computo sarà 400 mentre la base imponibile sarà di 300.

Muore Tizio, che in vita aveva “donato” al figlio Primo, la somma di 100 tramite bonifico bancario (senza formalizzare la donazione con atto notarile), lasciando beni ereditari, spettanti in pari quota tra loro, ai due figli Primo e Seconda del complessivo valore di 300. La donazione pecuniaria (si ipotizza, non modica) è dichiarata nulla dall’autorità giudiziaria per mancanza di forma. Quando i coeredi procederanno a divisione, considerando la somma di cui Primo è debitore verso la massa (da imputare alla sua quota ex art. 724, comma 2, cod. civ. [17]) la massa di computo (come nel caso precedente) sarà 400 ma (a differenza del caso precedente) la base imponibile pure sarà di 400.

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Nel caso in cui, in sede di divisione, al fine di addivenire ad un corretto e veritiero “apporzionamento” i coeredi/condividenti, considerano, per accordo tra loro o perché così imposto dal giudice, anche le liberalità ricevute in vita dal defunto (non con atto pubblico di donazione), il richiamo nell’atto di divisione di liberalità indirette e/o di liberalità cc.dd. informali compiute in vita dal defunto porta con sé il rischio di un loro assoggettamento all’imposta di donazione (per la parte che supera la franchigia)?

Il quesito richiede di soffermarsi sul più generale (e non facile) tema dell’imponibilità di dette liberalità, ai sensi del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al D. Lgs. n. 346/1990 (TUS), districandosi tra le disposizioni di cui all’art. 1, commi 1 (testo attuale e modificato dal D. Lgs 139/2024) e, soprattutto, 4-bis (non modificato dalla riforma) e all’art. 56–bis (testo attuale e modificato dal D. Lgs 139/2024[18]).

Alla questione – che esula dall’argomento specifico del presente commento, relativo alla tassazione della divisione (che resta quella sopra esaminata, in nulla alterata, è bene evidenziarlo, dalla risposta alla domanda ora posta) -, non può che farsi qui un breve cenno, limitandosi a richiamare gli approdi cui sono pervenuti la dottrina che ha esaminato ex professo la materia[19] e la più recente giurisprudenza[20].

Soffermando, dunque, l’attenzione sulla vicenda di cui al quesito, può subito dirsi che si tratta di un’ipotesi di liberalità risultante da atto soggetto a registrazione e che occorre, dunque, tirare in ballo il citato art. 1, comma 4 bis TUS, per il quale: “ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto.”.

Più precisamente, quello di cui ora si discute è l’evenienza di liberalità già compiuta prima dell’atto di divisione ed in questo soltanto enunciata[21].

Al riguardo, si può osservare che dottrina e giurisprudenza[22] sono concordi nel ritenere che:

  1. il ripetuto comma 4-bis operi anche per le liberalità risultanti dagli atti soggetti a registrazione per enunciazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 55, comma 1, TUS e 22 TUR (nel caso di liberalità diversa dalla donazione formale richiamata in una divisione ereditaria, per aversi ipotesi di enunciazione rilevante ai sensi di tale ultima norma, si deve assumere che, trattandosi di rapporti tra coeredi e di liberalità fatta dal de cuius, ricorrerebbe il criterio che pretende la presenza delle stesse parti, di cui una putativa);
  2. tuttavia, dall’art. 56-bis TUS, dedicato all’accertamento delle liberalità indirette e informali[23], si ricava che le stesse scontino l’imposta di donazione soltanto se “confessate” nell’ambito di un procedimento di accertamento tributario (comma 1) o se registrate volontariamente (comma 3) e che, dunque, nel sistema impositivo delineato del TUS non sussista un obbligo generalizzato di tassazione delle ridette liberalità [24];
  3. in mancanza di un siffatto obbligo, per le liberalità indirette e informali, è da escludere un loro recupero a tassazione, solo perché risultanti, per via di enunciazione, da atti soggetti a registrazione[25], dovendo valere, anche ora, quanto sostenuto dalla dottrina, in generale, per l’enunciazione, da ritenersi irrilevante “sul piano degli effetti fiscali disciplinati dall’art. 22 qualora che abbia ad oggetto (…) atti non registrati che ab origine sarebbero stati sottratti a qualsiasi obbligo di registrazione (…) per i quali, pur dopo l’enunciazione, si deve ritenere che continui a sussistere la ratio della loro sottrazione a qualsiasi imposizione, non potendo l’enunciazione in sé elidere quella ratio” [26].

Sembra allora che si possa rispondere negativamente al sopra esposto quesito e ritenere che le liberalità enunciate nell’atto di divisione non debbano scontare alcuna autonoma imposta, cosicché una loro eventuale ripresa fiscale sarebbe illegittima[27].


Note

[1] E ciò, giova ricordarlo, nonostante la nota pronuncia delle Sezioni Unite del 7 ottobre 2019, n. 25021.

Cfr., in questa, Rivista G. RIZZI, “La divisione immobiliare nella sentenza n.25021-19 delle Sezioni Unite della Cassazione“.

Cfr., inoltre, A. LOMONACO in Prime riflessioni sulla sentenza della Cassazione SS. UU. 7 ottobre 2019 n. 25021 (a cura di M. Leo, A. Lomonaco, E. Fabiani e L. Piccolo), in CNN Notizie del 21 ottobre 2019, n. 192; ID., La Cassazione conferma la natura dichiarativa ai fini fiscali della divisione senza conguagli e la conseguente applicabilità della cd. valutazione catastale automatica degli immobili, in CNN Notizie del 4 dicembre 2020, n. 225; e, soprattutto, G. PETTERUTI e A. PISCHETOLA, L’incidenza della sentenza della Cassazione n. 25021/19 sul trattamento fiscale della divisione, Studio CNN n. 183-2019/T, in CNN Notizie del 24 gennaio 2020, n. 14.

V., inoltre, A. BUSANI, Imposta di Registro – Imposte ipotecaria e catastale – Imposta sostitutiva per i finanziamenti – Imposte sulle transazioni finanziarie, Milano, 2022, 2416 e ss.

Sulla natura della divisione, dopo la citata decisione delle sezioni unite, si veda, altresì, R. QUADRI, Spunti di riflessione sulla natura della divisione ereditaria (anche alla luce della pronunzia delle Sezioni Unite n. 25021/2019), Studio CNN n. 28-2021/C, in CNN Notizie del 20 aprile 2021, n. 75 e soprattutto C. CACCAVALE, Efficacia modificativo-dichiarativa della divisione e portata marginale della sua qualificazione, in Annali SISDiC, n. 10/2023, 199 e ss.

[2] Espresse anche nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 139/2024 (consultabile sul sito della Camera).

[3] Cfr. G. PETTERUTI e A. PISCHETOLA, L’incidenza, cit.; G. PETTERUTI, Id., Divisione ed accertamento di valore, Studio CNN n. 123-2018/T, in CNN Notizie del 20 dicembre 2018, n. 232; A PISCHETOLA, I limiti ai poteri di rettifica dell’amministrazione finanziaria e valutazione catastale ‘automatica’ dopo il ‘decreto Bersani’ n. 223/2006, Studio n. 117-2006/T, in CNN Notizie del 21 settembre 2006 e A. BUSANI, Imposta, cit. 2423 e ss.

[4] Nonostante, giova anche qui ricordarlo, la Risposta dell’Agenzia delle Entrate all’(inopportuno) interpello del 6 novembre 2020, n. 534/E. 

Cfr., in questa Rivista, M. MATTIONI, “Interpello sulla base imponibile della divisione ereditaria: nulla cambia per la valutazione automatica“. Cfr., inoltre, A. PISCHETOLA, Valore dell’asse ereditario come criterio per la definizione della ‘massa comune’ oggetto di scioglimento – Permanenza del limite al potere di rettifica dei valori, in CNN Notizie del 9 novembre 2020, n.  206 e G. PETTERUTI, Masse plurime, riunificazione, scioglimento della comunione e potere di controllo. Ancora sulla Risposta ad interpello n. 534 fornita dall’Agenzia delle Entrate in data 6 novembre 2020, in CNN Notizie del 17 novembre 2020, n. 212, nonché A. BUSANI, Imposta, cit. 2424 e ivi nota 71.

[5] Come è stato correttamente precisato (G. PETTERUTI, Divisione ed accertamento di valore, Studio CNN n. 123-2018/T., in CNN Notizie del 20 dicembre 2018, n. 232) inoltre “anche quando l’accertamento è possibile perché non impedito dal limite “tabellare”, la rettifica di valore è consentita solo in aumento, come stabilito dall’art. 52 primo comma del TUR, mentre non trova spazio per rettificare in diminuzione i valori dichiarati dalle Parti”.

[6] Cfr. A. BUSANI, Imposta, cit. 2460 e ss.

[7] Non vi è motivo per escludere che, trattandosi di beni immobili, anche in sede di collazione, quale operazione divisionale, sia data facoltà ai condividenti di considerare, quale valore del bene donato a conferire nella massa, quello catastale rivalutato.

[8] Abrogato dal D. Lgs. n. 139/2024, come già segnalato in questa Rivista nella segnalazione a cura di A. ANNONI, “Le modifiche del D.Lgs. 139/2024: abrogazione definitiva del coacervo nelle successioni“.

[9] Cfr., da ultimo, l’ordinanza della Cassazione del 27 aprile 2021, n. 11.040, per il cui commento si veda G. PETTERUTI, Divisione, collazione e conguagli fittizi nell’interpretazione dell’art. 34 del TUR: breve commento all’Ordinanza n. 11040 del 27 aprile 2021 (ud 20 gennaio 2021) della Cassazione Civile, Sez. V., in CNN Notizie del 18 giugno 2021, n. 117.

[10] Cfr. G. PETTERUTI, La nuova posizione della Cassazione sulla rilevanza fiscale della collazione nella divisione ereditaria. Un orientamento innovativo ed un importante passo verso la giusta imposizione (a commento dell’ordinanza del 2021), in CNN Notizie dell’11 agosto 2021, n. 154 e ID., Rilevanza ai fini tributari della collazione nella divisione ereditaria (a commento della sentenza del 2023), in CNN Notizie del 7 giugno 2023, n. 105.

[11] Cfr., G. PETTERUTI, La nuova posizione, cit. il quale, giustamente rileva che “Per risolvere l’apparente contraddizione tra l’inciso e la conclusione, sembra sufficiente attribuire al primo la più limitata portata di individuazione della massa di computo (e non della base imponibile), perché solo in tale modo può spiegare piena portata disciplinare quella parte conclusiva secondo cui, una volta verificata, nel modo illustrato (e cioè tenendo conto della collazione per imputazione), la corrispondenza tra quote e porzioni, la tassazione con l’imposta di registro degli atti dichiarativi/distributivi può colpire solo ciò che formi effettivamente oggetto di assegnazione in divisione (e non ciò che, essendo già del condividente collazionante, dispieghi un ruolo di computo virtuale e non richieda una “attribuzione in divisione” per farne conseguire al condividente collazionante la titolarità isolata).”.

[12] Cfr., ancora, PETTERUTI, Rilevanza, cit.

[13] Alla sentenza del 2023, infatti, fa espresso riferimento la sopra richiamata Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 139/2024.

[14] Così, è da ritenersi, anche nel caso della donazione di denaro compiuta tramite mero bonifico bancario (e senza atto pubblico notarile), reputata valida dalla Sezione Tributaria della Cassazione, con la nota sentenza del 20 marzo 2024, n. 7442, consultabile in Banca dati CED.

Come è stato evidenziato da M. LEO e A. MUSTO, Donazione di denaro (di non modico valore) mediante bonifico bancario, in CNN Notizie del 29 marzo 2024, n. 61, infatti, quella sentenza ha affermato la validità della donazione in parola sul piano tributario, restando però impregiudicata la sua nullità sotto il profilo civilistico. 

[15] Cfr. D. MINUSSI, “Prelevamenti (imputazione dei debiti, mancato conferimento in natura)“, in WikyiJus.

[16]  Cfr. Cass. 30 maggio 2017, n. 13619 (“Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intende in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario e, quindi, integra – anche ai fini della collazione – donazione indiretta del bene stesso e non del danaro.”) e Cass. 4 settembre 2015, n. 17604 (“Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto, sicché, in caso di collazione, secondo le previsioni dell’art. 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile e non il denaro.”) tra le più recenti a conferma  dell’orientamento inaugurato da Cass.  SS.UU. del 5 agosto 1992, n. 9282. Cfr., altresì, G. AMADIO, Gli acquisti dal beneficiario di liberalità non donative, Studio CNN del 20 maggio 2009, n. 17-2009/C.

[17]Qualora la donazione di danaro fatta in vita dal “de cuius” sia dichiarata nulla, la relativa somma diviene oggetto di un credito dal “de cuius” verso l’erede donatario, alla cui quota la somma stessa deve essere imputata, a norma dell’art. 724, secondo comma, cod. civ.” (Cass. civ. 30 settembre 2014, n. 20633, consultabile in Banca dati CED).

[18] Cfr., in questa Rivista, A. ANNONI,Le modifiche del D. Lgs. 139/2024: novità per l’accertamento e la tassazione delle liberalità indirette“.

[19] Cfr., per tutti, A. BUSANI, Imposta di Successione e donazione, Milano, 2020, 1283 e ss. e G. PETTERUTI, “Le liberalità non donative nell’imposizione indiretta, in AA.VV, Liberalità non donative e attività notarile, I Quaderni della Fondazione del Notariato, Milano, 1/2008 e (a commento delle novità apportate dalla “riforma” fiscale) ID, Prime note sul d.lgs. n.139/2024 – Commento alle modifiche di tassazione delle liberalità indirette, Studio CNN n. 102-2024/T, in CNN Notizia del 31 ottobre 2024, n. 202.

[20] Cfr., oltre alla già citata la già citata Cass. 20 marzo 2024, n. 7442 (commentata per i profili fiscali da S. Cannizzaro, Per la Cassazione doppio sbarramento alla tassazione delle liberalità indirette (?), in CNN Notizie del 29 marzo 2024, n. 61), Cass.12 aprile 2023, n. 9780 e Cass. 12 aprile 2022, n. 11831, tutte consultabili in Banca dati CED. 

[21] Per meglio chiarire i termini della questione, può essere forse utile evidenziare che, nel caso in esame, non ricorre la fattispecie (cui sembra fare, innanzitutto, riferimento la predetta norma) della liberalità che risulta da un atto che costituisce il mezzo (il cd. negozio – mezzo) attraverso il quale la medesima liberalità si realizza, come avverrebbe, ad esempio, in ipotesi di divisione a favore di terzo (che, però, non appare ammissibile, sembrando la stipulazione a favore di terzo incompatibile con la natura dichiarativa della divisione (Cfr. G. PETTERUTI , Contratto a favore di terzo ed imposte indirette, Studio CNN del 28 marzo 2003 n. 75/2002/T, in CNN Notizie del 23 maggio 2003 e A. RUOTOLO e D. BOGGIALI, Società di persone, scioglimento con assegnazione a terzi, R. Q. del 31 ottobre 2014, n. 992-2014/I)  ovvero di assegnazione ad un condividente, che l’accetta per spirito di liberalità – ma Cfr. Risposta dell’Agenzia delle Entrate n 452/2021 (.PDF) – nei confronti dell’altro condividente, di un bene di valore espressamente inferiore a quello che gli spetterebbe in base alla quota di partecipazione sulla massa comune.

In tali ipotesi, la liberalità risultante da (= generata con) la divisione, verosimilmente, dovrebbe essere assoggettata autonomamente a imposta di donazione ai sensi del citato comma 4-bis, a meno che, trattandosi di divisioni che hanno ad oggetto esclusivamente beni immobili o aziende, non si ritenga operante,  la causa di esonero prevista dallo stesso comma per le ipotesi di liberalità risultanti dagli atti concernenti “trasferimento o costituzione” di diritti assoggettati a imposta di registro proporzionale (così dovrebbe essere, senz’altro, nelle ipotesi di liberalità compiute con l’atto di divisione, tramite assegnazione a un condividente di bene immobili di valore superiore alla sua quota di diritto, il quale, ai sensi dell’art. 34, comma 1, primo periodo, sconta, in parte, l’imposta di registro proporzionale della vendita e, quindi, di un atto che concerne trasferimento di beni immobili). 

Il tema – che richiederebbe, di approfondire, da un lato, la natura (solo dichiarativa o anche traslativa) della divisione e, dall’altro, la ratio della norma esonerativa, per capire se la stessa sia applicabile anche alla divisione, a prescindere, dalla sua natura –, non può essere affrontato in questa sede).

[22] Cfr. A. BUSANI, Imposta, cit. 1306 e le citate Cass. 7442/2024 e 9780/2023.

[23] Cfr. G. PETTERUTI, Le liberalità non donative nell’imposizione indiretta“, in AA.VV, Liberalità non donative e attività notarile, I Quaderni della Fondazione del Notariato, Milano, 1/2008, il quale osserva che “benché sia stato sostenuto che le norme procedimentali non siano normalmente idonee alla definizione del presupposto d’imposta, appare condivisibile ritenere che i “limiti non forzabili” di applicazione dell’imposta «possono impedire che il disegno seguito nella formulazione del presupposto trovi completa attuazione» così incidendo sulla stessa delimitazione della fattispecie imponibile.  Nel caso di specie, sia il limite all’accertamento, sia la regola di registrazione (che è rivolta agli atti scritti, con poche eccezioni) parrebbero concorrere alla perimetrazione delle liberalità indirette sottoposte a tributo, escludendone quelle non risultanti da atto scritto”.

[24] Cfr. Cass. 7442/2024 e 9780/2023, le quali in motivazione (riprendendo testualmente le parole di A. BUSANI, Imposta, cit. 1309) affermano che “quanto alle donazioni “informali” (e alle donazioni “indirette” non «risultanti» – anche in via di enunciazione – «da atti soggetti alla registrazione») non ricorre il presupposto per la loro sottoposizione a tassazione” e che, quanto alle donazioni “indirette” risultanti  anche in via di enunciazione da atti soggetti alla registrazione i contribuenti non sono “messi al cospetto di un ineludibile obbligo di sottoporle a tassazione (tanto è vero che la legge non dispone una sanzione per la loro mancata registrazione, ma “solo” una elevata aliquota di imposta …), bensì sia loro offerta una “opportunità” di sottoposizione a tassazione delle donazioni “indirette” con riguardo all’evenienza che donante e donatario si trovino a doversi riferire per uno spostamento patrimoniale a titolo gratuito, nel contesto di un procedimento (…) finalizzato all’accertamento di altri tributi (…). In vista di questa evenienza, e della tassazione che ne conseguirebbe, al contribuente è, dunque, offerta l’opportunità di una minore tassazione in conseguenza del suo spontaneo attivarsi per la registrazione volontaria della donazione “indiretta”.

[25] Cfr. le ripetute Cass. 7442/2024 e 9780/2023, che – nel confutare espressamente la diversa opinione espressa dal Fisco nelle Circolari 11 agosto 2015, n. 30/E e 22 gennaio 2008, n. 3/E (par. 2) –  affermano (ancora riprendono A. BUSANI, Imposta, cit. 1306 e ss.) che “è convinzione del collegio che debba essere negativa la risposta alla predetta domanda se per qualsiasi liberalità (diversa dalla donazione formale) che sia «risultant(e)» (anche per effetto di enunciazione, ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) «da atti soggetti alla registrazione» (e, in particolare, da un atto formato «per iscritto» «nel territorio dello Stato») vi sia l’“obbligo” di registrazione e di tassazione con l’imposta sulle donazioni.

[26] Cfr. A. PISCHETOLA nel commento all’art. 22 TUR, in Codice delle leggi tributarie, a cura di G. Mariconda, A. Fedele e V. Mastroiacovo, Milano, 2014, 128.

[27] Quand’anche, però, si ritenesse, in contrario, che, per effetto dell’enunciazione, quelle liberalità (non imponibili autonomamente, se non confessate o registrate volontariamente) tornino tassabili, occorrerebbe, comunque, escludere dall’assoggettamento a tassazione le liberalità esenti ai sensi del comma 4 bis e quelle compiute da oltre dieci anni, per le quali è spirato il termine di prescrizione previsto dall’art. 78 TUR.

L’articolo Le modifiche del D.Lgs. 139/2024. Imposta di Registro: Art. 34 TUR – La (non) imposizione fiscale della collazione nelle divisioni ereditarie sembra essere il primo su Federnotizie.

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