22 Ottobre 2024

Risoluzione consensuale del contratto preliminare e rimborso dell’imposta versata per la caparra confirmatoria (Cass. n. 27093/2024)

Si segnala che, con l’ordinanza del 18 ottobre 2024 n. 27093[1], la Cassazione ha stabilito che,  in caso di risoluzione consensuale del contratto preliminare, con restituzione dal promittente venditore al promissario acquirente dell’importo versato dal secondo al primo a titolo di caparra confirmatoria, l’imposta di registro pagata (al momento della registrazione del preliminare, giusto il disposto della nota all’art. 10, TARIFFA/I, allegata al D.P.R. n. 131/1986,) debba essere rimborsata dall’Agenzia delle Entrate[2].

Si tratta di una logica conseguenza della funzione dell’imposizione per caparre confirmatorie e acconti previsti nei contratti preliminari, voluta dalla legge soltanto in previsione, e quale mera anticipazione, di quella cui è destinato ad essere assoggettato il contratto definitivo.

Corollari della natura, non autonoma ma soltanto “ancillare”, dell’imposta de qua sono:

che detta imposta non può, in alcun caso, essere maggiore di quella da pagare per la registrazione del definitivo, come ora anche testualmente previsto dalla legge, nella nuova versione della nota all’art. 10, di cui si è recentemente dato conto in “Le modifiche del D. Lgs. n. 139/2024. Imposta di registro. Caparre confirmatorie e acconti nei preliminari“; e

che, nel caso in cui al preliminare non segua il definitivo, non v’è più la giustificazione di detta imposta che, quindi, ove versata, deve essere rimborsata, come ora affermato[3] dai giudici di legittimità nell’ordinanza segnalata.

Questa conclusione – che, anche in considerazione dell’ordinanza in commento, può ormai ritenersi orientamento giurisprudenziale consolidato[4] –  era già stata sostenuta nell’articolo pubblicato sulla nostra Rivista, “La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati” al quale (v., in particolare, paragrafo 5) si rinvia anche per l’istanza allegata, da poter utilizzare per richiedere il rimborso.

Non possiamo nascondere la nostra soddisfazione!

Ma (l’avrete capito, in redazione non ci accontentiamo mai) ci sembra possibile trarre le seguenti ulteriori importanti conclusioni:

se è vero che la dazione o la promessa  di somme a titolo di caparra confirmatoria o acconti nei contratti preliminari, di per sé, non giustificano l’imposizione (evidentemente perché, per il sistema, le stesse non  rappresentano fenomeni che esprimono capacità contributiva), del pari dovrebbe andare esente da imposta la loro restituzione in caso di scioglimento del preliminare (e, in generale, di “fallimento” dello stesso, quando non seguito dal definitivo)[5]; ed è davvero incomprensibile perché, invece, l’Agenzia delle Entrare pretenda di tassare la restituzione con imposta proporzionale del 3%[6].

ammesso (e non concesso) che per il rimborso di caparre e acconti sia dovuta la famigerata imposta proporzionale, pretesa dall’Amministrazione Finanziaria, non si vede perché non si debba poter consentire ai contribuenti di compensare questa (odiosa e ingiustificata) imposta, per il corrispondente importo, con quella dovuta dal Fisco e di cui alla presente segnalazione, senza così costringerli a percorrere la (lunga) strada del rimborso.

Come pure già evidenziato in Le modifiche cit., resta il rammarico per l’occasione persa dal legislatore della riforma di normare in modo esaustivo la materia della tassazione di caparre e acconti, così da evitare contenziosi con il Fisco (che verosimilmente, non si adeguerà alla decisione della Cassazione, in mancanza di una sua Circolare che glielo consenta).

Note

[1] Consultabile in banca dati online One Fiscale.

[2] Si veda, anche “Il registro sulla caparra va rimborsato se il preliminare è risolto” e “Imposta di registro da rimborsare sulla caparra del preliminare“.

[3] Per l’imposta versata per la caparra confirmatoria, ma il ragionamento non può non valere anche per quella relativa agli acconti.

[4] Cfr., Cass. 23 giugno 2021 n. 17904 per la quale la tassazione (dell’acconto) “verrebbe applicata solo temporaneamente, con la consapevolezza che, in caso di mancata stipula del definitivo, essa darà luogo a un diritto di rimborso” e, soprattutto, Cass. 15 giugno 2007, n. 14028, 14028 per la quale è “infatti evidente che, essendo dovuta per i contratti preliminari “di ogni specie” solo l’imposta fissa – quale imposta sull’atto, non sui suoi effetti, come prescrive la Legge di registro, art. 1 anche quello in esame deve, in origine, scontare tale imposta (…). Quanto all’imposta proporzionale da versare in anticipo sugli acconti, si osserva che simile eccezione – per cui l’imposta è (parzialmente) dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare – è totalmente priva di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato (o debba essere) restituito. (…)  A questo proposito, non vale osservare che nessuna norma prevede la restituzione dell’imposta versata sull’accento, in eccedenza rispetto alla misura fissa, quando il contratto definitivo venga a mancare. In realtà, la disposizione eccezionale prevedente l’anticipazione d’imposta, da computare in quella “principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo” – come recita, in fine, la nota aggiunta al citato articolo 10 della Tariffa – non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del contratto definitivo non segua affatto, per mancata stipula di questo. In tal caso, l’imposta parziale, anticipatamente versata, risulta indebitamente trattenuta dal fisco che, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nel D.P.R. n. 131 del 1986 art. 77 (…)”.

[5] La questione non è affrontata dall’ordinanza in commento che espressamente si occupa della restituzione dell’imposta versata “al netto della nuova imposizione su tale atto risolutivo che non interessa il presente giudizio”.

[6] Anche se non mancano sentenze delle Corti di Giustizia di primo grado (cfr. C.G.T. Milano del 23 febbraio 2024, n. 883 e C.G.T. Ancona del 1° aprile 2024, n. 157) che hanno accolto il ricorso con il quale il contribuente aveva richiesto di tassare la restituzione con l’imposta, pur sempre proporzionale ma in misura dello 0,5%.

L’articolo Risoluzione consensuale del contratto preliminare e rimborso dell’imposta versata per la caparra confirmatoria (Cass. n. 27093/2024) sembra essere il primo su Federnotizie.

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