7 Ottobre 2024

Agenzia delle Entrate: il riacquisto dell’usufrutto non evita la decadenza dalla prima casa

Con la Risposta n° 192 del 4 ottobre 2024 (.PDF), l’Agenzia delle Entrate si pronuncia sulla decadenza dall’agevolazione prima casa nel caso di riacquisto non della proprietà di un immobile da adibire ad abitazione principale, bensì del solo diritto di usufrutto.

Nel caso di specie, l’istante riteneva – in maniera del tutto condivisibile – di poter evitare la decadenza dall’agevolazione, verificatasi a seguito dell’alienazione infra-quinquennale della precedente prima casa, mediante riacquisto a titolo oneroso del diritto di usufrutto su un’abitazione, da adibire a propria principale, sulla base dell’assunto che – in forza del diritto di usufrutto – ne avrebbe avuto la disponibilità piena.

L’istante chiedeva altresì di poter fruire nuovamente, in sede di riacquisto, dell’agevolazione “prima casa” e del relativo credito d’imposta, nonché di poter utilizzare la parte residua del credito d’imposta, dopo l’acquisto del suddetto diritto, nella dichiarazione dei redditi, in diminuzione dall’IRPEF dovuta.

L’Agenzia delle Entrate, basandosi sulla differente formulazione dei commi 1 e 4 della Nota II bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986[1], arriva alla illogica conclusione che la condizione prevista dal comma 4 al fine di evitare la decadenza dall’agevolazione fruita per il primo acquisto, ovvero «l’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale» entro un anno dall’alienazione del precedente immobile agevolato, “si realizza soltanto con l’acquisto del diritto di piena proprietà dell’immobile e non con l’acquisto del diritto di usufrutto o di abitazione sul medesimo” ed al riguardo richiama pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che – a detta dell’Ufficio – farebbero propendere per una ricostruzione del termine “acquisto” nel senso dell’acquisizione del solo diritto di proprietà.

Di conseguenza, prosegue l’Agenzia, l’acquisto del diritto reale di godimento (usufrutto o abitazione) non integrerebbe la fattispecie prevista dal comma 4 e non rappresenterebbe quindi “un titolo idoneo ad evitare la decadenza dall’agevolazione fruita”; da qui discenderebbe anche l’impossibilità di riconoscere il credito di imposta per il riacquisto della prima casa[2].

La soluzione dell’Agenzia delle Entrate costituisce una “sorprendente” (di certo non in senso positivo) novità per l’operatore del diritto ed appare del tutto priva di qualsiasi fondamento, non solo giuridico e letterale (il disposto della norma non distingue, limitandosi a parlare di “acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, senza ulteriori specificazioni), ma prima di tutto logico e di buon senso.

Si è finora ritenuto – e non risultano prese di posizione contrarie nemmeno da parte dell’Agenzia[3] – che fosse idoneo a scongiurare il pericolo di incorrere nella decadenza anche il riacquisto di un diritto diverso da quello precedente, quindi, indifferentemente, piena proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione e proprietà superficiaria, come anche il riacquisto di una quota (non necessariamente “qualificata” dal punto di vista quantitativo) dell’abitazione; tutto ciò purché il contribuente, in tale ultima ipotesi – come nel caso di acquisto di nuda proprietà – fosse in condizione di provare di aver adibito in concreto l’immobile a propria abitazione principale.

Ma certamente non occorre prova di ciò nel caso dell’acquisto del diritto di usufrutto, o ancor più del diritto di abitazione, per loro natura e contenuto funzionali proprio al godimento ed all’utilizzo diretto del bene da parte del loro titolare. Il ragionamento (se tale lo si può definire) da parte dell’Agenzia delle Entrate risulta pertanto del tutto incomprensibile, oltre che contraddittorio e, francamente, di un simile revirement non si sentiva proprio il bisogno.

L’Agenzia conclude precisando che l’istante potrà richiedere nuovamente l’agevolazione “prima casa” sull’atto di acquisto del diritto di usufrutto di altra abitazione, ricorrendone le condizioni di legge. Non si pronuncia, invece, sull’ultimo quesito, peraltro di difficile comprensione (ovvero sulla possibilità di utilizzare la parte residua del credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi), avendo disconosciuto il predetto credito.

Note

[1] Se, infatti, ai sensi del comma 1 l’agevolazione si applica “agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse”, ai sensi del comma 4, viceversa, al fine di evitare la decadenza dall’agevolazione occorre procedere, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici, all’“acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

[2] Ciò è in linea con quanto precisato dalle Circolari 38/E del 12 agosto 2005 e 19/E del 1° marzo 2001, richiamate dalla Risposta all’interpello, le cui conclusioni appaiono condivisibili in linea generale, ma non nel caso di specie.

[3] La Cassazione, con una pronuncia isolata (Sentenza n. 17148 del 28 giugno 2018, V Sezione Civile, commentata su Federnotizie del 30 luglio 2018) aveva ritenuto che il riacquisto del solo diritto di nuda proprietà di una unità immobiliare ad uso abitazione non fosse sufficiente ad evitare la decadenza; è vero che, di per sé, l’acquisto della nuda proprietà potrebbe non essere idoneo a trasferire al contribuente poteri pieni ed assoluti di uso e godimento sull’immobile. Ma se questa è l’obiezione, allora la si può facilmente superare pensando al contenuto del diritto di usufrutto, che si sostanzia proprio nel potere di godimento ed utilizzo completo sull’abitazione.

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