10 Novembre 2023

Conto dedicato, applicazioni concrete e prospettiche

di Enrico Maria Sironi

Premessa

Passati sei anni dall’entrata in vigore della disciplina dell’art. 1, commi 63 e seguenti della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificati dai commi 142 e seguenti della legge 4 agosto 2017, n. 124), è opportuno un riesame “a freddo” sull’operatività del conto dedicato e del deposito prezzo.

Partiamo da una domanda: DEPOSITO PREZZO e CONTO DEDICATO sono tra loro interdipendenti, cioè costituiscono due facce della stessa medaglia, oppure è più corretto distinguere i due istituti, che solo in alcuni casi si intrecciano?

La norma del 2013, che prevedeva l’obbligo per le parti di depositare al notaio il prezzo delle compravendite (e le altre somme specificate nel comma 63), con corrispondente dovere di versarli sul conto corrente dedicato, induceva a considerare detto conto in funzione servente rispetto al deposito del prezzo; tale lettura risulta superata dalla revisione attuata dal legislatore del DDL concorrenza: ora, infatti, il deposito del prezzo è diventato fattispecie eventuale, mentre restano gli obblighi (i) di tenuta del conto corrente dedicato e (ii) del versamento su esso delle somme indicate dal nuovo comma 63.

Possiamo, quindi, parlare di una “relativa” indipendenza dei due istituti, confermata dai successivi frammenti normativi che espressamente prevedono l’utilizzo del conto corrente dedicato del notaio, cioè l’art. 16 del DM Lavoro 15 settembre 2020 n. 106 (facoltà di versamento sul conto dedicato delle somme destinate a costituire il patrimonio iniziale degli ETS con personalità giuridica) e l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 183 (obbligo di versamento sul conto dedicato dei conferimenti di capitale delle srl costituite online).

La disciplina del conto corrente dedicato

L’incipit del comma 63 è secco: “Il notaio o altro pubblico ufficiale è tenuto a versare sul conto corrente dedicato…”; ciò denota il carattere pubblicistico della norma, confermato dalla previsione della “separazione patrimoniale” delle somme previste dal comma 63 rispetto al patrimonio personale del notaio e dalla loro impignorabilità (comma 65), oltre che dal mandato al CNN di elaborare principi deontologici “al fine di garantire l’adempimento regolare, tempestivo e trasparente” delle disposizioni in commento (comma 67).

La disciplina del conto dedicato è, in sintesi, funzionale all’interesse pubblico (dello Stato e degli utenti) a che venga realizzata una perfetta separazione patrimoniale tra le somme riscosse dal notaio a titolo di tributi (quale sostituto o responsabile di imposta) o di anticipazioni o quelle dal medesimo ricevute a titolo fiduciario nell’interesse delle parti, per le quali all’onere del versamento sul conto dedicato si accompagna la tutela della segregazione ed il vincolo dell’impignorabilità (anche nei confronti dei creditori delle parti), rispetto alle somme riscosse dal notaio a titolo di onorari e, in genere, al suo patrimonio personale.

Tale interesse pubblico giustifica l’obbligo di tenuta del conto dedicato, presidiato dalle disposizioni deontologiche e dalla previsione dell’ispezione (a campione) effettuata annualmente dai consigli distrettuali in conformità al comma 2-ter dell’art. 93-bis della legge notarile.

Si tratta, quindi, di un vero e proprio dovere del pubblico ufficiale notaio, il che richiede -per usare le parole dei principi deontologici approvati dal CNN- “l’adozione di comportamenti improntati a trasparenza ed efficienza nell’organizzazione del proprio lavoro e nella gestione contabile dello studio”.

E’ stato acutamente sottolineato[1] che l’impignorabilità non riguarda genericamente il conto corrente dedicato, ma solo le somme in esso versate ai sensi del comma 63, come pare evidente dalla previsione (comma 66-bis) che il notaio “può recuperare dal conto corrente dedicato, a seguito di redazione di apposito prospetto contabile, le somme di cui al comma 63 che abbia eventualmente anticipato con fondi propri, nonché le somme in esso versate diverse da quelle di cui al medesimo comma”. L’impignorabilità, quindi, è prevista in ragione della natura del bene che ne è oggetto[2], stante che i denari “segregati” sul conto dedicato sono entrati nella disponibilità del notaio in funzione dei compiti pubblicistici a lui affidati dall’ordinamento, motivo per cui deve essere evitata la confusione di tali somme con il patrimonio personale del notaio (ciò vale sia per le imposte e le anticipazioni, che per il prezzo o le somme oggetto di obbligo di annotazione nel Registro Somme e Valori)[3].

Ne discende l’assoluta rilevanza della trasparenza nella gestione del conto corrente dedicato e nella relativa contabilità, presupposto necessario per garantire la segregazione, in quanto consente al notaio di fornire (eventualmente) al giudice dell’esecuzione la prova in ordine alla natura delle somme appostate sul conto dedicato: cioè se esse siano direttamente riconducibili a quelle previste dal comma 63, quindi impignorabili, oppure no.

In quest’ottica, si comprende come l’onere di redigere il “prospetto contabile” (previsto dal comma 66-bis quale presupposto per il “recupero” dal conto dedicato delle somme diverse da quelle indicate nel comma 63 e per il quale i principi deontologici hanno chiarito che non esiste uno schema vincolante) è il più efficace e decisivo strumento per assicurare il conseguimento degli obiettivi della norma. Non a caso, il comma 67, nel demandare al CNN l’elaborazione dei principi deontologici, evidenzia il triplice criterio della regolarità, trasparenza e tempestività, il che rimanda ad alcuni dei comportamenti individuati come doverosi dai detti principi:

il tempestivo versamento sul conto dedicato delle somme specificate dal comma 63, se ricevute dalle parti (art. 2, lettera c), ovvero l’anticipazione delle stesse da parte del notaio, laddove non versate dai clienti (art. 2, lettera d);
la sussistenza sul conto dedicato, in ogni momento, della giacenza astrattamente necessaria all’esecuzione degli adempimenti per tutti gli atti ricevuti o autenticati (art. 2, lettera e);
la conservazione di idonea documentazione degli impieghi delle somme depositate (art.2, lettera f).

Coerentemente con la lettera della legge, che parla di “principi deontologici”, il CNN ha individuato alcune prassi operative che assicurano l’adempimento della norma, precisando che “sono possibili prassi diverse .., purché rispettose dei principi indicati”: deve ritenersi, pertanto, incompatibile con la natura pubblicistica della norma l’eventuale comportamento di chi, avendo realizzato con fondi propri un cospicuo “castelletto” sul conto dedicato, gestisca integralmente sul conto libero l’incasso delle somme ricevute a titolo di tributi ed anticipazioni, provvedendo al loro soddisfacimento attraverso il medesimo conto libero (così riducendo il conto dedicato ad una sorta di personale fondo di garanzia)[4].

Così facendo si contraddice l’obiettivo di escludere la confusione di tali somme con il patrimonio personale del notaio e, inoltre, si espongono le somme depositate al rischio della pignorabilità per eventuali debiti personali del notaio[5].

Altra è, invece, la funzione del cd. “castelletto”, cui si riferisce l’art. 7 dei principi deontologici, cioè rispondere ai possibili problemi operativi legati ai tempi entro i quali le banche rendono disponibili per il notaio le somme versate sul conto dedicato.

La giurisprudenza disciplinare

Del resto, la giurisprudenza disciplinare ha già avuto modo di intervenire sulle modalità di gestione del conto dedicato:

sanzionando la ripetuta mancata tempestività nel versamento sul conto dedicato delle somme ricevute a titolo di tributi, non rilevando quale esimente l’aver comunque regolarmente provveduto al pagamento delle imposte degli atti mediante addebito del conto “libero”[6];
sanzionando la mancata tenuta del conto corrente dedicato (con provvedimento confermato dalla Corte d’Appello e dalla Corte di Cassazione)[7];
applicando la sospensione cautelare al notaio (accusato di peculato), che abbia omesso di mantenere sul conto dedicato un’ingente somma ricevuta a titolo di imposta di registro, versata sul dedicato ma poi prelevata in quanto relativa ad imposta complementare e non principale; detto comportamento è stato ritenuto incompatibile con l’esercizio della funzione notarile[8];
sanzionando con la sospensione il notaio che abbia ripetutamente omesso il versamento delle somme sul conto dedicato, abbia prelevato somme dallo stesso senza redigere il prospetto contabile ed il cui conto dedicato -in sede di ispezione contabile- presentava un ammanco rispetto alle somme che avrebbero dovuto esservi appostate; la responsabilità del notaio è stata riconosciuta nonostante nessun cliente abbia subito danni[9];
sanzionando con la sospensione il notaio che, come emerso dalle risultanze dell’ispezione contabile, tenga una gestione non trasparente del conto dedicato, non appostandovi le somme occorrenti al pagamento delle imposte non versate dai clienti, rediga in maniera errata i prospetti contabili e presenti un saldo del conto dedicato che denota ammanchi (utilizzati per coprire le spese di studio), sottraendo così le somme versate dai clienti alla loro destinazione; anche in questo caso, non viene riconosciuta rilevanza all’assenza di danni in capo ai clienti[10].

Va sottolineato il comune denominatore dei provvedimenti disciplinari richiamati, i quali riconducono la responsabilità del notaio alla violazione dell’art. 147, lettere a) e b) della legge notarile: la qualificazione dell’illecito disciplinare, conseguente alla scorretta gestione del conto dedicato e delle somme ad esso destinate, alla nozione di “reato di pericolo”, nel senso che la condotta assume rilievo – indipendentemente dai suoi effetti concreti – in quanto di per sé potenzialmente lesiva dell’interesse che il legislatore ha voluto tutelare, esponendo i clienti (ed il sistema) ai rischi che la norma intende escludere.

Anche la giurisprudenza disciplinare, quindi, si è mostrata coerente con l’affermata funzione pubblicistica della normativa sul conto dedicato.

Il registro delle Somme e dei Valori

Le disposizioni relative all’impignorabilità del conto dedicato riguardo alle somme contemplate dal comma 63 tendono a restituire un ruolo di primo piano al registro delle somme e dei valori, disciplinato dall’art. 6 della legge 22 gennaio 1934, n. 64, cui si riferisce la lettera b) del comma 63, prevedendo l’obbligo per il notaio di versare sul conto corrente dedicato “ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione” in detto registro. La previsione in parola ha l’effetto di attribuire un’indiretta efficacia segregativa al registro somme e valori, valorizzabile laddove il notaio sia richiesto di assumere il ruolo di escrow agent.

Non c’è, però, immediata coincidenza tra la disciplina propria del registro somme e valori e quella del conto dedicato. Al riguardo:

può, comunque, ritenersi che la testuale esclusione dell’obbligo di annotazione nel Registro delle somme versate al notaio per il pagamento delle imposte inerenti l’atto (ultimo comma dell’art. 6 legge n. 64/1934), sia da interpretare estensivamente, anche riguardo alle altre somme previste dalla lettera a) del comma 63;
non pare dubitabile che tutte le somme affidate al notaio e soggette ad annotazione sul predetto registro devono essere versate sul conto corrente dedicato (come testualmente prevede il comma 63, lettera b);
le norme non chiariscono, invece, se le somme depositate in conformità alla lettera c) del comma 63 (dell’art. 1 legge n. 147/2013) debbano o possano essere oggetto di annotazione nel registro delle somme e dei valori;
ancora, ci si chiede se detta annotazione possa (o debba) farsi in caso di versamento di somme prima dalla stipula di un atto, stante che l’art. 6 della legge n. 64/1934 testualmente fa riferimento alle somme affidate in relazione agli “atti stipulati” avanti il notaio.

Benché la disciplina del deposito del prezzo sia speciale e autonoma rispetto a quella del 1934, pare ragionevole affermare che le somme affidate al notaio ai sensi del comma 63 lettera c) rientrino pianamente nella previsione dell’art. 6 della legge del 1934 (“il notaio …. segnerà, giorno per giorno, le somme e i valori che gli siano affidati in relazione agli atti stipulati avanti a lui“, provvedendo ad “annotare, per ciascuna partita, tosto che le abbia eseguite le operazioni compiute in adempimento dell’incarico ricevuto“), imponendo l’annotazione nel registro; non pare decisiva, in senso contrario, l’argomentazione che valorizza il modo verbale (stipulati), che indurrebbe a ritenere oggetto di annotazione l’affidamento di somme solo al momento della stipula o dopo la stessa, come del resto non si dubita che l’annotazione riguardi anche le somme affidate in occasione dell’autentica di scritture private (alle quali pure mal si attaglia l’espressione “stipulati avanti a lui“). Sembra, invece, ragionevole ritenere che la ratio della norma sul deposito del prezzo ed il conto dedicato giustifichi l’interpretazione evolutiva della legge del 1934, orientando a ritenere quanto meno opportuno, in funzione della segregazione e dell’impignorabilità delle somme affidate al notaio, l’annotazione nel registro delle somme e dei valori anche delle somme versate al notaio anteriormente alla stipula dell’atto: in tal caso, l’annotazione sul registro verrà effettuata alla data della consegna delle somme, provvedendo ad annotare il numero di repertorio dell’atto solo dopo il suo ricevimento.

Del resto, l’annotazione sul registro, oltre a supportare la segregazione, è il miglior modo per consentire la rapida esecuzione dell’incarico affidato al notaio nei casi di eventi sopravvenuti, che impediscano (in via temporanea o definitiva) allo stesso lo svolgimento delle funzioni.

Il tutto fermo restando che sul punto resta auspicabile un intervento normativo, così come oltremodo utile sarebbe l’informatizzazione del registro delle somme e dei valori (essendo veramente anacronistica la gestione del registro cartaceo, con l’annesso onere di “staccare” le ricevute da rilasciare alle parti).

Il deposito del prezzo

La ratio della relativa disciplina deve ricercarsi nell’intento di superare le possibili disfunzioni dipendenti dalla dinamica tra il principio consensualistico, scolpito dall’art. 1376 c.c., ed il meccanismo della pubblicità dichiarativa, che ricollega alla priorità della trascrizione l’opponibilità del contratto traslativo e degli altri atti soggetti a pubblicità ai terzi che vantino diritti incompatibili.

Se è a tutti noto che le ipotesi di sopravvenienza di una formalità pregiudizievole tra la stipula dell’atto e la sua trascrizione sono statisticamente assai poco numerose, è ugualmente evidente come in quei rari casi i disagi ed i danni patiti da chi vi si trovi coinvolto sono particolarmente fastidiosi.

La norma originaria, che prevedeva l’obbligatorietà del deposito del prezzo, consentiva di ricondurre detto frammento normativo al processo evolutivo della compravendita immobiliare (e – in genere – dell’atto notarile) verso la garanzia sostanziale dell’effetto reale, nel senso del passaggio da una tutela formale ad una tutela (appunto, sempre più) sostanziale della posizione dell’acquirente[11], non solo con riguardo alla titolarità del diritto trasferito, ma anche garantendo dal rischio di perdita economica conseguente ad eventuali “disfunzioni” dipendenti dal sopravvenire di formalità pregiudizievoli tra la vendita e la sua trascrizione.

In quest’ottica, anche dopo il passaggio al regime di facoltatività, appare coerente guardare al deposito del prezzo come allo strumento per mettere in sicurezza -sul piano economico- l’investimento dell’acquirente: l’ordinamento cerca con l’istituto in commento di rispondere positivamente alla domanda di certezza in materia di trasferimento immobiliare, essendo evidente il collegamento tra sicurezza della circolazione del bene e “ordine pubblico economico”. Il fondamento costituzionale della disciplina può facilmente ricondursi agli articoli 42, 2° comma (“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”) e 47, 2° comma (“La Repubblica favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice…”) della Carta.

Ciò detto, la degradazione del deposito al notaio da obbligo a facoltà, attuata con il DDL concorrenza, si traduce in una maggior responsabilizzazione del notaio, il quale è chiamato a porsi ancor di più al centro della dialettica tra le parti della compravendita, esaltando la funzione di adeguamento ed accompagnando le parti (ciascuna di esse) anche nella scelta se avvalersi o meno della facoltà di chiedere il deposito del prezzo, suggerendo loro il comportamento adeguato al caso concreto, non limitandosi a garantire un “prodotto” formalmente corretto e tecnicamente idoneo al perseguimento dell’interesse delle parti, ma attivandosi per  assicurare sul piano economico il risultato perseguito.

Vale la pena sottolineare che il deposito del prezzo non è eccentrico rispetto alla disciplina codicistica della compravendita: basti pensare alle norme che attribuiscono all’acquirente il diritto di sospendere il pagamento del prezzo, (i) quando abbia ragione di temere che la cosa possa essere rivendicata da terzi (art.1481 c.c.), (ii) quando sussistano garanzie reali o vincoli dipendenti da pignoramento o sequestro, non dichiarati dal venditore (art.1482 c.c.: in questo caso, il compratore può anche far fissare dal giudice un termine alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno), o (iii) quando la cosa venduta sia gravata da oneri o diritti reali o personali non apparenti e non dichiarati (art.1489 c.c.). Ancora, in generale, l’art.1461 c.c. prevede la sospensione dell’esecuzione della prestazione a fronte del mutamento delle condizioni patrimoniali della controparte, quando mettano a rischio l’adempimento da parte di quest’ultima.

In quest’ottica, il comma 63 tende a completare la disciplina codicistica, attribuendo al compratore, che adempia integralmente l’obbligazione di pagamento al momento della conclusione del contratto, la facoltà di depositare il prezzo quale strumento di tutela preventiva rispetto ad una qualsiasi di tali evenienze. Nello stesso tempo, la securizzazione e l’impignorabilità assicurate dal comma 65 tutelano il diritto dell’acquirente, che si sia avvalso della facoltà del deposito prezzo, alla restituzione delle somme, fin anche con riguardo all’azione esecutiva (su tali somme) eventualmente intentata dai creditori del venditore (che abbiano trascritto il proprio titolo prima della trascrizione del trasferimento).

Sul piano qualificatorio, se si guarda alla posizione dell’acquirente (cioè all’oggettiva soggezione dello stesso al rischio di subire un pregiudizio, avendo già adempiuto la propria obbligazione senza aver ancora conseguito con carattere di stabilità il soddisfacimento del proprio interesse, in conseguenza dei principi e degli effetti della pubblicità immobiliare), si può parlare del comma 63 lettera c) come di una vera e propria norma di protezione, in quanto volta a colmare un’asimmetria di posizioni giuridiche.

Alla luce di tale considerazione il carattere facoltativo del deposito prezzo assume una particolare colorazione, in quanto il notaio è tenuto ad accedere alla richiesta del cliente ogniqualvolta ne sia “richiesto da almeno una delle parti”, dovendosi ritenere che l’altra parte non possa opporre diniego.

Se è vero che secondo i principi generali ogni diritto potestativo (tale è, evidentemente, la facoltà di deposito del prezzo) è per sua natura disponibile e che ciò porterebbe ad ammetterne la rinunciabilità preventiva, tuttavia il riconoscimento del comma 63, lettera c) come norma di protezione richiede di valutare più attentamente il momento in cui detta facoltà può essere esercitata.

In quest’ottica, va evidenziato come il comma 63 lettera c) preveda che oggetto del deposito siano il prezzo o il saldo dello stesso (non l’acconto o la caparra[12]) e che la richiesta di deposito sia formulata “in occasione del ricevimento o dell’autenticazione di contratti di trasferimento”; non, quindi, in occasione di negozi preparatori (quale il preliminare di vendita). In sostanza, la legge riferisce e colloca (temporalmente) l’esercizio della facoltà di chiedere il deposito al momento della conclusione del contratto di vendita e collega la valutazione della relativa opportunità nell’ambito della relazione con il pubblico ufficiale rogante.

Da ciò consegue quanto meno il serio dubbio circa l’efficacia della rinuncia preventiva ad avvalersi del diritto attribuito dal comma 63 lettera c), dovendosi ritenere che l’eventuale rinuncia resa nel contratto preliminare non possa precludere il diritto al deposito e che la relativa richiesta non possa considerarsi contraria a buona fede.

Un’eccezione può farsi nel caso di preliminare ricevuto o autenticato da notaio, quanto meno se la stipula del contratto definitivo (e la sua trascrizione) intervenga nei termini dell’efficacia prenotativa della trascrizione ex 2645-bis c.c., la quale esclude l’opponibilità all’acquirente (anche) delle formalità pregiudizievoli sopravvenute. Nemmeno il preliminare notarile, peraltro, incide su quei rischi la cui opponibilità all’acquirente prescinde dalle regole della pubblicità dichiarativa, i quali possono, comunque, manifestarsi dopo la trascrizione del preliminare (è il caso, ad esempio, del deposito delle somme destinate all’estinzione delle spese condominiali).

Un’ultima annotazione riguarda la disciplina contrattuale relativa all’eventuale sopravvenire di formalità pregiudizievoli: la legge si limita, con il comma 66, a dettare una disciplina residuale del momento e dei presupposti per lo svincolo a favore dell’avente diritto delle somme depositate in conformità al comma 63, lettera c), nel caso fisiologico di mancata sopravvenienza di formalità pregiudizievoli, ovvero di avveramento di una condizione sospensiva. E’, invece, affidata alla funzione di adeguamento del notaio la responsabilità di disciplinare le conseguenze delle situazioni patologiche, mediante il ricorso a meccanismi condizionali, piuttosto che alla clausola risolutiva espressa.

In proposito, giova evidenziare che i principi deontologici approvati dal CNN si preoccupano di richiamare il notaio all’esigenza di chiarezza nella costruzione delle clausole, in linea con i principi ispiratori della normativa, alla cui natura di norma di protezione deve essere ricondotto, altresì, l’obbligo per il pubblico ufficiale di informare adeguatamente le parti “dei vantaggi e delle tutele offerte dalla lettera c) del comma 63[13].

Note

[1] E. Fabiani, Impignorabilità e conto corrente dedicato, CNN Studio n. 515/2017/C

[2] L’opinione di cui alla nota precedente ha trova conferma, nella giurisprudenza di merito, nel provvedimento 17 giugno 2021 del Tribunale di Avezzano, rinvenibile con il commento di P.Ciarletta (L’impignorabilità “relativa” del conto dedicato) in Federnotizie, https://www.federnotizie.it/limpignorabilita-relativa-del-conto-dedicato/.

[3] Va sottolineato che il comma 65 estende l’impignorabilità anche al “credito al pagamento o alla restituzione delle somme stesse”, così escludendo anche che il notaio possa essere giudizialmente obbligato a versare le somme affidategli a soggetti diversi dal destinatario risultante dall’atto.

[4] In tal senso depone il combinato disposto del comma 63, lettera a (“Il notaio o altro pubblico ufficiale è tenuto a versare su apposito conto corrente dedicato: a) tutte le somme dovute a titolo di tributi per i quali il medesimo sia sostituto o responsabile d’imposta, e comunque le spese anticipate…”) e del comma 66 (“Nei casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 63, il notaio o altro pubblico ufficiale può disporre delle somme di cui si tratta solo per gli specifici impieghi per i quali gli sono state depositate, mantenendo di ciò idonea documentazione”).

[5] Né vale a superare questa obiezione l’argomento basato sulla fungibilità del denaro, poiché altrimenti il legislatore si sarebbe limitato a prevedere l’impignorabilità delle somme in oggetto, individuandole quantitativamente in base alla contabilità del notaio e non anche all’intervenuto deposito delle stesse sul conto dedicato.

[6] Vedi Coredi Marche-Umbria 26 novembre 2019, rinvenibile sulla RUN nella banca dati deontologica.

[7] Vedi Corte d’Appello Venezia 10 luglio 2020 n.3083/2020 e Cassazione, sez. II civ., 30 agosto 2023, n. 25458.

[8] Vedi Coredi Triveneto 18/9/2019, confermata da Corte d’Appello Venezia 3 aprile 2019 rg 3535/2018, entrambe rinvenibili sulla RUN in banca dati deontologica.

[9] Vedi Coredi Triveneto 9-26 aprile 2021, rinvenibile sulla RUN in banca dati deontologica.

[10] In questo caso il riferimento è ad un provvedimento, non impugnato e quindi definitivo, di Coredi Lombardia, ancora inedito.

[11] Si tratta di un processo evolutivo realizzatosi avvenuto nel corso di circa un trentennio, a partire dalla legge n.47/1985 (che, introducendo l’obbligo di menzione negli atti notarili dei titoli abilitativi edilizi, ha portato ad un’attenzione anche sostanziale alla regolarità edilizia perfino sul piano della valutazione economica dell’immobile), attraverso la legge n.428/1993 (che ha introdotto l’obbligo, a pena di nullità, di indicare in atto l’esistenza del vincolo legale di inedificabilità di un area boscata od a pascolo nei 15 anni successivi ad un incendio), il d.lgs. n.122/2005 (che ha previsto un contenuto essenziale dei contratti che hanno come effetto il trasferimento non immediato di immobile abitativo dal costruttore al consumatore), il d.lgs. n.192/2005 (in materia di certificazione energetica degli edifici), il D.L. n.223/2006 (con l’obbligo di menzione delle specifiche modalità di pagamento del prezzo della compravendita), il D.L. n.78/2010 (obbligo di riferimento alle planimetrie depositate in catasto e di dichiarazione della loro conformità allo stato di fatto), senza dimenticare il D.M. MISE n.37/2008, che ha comunque acceso i riflettori sulla tematica della conformità degli impianti. Il contenuto della vendita immobiliare, dunque, ha registrato un’evoluzione del sistema

[12] I quali, comunque, ben potranno essere oggetto di deposito ai sensi della lettera b) del comma 63.

[13] Così si esprime l’art. 2, lettera g), dei principi deontologici elaborati dal CNN.

 

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