Donazione indiretta tramite bonifico per l’acquisto di un immobile
Sommario: 1. Premessa – 2. La vicenda – 3. La decisione – 4. Liberalità indiretta realizzata mediante dazione di somma di denaro finalizzata all’acquisto di un immobile – 5. Conclusione
1. Premessa
La recente sentenza del tribunale di Catanzaro n. 1208 del 17 giugno 2025 esamina una fattispecie molto interessante per l’attività notarile: la messa a disposizione di una somma di denaro, per spirito di liberalità, finalizzata all’acquisto di un immobile intestato al beneficiario della liberalità. L’accennata procedura è frequentissima negli acquisti immobiliari da parte di giovani a favore dei quali gli ascendenti, qualche tempo prima della data fissata per l’atto notarile di acquisto dell’immobile, mettono a disposizione somme di denaro, non di modico valore, tramite bonifici bancari accreditati nel conto corrente del futuro acquirente dell’immobile.
La fattispecie esaminata dalla sentenza in esame riguarda l’aspetto patologico della vicenda, in cui il disponente, dopo avere effettuato bonifici bancari di rilevante valore, chiede giudizialmente la restituzione delle somme alla beneficiaria, come si dirà in seguito. La sentenza è interessante perché analizza gli elementi essenziali della fattispecie idonei a realizzare una liberalità indiretta valida, nonostante la dazione di somme di denaro di rilevante valore sia stata effettuata senza l’atto pubblico con la presenza dei testimoni.
2. La vicenda
L’attore assumeva di avere conosciuto la convenuta per ragioni di lavoro e di averla incaricata di acquistare un’abitazione e precisava che, per l’acquisto dell’immobile, le aveva trasferito la somma complessiva di euro 280.000, mediante diversi bonifici bancari, tra dicembre 2022 e febbraio 2023, con causale “per acquisto casa”; chiedeva al tribunale di ordinare la restituzione della somma di euro 280.000 per l’inadempimento della convenuta al mandato conferitole o, in subordine, per la nullità della donazione della somma di denaro per difetto di forma. La convenuta replicava che la somma di euro 280.000 era stata corrisposta a titolo di donazione indiretta e quale liberalità al fine di acquistare l’immobile da intestare alla stessa e che l’acquisto era effettivamente avvenuto.
3. La decisione
Il tribunale, sulla base delle risultanze istruttorie, costituite principalmente da messaggi WhatsApp tra le parti, oltre a una testimonianza, ha accertato che l’attore aveva espresso nel dicembre 2022 la libera e consapevole volontà di acquistare un immobile da donare alla convenuta, insistendo affinché quest’ultima accettasse la sua proposta, senza porre condizione alcuna, autorizzandola anche a intestare il preliminare di vendita direttamente a se stessa e che l’acquisto dell’immobile risultava concretamente realizzato.
Il tribunale ha, quindi, accertato che l’attore aveva corrisposto alla convenuta la somma di euro 280.000 proprio al fine di consentire alla stessa di acquistare un’abitazione, per puro spirito di liberalità, e che era dimostrato il nesso strumentale e teleologico che legava la corresponsione del denaro con l’acquisto dell’immobile, confermato dalla perfetta coincidenza tra il prezzo del bene e la somma trasferita alla convenuta con diversi bonifici di ingente valore.
Il tribunale ha concluso che «l’intera operazione negoziale assume espliciti connotati identificativi di un negozio indiretto; si caratterizza, infatti, da un primo atto giuridico (corresponsione di denaro) e da un secondo negozio (compravendita), entrambi intrinsecamente collegati, dai quali si evince chiaramente – per le anzidette ragioni – lo spirito di liberalità sotteso all’approvvigionamento della somma necessaria a consentire alla convenuta l’acquisto dello specifico immobile».
La decisione è apprezzabile perché ricostruisce in maniera corretta la procedura di realizzazione della liberalità indiretta effettuata mediante la corresponsione di una somma di denaro non di modico valore finalizzata all’acquisto di un immobile, sulla base di un accordo solitamente verbale tra disponente e beneficiario. Si tratta di una fattispecie di liberalità indiretta analizzata dalla giurisprudenza[1] che va tenuta nettamente distinta sia dalla donazione diretta della somma di denaro necessaria all’acquisto dell’immobile, che richiede la forma dell’atto pubblico con la necessaria presenza dei testimoni (art. 782 c.c. e art. 48 legge n. 89/1913), sia dall’adempimento del terzo in cui il disponente estingue il debito del beneficiario della liberalità pagando tutto o parte del prezzo della compravendita direttamente al venditore, fattispecie nella quale manca un trasferimento diretto di denaro dal patrimonio del disponente al patrimonio del beneficiario.
4. Liberalità indiretta realizzata mediante dazione di somma di denaro finalizzata all’acquisto di un immobile
La fattispecie affrontata dalla sentenza in esame, che si pone al confine tra la donazione e la liberalità indiretta[2], consiste nella dazione, mediante bonifico bancario accreditato sul conto corrente intestato al beneficiario, di una somma di denaro di valore non modico, destinata, per intesa tra le parti, all’acquisto di un immobile da parte del beneficiario nei giorni successivi all’accreditamento della somma.
La fattispecie potrebbe essere inquadrata in una donazione di somma di denaro, di valore non modico, nulla per difetto della forma dell’atto pubblico notarile ricevuto alla presenza di due testimoni[3].
È possibile una diversa ricostruzione dell’operazione, più aderente all’effettiva volontà delle parti, valutando la dazione della somma di denaro come primo atto di un procedimento complesso con cui il disponente, per spirito di liberalità, intende consentire al beneficiario l’acquisto di un immobile con denaro fornito in tutto o in parte dal disponente. La somma versata sul conto corrente del beneficiario da parte del disponente è destinata all’acquisto dell’immobile; se non fosse impiegata per quello scopo, il disponente chiederebbe la restituzione della somma, non tanto per il difetto di forma della donazione ma per il mancato utilizzo della provvista per lo scopo a cui era destinata. Il procedimento posto in essere dalle parti si conclude con l’impiego della somma per l’acquisto dell’immobile e (solitamente) con la dichiarazione dell’acquirente che parte del prezzo è stata fornita dall’ascendente. È possibile dare una configurazione giuridica al procedimento in discorso, applicando la disciplina del mandato ad acquistare un immobile[4]: la dazione della somma di denaro dal disponente al beneficiario costituisce la somministrazione da parte del mandante dei mezzi necessari per l’esecuzione del mandato (art. 1719 c.c.). Ne consegue la facoltà del mandante di richiedere la restituzione della somma fornita per l’esecuzione del mandato nel caso di mancato acquisto dell’immobile da parte del mandatario, senza necessità di far valere, in via giudiziale, la nullità della donazione per difetto di forma.
La circostanza che quell’accordo tra disponente e beneficiario sia verbale non è di ostacolo all’inquadramento dell’accordo nello schema del mandato. L’accordo disciplina l’impegno del beneficiario di procedere all’acquisto in nome proprio dell’immobile, utilizzando la provvista fornita dal disponente e non comporta alcun obbligo di trasferimento immobiliare dal beneficiario al disponente. Per il contratto di mandato non è prescritto alcun onere di forma; la forma scritta è richiesta, secondo la tesi più rigorosa[5], per l’assunzione dell’obbligo di trasferimento immobiliare eventualmente contenuto nel mandato, applicando per analogia l’art. 1351 c.c. sulla forma del contratto preliminare. La giurisprudenza più recente[6] ha escluso l’obbligo della forma scritta per il mandato ad acquistare senza rappresentanza, che non costituisce fonte di alcun atto di dismissione di un diritto di proprietà o altro diritto reale su bene immobile in capo al mandante ma determina l’insorgenza di un mero diritto del medesimo al compimento dell’attività gestoria da parte del mandatario. Nel rapporto interno tra le parti sorgono effetti solo obbligatori che non comportano quelle problematiche di responsabilizzazione del consenso o certezza dell’atto che sono alla base dell’onere di forma. La Cassazione, a sezioni unite[7] ha recentemente escluso la necessità della forma scritta per il patto fiduciario che comporta l’attività di gestione di un immobile da parte del fiduciario e l’obbligo di ritrasferimento successivo dell’immobile al fiduciante solvendi causa.
Di regola, il descritto procedimento di realizzazione della liberalità indiretta si conclude con la dichiarazione, all’interno dell’atto di acquisto immobiliare, da parte del beneficiario che la somma impiegata per l’acquisto è stata messa a sua disposizione, in tutto o in parte, dal disponente mediante bonifico bancario. La dichiarazione ha una funzione civilistica, nel senso di rendere evidente la liberalità indiretta realizzata dal disponente con il complesso procedimento che si è esaminato, ma anche fiscale per favorire la presa d’atto da parte del fisco della provenienza del denaro impiegato per l’acquisto ed evitare un eventuale accertamento di ipotetici redditi non dichiarati dall’acquirente dell’immobile negli anni precedenti l’acquisto immobiliare. È possibile anche l’intervento in atto del disponente che conferma la liberalità indiretta realizzata con il complesso procedimento: tale dichiarazione ha natura di confessione stragiudiziale fatta alla parte (art. 2735 c.c.) che ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale[8] e, nella fattispecie al vaglio, rende certa l’esistenza dell’animus donandi, la causale del trasferimento della somma al beneficiario (mandato ad acquistare bene immobile) e l’irripetibilità della somma bonificata per l’acquisto immobiliare[9].
In conclusione, la fattispecie in esame rappresenta una ipotesi di liberalità indiretta poiché l’arricchimento (definitivo e irrevocabile) del patrimonio del donatario, per spirito di liberalità, è realizzato dal donante con una procedura complessa caratterizzata dai seguenti elementi: i) bonifico bancario di valore rilevante dal disponente al beneficiario; ii) acquisto dell’immobile da parte del beneficiario con l’impiego della somma fornita dal disponente; iii) accordo solitamente verbale, ma essenziale e dimostrabile, comportante l’impegno del beneficiario di utilizzare il denaro fornito dal disponente per l’acquisto dell’immobile e rivelatore dello spirito di liberalità del disponente che intende favorire l’acquisto dell’immobile da parte del beneficiario.
Si tratta chiaramente di una liberalità realizzata con uno strumento diverso dalla donazione tipica delineata dall’art. 769 c.c.[10] – che prevede il trasferimento di un diritto dal patrimonio del donante a quello del donatario oppure l’assunzione di un’obbligazione del donante nei confronti del donatario – liberalità che rientra, invece, nel novero degli atti diversi dalla donazione, secondo la definizione contenuta nell’art. 809 c.c., che sono soggetti alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari ed a collazione, ai sensi dell’art. 737 c.c., che assoggetta a collazione tutto ciò che i figli e i loro discendenti ed il coniuge, che concorrono alla successione, “hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati”.
Questa nozione è stata accolta anche dalla giurisprudenza secondo la quale si ha liberalità indiretta quando l’intento di realizzare l’arricchimento del beneficiario è raggiunto attraverso l’utilizzazione strumentale di un negozio diverso da quello della donazione tipica di cui all’art. 769 c.c., che produce, in concomitanza con l’effetto che gli è proprio, l’effetto indiretto dell’arricchimento senza corrispettivo animo donandi del destinatario della liberalità[11].
5. Conclusione
La fattispecie in esame conferma la correttezza della tesi dottrinale[12] che ricostruisce le liberalità indirette come due negozi tra loro collegati: il negozio prescelto dalle parti quale strumento per il raggiungimento del risultato ulteriore voluto (adempimento del terzo, mandato ad acquistare, vendita a prezzo vile, vendita a prezzo dilazionato, conferimento in società, ecc.) e il secondo negozio che racchiude la volontà delle parti di realizzare l’arricchimento per spirito di liberalità del beneficiario. Chi compie una liberalità indiretta non vuole realizzare il risultato tipico del negozio mezzo utilizzato ma il risultato ulteriore corrispondente alla liberalità; il negozio mezzo è solo una fase del più complesso procedimento.
L’amplissimo novero di possibili liberalità indirette, in continuo divenire, richiede nell’interprete, che si trovi ad esaminare uno o più atti che hanno come effetto l’arricchimento senza corrispettivo di una delle parti, la ricerca dell’effettiva connotazione causale, cioè della causa in concreto dell’operazione, valutando la sussistenza dello spirito di liberalità che costituisce elemento essenziale della liberalità indiretta[13].
Poiché le parti utilizzano uno strumento diverso dal contratto di donazione, è sufficiente il rispetto della forma prevista dalla legge per l’atto utilizzato mentre non è necessaria la forma dell’atto pubblico ricevuto in presenza dei testimoni; inoltre l’animus donandi non deve necessariamenterisultare dall’atto utilizzato, fermo restando la necessità della prova dell’animus donandi che garantisce la stabilità dell’attribuzione patrimoniale e quindi l’opportunità di far emergere la liberalità indiretta nell’atto notarile di acquisto dell’immobile.
La dazione della somma di denaro, che costituisce la provvista per il successivo acquisto dell’immobile, effettuata mediante bonifico bancario, non richiede, per la sua validità, la forma dell’atto pubblico ricevuto con la presenza di due testimoni, poiché non costituisce oggetto di una donazione di somma di denaro di valore non modico bensì la somministrazione da parte del mandante dei mezzi necessari per l’esecuzione del mandato (art. 1719 c.c.). La dazione della somma di denaro non ha il fine di arricchire il patrimonio del beneficiario ma è finalizzata (e quindi condizionata) al successivo acquisto dell’immobile da parte del beneficiario, la cui mancata realizzazione comporta il diritto alla ripetizione della somma da parte del disponente. L’unica forma richiesta per la realizzazione del procedimento di liberalità indiretta attuata mediante la dazione della somma di denaro finalizzata al successivo acquisto dell’immobile è quella prescritta dalla legge per l’acquisto immobiliare: forma scritta per la validità dell’atto (art. 1350, comma 1, n. 1) c.c.), atto pubblico o scrittura privata autenticata per la trascrizione dell’atto (art. 2657 c.c.). L’accordo tra le parti, che può essere anche verbale, rivela lo spirito di liberalità e dispensa il mandatario dall’obbligo di ritrasferire l’immobile acquistato al mandante, cioè a colui che ha fornito la provvista per l’acquisto dell’immobile. Il riconoscimento, nell’atto di acquisto, da parte del beneficiario, della dazione della somma di denaro finalizzata all’acquisto immobiliare è opportuno per dimostrare la provenienza del denaro ed evitare possibili accertamenti di redditi non dichiarati da parte del fisco e per lasciare traccia della liberalità indiretta ai fini della corretta valutazione del patrimonio del donante nella sua successione mortis causa e degli istituti che collegano le liberalità fatte dal de cuius con la sua successione (riunione fittizia, imputazione ex se, collazione e riduzione)[14].
Note
[1] Sul tema cfr. la fondamentale Cass, sezioni unite, 5 agosto 1992, n. 9282, in Giust. civ., 1992, I, 2991; in Foro it., 1993, I, 1544; in Vita not., 1993, 261; in Riv. not., 1993, 144; in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, 373 che ha qualificato il procedimento in questione come liberalità indiretta dell’immobile sostenendo che nel caso del denaro dato al precipuo scopo dell’acquisto immobiliare e, quindi, o pagato direttamente all’alienante dal genitore stesso, presente alla stipulazione intercorsa tra acquirente e venditore dell’immobile, o pagato dal figlio dopo averlo ricevuto dal padre in esecuzione del complesso procedimento che il donante ha inteso adottare per ottenere il risultato della liberalità, dove c’è un collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio, si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto. In senso conforme, Cass. 14 maggio 1997, n. 4231; Cass. 29 maggio 1998, n. 5310; Cass. 24 febbraio 2004, n. 3642, in Notariato, 2004, 237; Cass. 2 settembre 2014, n. 18541, in Notariato, 2014, 637; Cass. 4 settembre 2015, n. 17604; Cass. 30 maggio 2017, n. 13619.
[2] Sul confine tra donazione tra donazione e liberalità indiretta cfr. Cass., sezioni unite, 27 luglio 2017, n. 18725, in Notariato, 2017, 569, con nota di Iaccarino; in Giur. it., 2018, 304, con nota di Cicero; in Giur. it., 2018, 1082, con nota di Pisani; in Contratti, 2018, 275, con nota di Bilardo la quale ha stabilito che il trasferimento, per spirito di liberalità, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione diretta tipica ad esecuzione indiretta. La stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore. Cass. 5 dicembre 2024, n. 31170, in Riv. not., 2025, 116, con nota di Torroni ha affermato che il trasferimento di dossier titoli da parte del beneficiante nei confronti di un beneficiario non configura una liberalità atipica, riconducibile alla disposizione di cui all’art. 809 c.c., quando l’entità degli importi, le modalità del trasferimento e la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppongono la stipulazione dell’atto pubblico di donazione, predisposto dall’ordinamento al fine di tutelare il donante e assicurarsi che abbia effettiva contezza del compimento di atti di disposizione del proprio patrimonio, onde evitare scelte affrettate e conseguenze potenzialmente pregiudizievoli, integrando una donazione diretta ad esecuzione indiretta, suscettibile come tale di impugnazione per mancanza del requisito formale dell’atto pubblico.
[3] Secondo Krogh, Tracciabilità delle movimentazioni finanziarie nel sistema delle donazioni e degli atti ricognitivi di liberalità, studio del CNN n. 107-2009/C, in Studi e Materiali, 2009, 1015 nel caso della precedente dazione di somma di denaro senza il rispetto dalla forma vincolata dell’atto pubblico ricevuto in presenza dei testimoni, l’atto di accertamento non sanerà la nullità conseguente al difetto di forma ma integrerà la fattispecie della donazione indiretta di cui all’art. 809 c.c. se alla ricognizione dell’avvenuta dazione della somma di denaro seguirà la rinuncia del donante alla restituzione della somma stessa, in modo che nel suo complesso potrà essere qualificata come donazione indiretta attuata mediante remissione di debito.
[4] Ragazzini, Sulla collazione dell’acquisto immobiliare effettuato dal discendente con denaro dell’ascendente, in Riv. not., 1990, 991 ss. inquadra la fattispecie nel mandato senza rappresentanza, conferito per l’acquisto immobiliare dall’ascendente al discendente, quest’ultimo esonerato dall’obbligo di ritrasferire l’immobile. Sull’utilizzo del contratto di mandato per realizzare liberalità indirette, cfr. Iaccarino, in Successioni e donazioni, diretto da Iaccarino, Torino, 2023, 3156 s.
[5] Cass. 24 gennaio 2003, n. 1137, in Giur. it., 2003, 1864; Cass. 30 agosto 1994, n. 7590, in Giur. it., 1995, 1029.
[6] Cass. 2 settembre 2013, n. 20051, in Contratti, 2014, 675 ss., con nota di Buda; in Corr. giur., 2013, 1504 ss., con nota di Mariconda; in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 675 ss., con nota di Palma; in dottrina si è affermato che la forma scritta ad substantiam è richiesta ex art. 1392 solo per la procura e non anche per il mandato, come negozio diretto a regolare i rapporti interni tra mandante e mandatario (Giorgianni, Sulla forma del mandato senza rappresentanza, in Studi in onore di Cicu, I, Milano, 1951, 417); Calvo, La proprietà del mandatario, in I contratti di destinazione patrimoniale, a cura di Calvo e Ciatti, 2014, 67 ss. sottolinea che il mandato ad acquistare non produce effetti traslativi automatici ed è quindi inidoneo a determinare ex se la circolazione di diritti immobiliari.
[7] Cass., sezioni unite, 6 marzo 2020, n. 6459, in Riv. not., 2020, 930, con nota di Torroni e Gasparinetti ha stabilito che per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s’innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario.
[8] È giudiziale la confessione resa in giudizio. Essa forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili (art. 2733, commi 1 e 2, c.c.).
[9] Sul negozio di accertamento delle liberalità indirette, cfr. Iaccarino, Liberalità indirette, Enunciazione dell’intento liberale quale metodologia operativa, Milanofiori Assago, 2011; Musto, La controdichiarazione testamentaria, Contributo di studio agli itinerari delle dichiarazioni ricognitive del testatore, Napoli, 2021; Trimarchi, Atti ricognitivi di liberalità non donative nella prassi notarile, in Liberalità non donative e prassi notarile, I quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, Milano, 2008, 163; Torroni, L’accertamento negoziale di precedenti liberalità, in Riv. not., 2011, 437 ss.
[10] Per un approfondimento sulle origini storiche e sui caratteri del contratto di donazione si consenta di rinviare a Torroni, in Successioni e donazioni, diretto da Iaccarino, Torino, 2023, 2545 ss.
[11] Cass. 19 agosto 2021, n. 23127; Cass. 7 giugno 2006, n. 13337, in Notariato, 2006, 667; Cass. 7 dicembre 1989, n. 5410, in Giur. it., 1990, 1590.
[12] Torrente, La donazione, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, continuato da Schlesinger, edizione aggiornata da Carnevali e Mora, Milano, 2006, 40 ss.; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2023, 1777 s.; la ricostruzione è stata recepita in giurisprudenza da Trib. Torino 15 luglio 2004, in Foro pad., 2006, I, 677 che ha affermato «la differenza tra donazioni dirette e donazioni indirette non consiste nella diversità dell’effetto pratico che da esse deriva, quanto piuttosto nel mezzo con il quale viene attuato il fine di liberalità: questo per le prime è il contratto di donazione, per le seconde un atto che pur essendo rivolto, secondo lo scopo pratico delle parti ad attuare il medesimo fine, lo realizza obliterando la causa tipica del negozio; nelle seconde l’elargizione di una liberalità viene attuata, anziché con il negozio tipico dell’art. 769, mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio e in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario della liberalità stessa. La donazione indiretta costituisce un’ipotesi di collegamento negoziale, trattandosi non di un unico negozio, seppure con clausola speciale, bensì di due negozi diversi tra loro collegati, l’uno (c.d negozio mezzo) prescelto dalle parti quale strumento per vincolare le stesse al raggiungimento di un ulteriore risultato, e produttivo degli effetti normali, l’altro (c.d. negozio fine) accessorio ed integrativo intimamente connesso al primo produttivo degli effetti voluti dalle parti».
[13] Fusaro, In tema di liberalità non donative: ricognizione della casistica ed analisi della prassi, in Obbl. contratti, 2012, 864 ss.; Arceri, La donazione indiretta nella casistica giurisprudenziale, in Fam. dir., 2023, 73 ss.
[14] Sui rapporti tra donazione e divisione, cfr. Torroni, in Successioni e donazioni, diretto da Iaccarino, Torino, 2023, 2594 ss.
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