“Semel Heres, Semper Heres”. Corte di Cassazione a Sezioni Unite 6/12/2024 n. 31310
A cura di Marco Gilardelli
Merita un breve commento la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 31310 del 6 dicembre 2024, relativa al noto problema dell’accettazione con beneficio d’inventario da parte di persona incapace (non “sui juris”), non seguita dalla redazione del relativo inventario.
Due erano, infatti, le teorie affermatesi nella giurisprudenza di legittimità:
- la prima riteneva che l’accettazione con beneficio d’inventario effettuata dal legale rappresentante della persona non “sui juris” non comportasse immediatamente l’acquisto della qualità di erede da parte del beneficiario. Pertanto, nel caso in cui all’accettazione non fosse seguita la redazione dell’inventario nel termine previsto dall’art. 489 c.c., il soggetto beneficiario conservava la facoltà di redigere l’inventario oppure di rinunciare all’eredità;
- la seconda sosteneva, invece, che l’accettazione con beneficio d’inventario effettuata dal legale rappresentante della persona non “sui juris” comportasse sin da subito l’acquisto della qualità di erede. Di conseguenza, se l’inventario non fosse stato redatto dal legale rappresentante nel termine di cui all’art. 489 c.c., il beneficiario avrebbe avuto soltanto la possibilità di redigere egli stesso l’inventario, venendo altrimenti considerato erede puro e semplice.
Le Sezioni Unite hanno preso posizione in favore di questa seconda tesi con una serie di motivazioni che a parere del sottoscritto sono da condividere.
Come noto, l’art. 471 c.c. stabilisce che l’unica forma con cui i minori e gli interdetti possono accettare l’eredità sia quella con il beneficio dell’inventario. Tale accettazione, così come la eventuale rinunzia, è soggetta alla valutazione del Giudice competente (oggi anche del Notaio) e, una volta debitamente autorizzata conferisce immediatamente al beneficiato la qualità di erede.
L’accettazione richiede una forma ad substantiam ed è soggetta a trascrizione. Questo elemento formale porta ad escludere l’opinione dottrinale secondo cui il beneficio si acquisterebbe ope legis per il solo fatto dello stato di incapacità, anche in assenza di un’accettazione beneficiata fatta dal legale rappresentante. Rimane ferma la facoltà per il legale rappresentante di rinunciare all’eredità, ma sempre previa autorizzazione.
L’art. 484 c.c. prevede che l’accettazione beneficiata deve essere seguita o preceduta dalla redazione dell’inventario, in quanto solo quest’ultimo consente al minore e all’interdetto di soddisfare i creditori o i legatari nei limiti dell’attivo eredità ai sensi dell’art. 490 c.c.
Gli artt. 485 e 487 c.c., che disciplinano il termine per l’esecuzione dell’inventario a seconda che l’erede sia o meno nel possesso dei beni ereditari, sono derogati, per i minori e gli interdetti, dall’art. 489 c.c., il quale prevede un termine “soggettivo”, ossia un anno dal compimento della maggiore età o dalla cessazione dello stato di incapacità.
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione compie un’importante considerazione in merito all’art. 489 c.c.: l’inciso «entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione» viene interpretato con il significato che, acquisita la qualità di eredi per effetto dell’accettazione con beneficio di inventario, i minori o gli interdetti hanno, entro il termine previsto dalla norma, unicamente la facoltà di redigere l’inventario per evitare di essere considerati eredi puri e semplici.
In tal modo, viene offerta all’erede beneficiato una tutela rispetto all’inerzia del legale rappresentante nell’adempimento dell’obbligo di redazione dell’inventario.
Le Sezioni Unite affermano espressamente che la disposizione di cui all’art. 489 c.c. rappresenta un’estensione dell’art. 471 c.c., da cui discende l’attribuzione della qualità di erede.
L’accettazione dell’eredità attribuisce in via definitiva la qualifica di erede, e la dichiarazione di volersi avvalere del beneficio non costituisce una condizione sospensiva dell’efficacia dell’accettazione, come sostenuto in passato.
La dichiarazione di accettazione beneficiata non subordina, quindi, la volontà di succedere al raggiungimento del risultato di tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede.
Gli artt. 485 e 487 c.c. stabiliscono che l’erede, nel possesso o non nel possesso di beni ereditari, decada dal beneficio, divenendo erede puro e semplice, se non provvede alla redazione dell’inventario nei termini indicati. Gli artt. 493, 494 e 505 c.c. chiariscono che in caso di decadenza, a venire meno è solo il beneficio della separazione patrimoniale.
Prosegue la Cassazione affermando che l’accettazione dell’eredità e la dichiarazione di volersi avvalere del beneficio di inventario devono avvenire in unico contesto in quanto il relativo contenuto è inscindibile.
Consistendo l’inventario in una operazione materiale, è indifferente chi sia la persona che lo pone in essere, essendo infatti consentito, ai sensi dell’art. 769 c.p.c., che a richiedere l’inventario siano persone diverse dall’erede (altri eredi, creditori) [1].
A modifica delle posizioni espresse in precedenza dalla Cassazione, le Sezioni Unite, riprendendo la sentenza 11030/2003, ribadiscono il principio secondo cui “la dichiarazione, di per sé, ha una propria immediata efficacia, poiché comporta il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato e quindi il suo subentro in universum jus defuncti, compresi i debiti del de cuius” ma non incide sulla “limitazione della relativa responsabilità intra vires hereditatis, che è condizionata dalla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, mancando il quale l’accettante è considerato erede puro e semplice” non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma perché non lo ha mai conseguito (Cass. 11030/2003, 16739/2005, 16514/2015, 9099/2018, 7477/2018).
Le Sezioni Unite riaffermano quindi il principio “semel heres semper heres” ritenendo che l’accettazione dell’eredità sia irrevocabile: chi accetta l’eredità la acquista in modo definitivo, e la relativa dichiarazione non è revocabile.
Ne consegue che, una volta intervenuta l’accettazione dell’eredità da parte del legale rappresentante del minore o dell’interdetto, nella forma beneficiata, come richiesto dalla legge, gli stessi non possano essere considerati meri chiamati all’eredità con facoltà quindi di rinunciare, come se la dichiarazione di accettazione beneficiata non fosse mai stata resa.
Non è dunque consentita un’equiparazione tra dichiarazione di accettazione beneficiata non seguita da inventario e accettazione pura e semplice fatta dal legale rappresentante: nel primo caso, l’incapace acquista immediatamente la qualità di erede; nel secondo caso, l’accettazione è nulla per difetto di forma.
L’art. 489 c.c., secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite, si applica al caso in cui il legale rappresentante, dopo l’accettazione beneficiata, non abbia eseguito l’inventario. Tale omissione non può comportare automaticamente la decadenza dal beneficio per il rappresentato: la norma offre, infatti, a quest’ultimo un nuovo termine, decorrente dalla cessazione dello stato di incapacità, per redigere l’inventario ed evitare la decadenza. Si ha, quindi, una sterilizzazione del termine iniziale, con una sua proroga fino ad un anno dalla cessazione dell’incapacità del beneficiario.
Interessante è anche la lettura delle Sezioni Unite dell’art. 473 C.C. in contrapposizione all’art.471 c.c. che impongono tanto per gli enti morali quanto per gli incapaci l’accettazione dell’eredità in forma beneficiata.
Come noto, l’art. 473 c.c. – con formulazione mutuata dalla disciplina prevista per gli incapaci – stabilisce che l’accettazione dell’eredità da parte delle persone giuridiche e associazioni (escluse le società) non possa avvenire se non con il beneficio di inventario.
La norma viene interpretata nel senso che il mancato perfezionamento dell’inventario nei termini e modi previsti comporta che l’Ente chiamato non acquisti la qualità di erede (Cass. 9514/2017, 19598/2004, 2617/1979).
Nel caso degli enti morali, il divieto di accettare l’eredità ultra vires è considerato insito nella loro natura giuridica e, dunque, insuperabile.
Per gli incapaci invece si tratta di una condizione temporanea, destinata a cessare, per i minori, al raggiungimento della maggiore età e, per gli interdetti, al cessare dello stato di interdizione.
La tesi secondo cui la legge regolerebbe in modo identico le due situazioni non tiene conto del fatto che, per minori e interdetti, trovano applicazione anche le disposizioni dell’art. 489 c.c., oltre al 471 c.c.
Questa differenza incide anche sull’obbligo di redazione dell’inventario: per gli enti morali non vi è ragione di derogare alla disciplina dell’art. 485 c.c. con riguardo al termine entro cui l’inventario deve essere redatto. Per gli incapaci, viceversa, opera il diverso termine previsto dalla norma loro riservata (art. 489 c.c.) e non vi sono ragioni per negare che, venuta meno l’incapacità, la mancata redazione dell’inventario nel termine di cui all’art. 489 c.c. determini la loro piena responsabilità patrimoniale.
Conclusioni
Le Sezioni Unite, discostandosi da precedenti decisioni della stessa Corte, fanno proprio quanto sostenuto dalla Cassazione 11030/2003 che ha inaugurato il nuovo indirizzo giurisprudenziale: l’accettazione con beneficio di inventario produce immediatamente effetti, comportando l’acquisto definitivo della qualità di erede da parte del chiamato. Rimane oggetto di ulteriore verifica solo la limitazione della responsabilità intra vires hereditatis, subordinata alla tempestiva redazione dell’inventario entro i termini previsti per gli incapaci, in particolare dall’art. 489 c.c. In mancanza, il beneficiario sarà comunque considerato erede, ma puro e semplice.
A commento della Sentenza, si ritiene di poter affermare che la redazione dell’inventario da parte del legale rappresentante dell’incapace, seppur prevista dalla legge, non sia elemento ostativo o preclusivo, avendo comunque l’incapace, a proprio favore, un nuovo termine per redigere l’inventario ai sensi dell’art. 489 C.C.
Ne consegue che il Notaio non potrà rifiutare ai sensi dell’art. 27 L.N. un atto dispositivo di qualsiasi natura, di un bene ereditario, effettuato dal legale rappresentante dell’incapace, laddove l’atto sia debitamente autorizzato, anche in assenza della preventiva redazione dell’inventario, non trattandosi di atto espressamente proibito dalla legge o manifestamente contrario all’ordine pubblico o al buon costume ai sensi art.28 L.N.
Note
[1] La tesi secondo cui il minore o l’interdetto, il cui legale rappresentante, debitamente autorizzato, abbia accettato l’eredità con il beneficio di inventario, omettendo la redazione dell’inventario, resterebbe un semplice chiamato è smentita dal fatto che, ai sensi dell’art. 769 c.p.c., l’inventario può essere richiesto anche da persone diverse dal legale rappresentante, prescindendo quindi dalla sua condotta.
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