27 Gennaio 2025

Interventi “superbonus” e conformità catastale

di Ciro Caccavale e Massimo Caccavale

Abstract: E’ di questi giorni la notizia dell’intenzione dell’Agenzia delle Entrate di procedere con i controlli sul rispetto dell’obbligo di aggiornamento catastale a seguito di interventi “superbonus” (di cui all’art. 119 D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni, dalla L. n. 77/2020), in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, commi 86 e 87, della Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024).

Dal punto di vista notarile, tale notizia assume rilevanza in relazione alla dichiarazione di conformità oggettiva da rendere in atto, ai fini della sua validità, ex art. 29 al comma 1-bis della Legge 27 febbraio 1985 n. 52.

Posto che l’intervento superbonus, anche solo condominiale, pur quando non modifichi la conformazione e la consistenza della singola unità immobiliare urbana, possa comunque esigere un aggiornamento catastale della stessa, ci si deve chiedere, in sostanza, se, in assenza del dovuto adeguamento, possa legittimamente compiersi in atto la dichiarazione di conformità, laddove l’immobile da trasferirsi non sia stato alterato nella sua conformazione e consistenza, ma ne siano state variate altre caratteristiche, pur sempre rilevanti ai fini della sottocategoria e/o della classe di appartenenza.

La lettura del contenuto precettivo del citato art. 29, comma 1-bis più rispondente al criterio di ragionevolezza, che postula una valutazione comparativa e un bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti nelle singole vicende (e che, in particolare  nel caso di specie, consente, da un lato, di assecondare le istanze di natura fiscale alle quali la dichiarazione è stata finalizzata dalla Legge[1] e, dall’altro, di preservare la persona dell’attestante dall’obbligo di assumersi responsabilità sulla base di attestazioni delle quali non sia in grado di comprendere il grado di attendibilità) induce a rispondere positivamente al quesito che ci si è ora posto.

La conclusione ha conseguenze di non poco rilievo anche sul dovere di consiglio che, in generale, incombe sul notaio rogante verso i contraenti, in relazione alla dichiarazione di conformità catastale nonché sull’esclusione di responsabilità che gli potrà essere ascritta in caso di variazione che avesse a conseguire dopo la stipulazione dell’atto, in seguito a una verifica dell’Agenzia delle Entrate.

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Interventi “superbonus” e conformità catastale

(per una lettura ragionevole dell’art. 1, comma 29 bis, L. n. 52/1985)

È di questi giorni – sia pur prevedibile e preannunciata dagli urbanisti più attenti[2] – la notizia[3] dell’intenzione dell’Agenzia delle Entrate di procedere con i controlli sul rispetto dell’obbligo di aggiornamento catastale a seguito di interventi “superbonus” (di cui all’art. 119 D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni, dalla L. n. 77/2020), in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, commi 86 e 87, della Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024), per i quali: 

86. L’Agenzia delle entrate, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, verifica, sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati.

87. Nei casi oggetto di verifica di cui al comma 86 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

L’annunciata attività di verifica si inserisce nel solco degli strumenti[4] che mirano a porre rimedio al drenaggio di denaro pubblico causato dall’agevolazione superbonus.

Epperò, in questo caso, non appare una misura eccentrica, in quanto, a ben vedere, postula l’assolvimento di un obbligo, quello dell’adeguamento catastale, che è già presente nell’ordinamento[5], il quale, in generale, impone l’aggiornamento delle risultanze catastali e delle planimetrie, ogniqualvolta siano eseguiti interventi edilizi che incidono sui fattori catastali che hanno rilevanza fiscale ai fini della determinazione della rendita (ex art. 17, lettera b, del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249).

L’obbligo della dichiarazione di variazione in catasto sussiste nei casi in cui la variazione incide sullo stato, la consistenza, l’attribuzione della categoria e della classe, a seguito di interventi edilizi di ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, oppure per effetto di annessioni, cessioni o acquisizioni di dipendenze esclusive o comuni, cambio di destinazione d’uso, etc..[6].

Insomma, è ovvio che occorra presentare una dichiarazione di variazione catastale[7], se con gli interventi superbonus si siano modificati aspetti rilevanti per la consistenza, la categoria o la classe. Anzi, come è stato correttamente osservato[8], il relativo obbligo potrebbe scaturire anche da altri interventi agevolati, non rientranti in quelli di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020.

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Dal punto di vista notarile, tale notizia assume allora rilevanza, in relazione alla dichiarazione di conformità oggettiva da rendere in atto, ai fini della sua validità, ex art. 29 al comma 1-bis della Legge 27 febbraio 1985 n. 52[9].

Se richiesto di ricevere/autenticare atti di disposizione di beni che siano stati interessati da interventi edilizi, senza che però sia avvenuto un aggiornamento catastale, il notaio dovrà richiedere alle parti (e, in particolare, al disponente, intestatario catastale) di verificare, magari tramite un tecnico, se occorra o meno procedere all’aggiornamento in parola, al fine di poter rendere la suindicata dichiarazione con la opportuna consapevolezza.

Quanto agli interventi superbonus, è appena il caso di precisare che non vi è alcun automatismo[10] e che essi non sempre rilevano ai fini catastali, tant’è che il comma 86 fa riferimento alla presentazione della dichiarazione di variazione, “ove prevista[11].

Si consideri, poi, che detti interventi potrebbero aver riguardato, non già il singolo bene, ma le sole parti condominiali del fabbricato [12]: anche siffatti interventi, che pure non abbiano modificato la consistenza strutturale del singolo immobile, potrebbero, però, richiederne un aggiornamento catastale[13]; ciò nella misura in cui abbiano inciso, modificandoli, su fattori rilevanti ai fini della determinazione della rendita catastale delle singole unità immobiliari facenti parte del condominio, dovendosi piuttosto ricordare che l’aggiornamento catastale si impone, indipendentemente dalla natura dell’intervento, sempreché comporti un aumento di valore di almeno il 15%[14].

E, invero, occorre tenere presente che le condizioni incidenti sulla classificazione catastale degli immobili si suddividono in estrinseche e intrinseche[15] e, tra queste ultime, sono da annoverare, anche, tra le altre, “il grado di finitura”, “l’ordinario stato di manutenzione e di conservazione” e “le caratteristiche igieniche ed estetiche e l’esistenza dei servizi comuni.”.

Le considerazioni svolte fin qui pongono il problema se la variazione catastale connessa con interventi che abbiano alterato i fattori comunque rilevanti per la classificazione dell’immobile sia obbligatoria, ai fini della stipulazione di un atto di trasferimento nel quale occorre compiere la dichiarazione di conformità catastale ex art. 29 comma 1 bis, L. n. 52/1985.

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Posto che l’intervento superbonus, anche solo condominiale, pur quando non modifichi la conformazione e la consistenza della singola unità immobiliare urbana, possa comunque esigere un aggiornamento catastale della stessa e ricordato che, a tutt’oggi, non è certa la conseguenza di una errata (scientemente o meno, falsa) dichiarazione di conformità catastale resa in atto (esclusa, comunque, la nullità dell’atto stesso[16]), ci si deve chiedere, in sostanza, se, in assenza del dovuto adeguamento, possa legittimamente compiersi in atto la dichiarazione di conformità, laddove l’immobile da trasferirsi non sia stato alterato nella sua conformazione e consistenza, ma ne siano state variate altre caratteristiche, pur sempre rilevanti ai fini della sottocategoria e/o della classe di appartenenza.    

Invero, sin dall’introduzione dell’obbligo della dichiarazione di conformità catastale, la tendenza degli studiosi, anche e soprattutto di provenienza notarile, è stata quella di ritenere, forse semplicisticamente, che la stessa dovesse riguardare tutti i dati catastali che concorrono a determinare la rendita di un immobile (inteso ora come fabbricato o sua porzione). E non è raro leggere negli atti e nei formulari notarili clausole che completano la dichiarazione in parola con la precisazione (non richiesta dalla legge) che per l’immobile non sussistono difformità rilevanti, tali da influire sul calcolo della rendita catastale.

Seguendo questa lettura della norma, la risposta al quesito che ci si è appena posti dovrebbe essere inevitabilmente negativa, con la conseguenza che l’atto non possa stipularsi fintanto che l’aggiornamento non sia stato compiuto.

Tuttavia, a parere di chi scrive, il sopra riportato approccio interpretativo – siccome imporrebbe ai proprietari degli immobili un onere di valutazione che richiede conoscenze in materia di estimo e competenze specifiche, proprie di professionisti esperti del settore[17] –, non convince e dovrebbe essere ripensato.

Il tema dell’adeguamento catastale a seguito dell’intervento superbonus offre, allora, l’occasione per tornare a ragionare, in generale, sul contenuto della dichiarazione di conformità catastale, ponendosi da un diverso angolo visuale, maggiormente aderente alla “realtà delle cose”, sulla scia della “nuova strada interpretativa (…), alla luce delle finalità della norma”, cui faceva cenno l’allora Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, nella comunicazione del 12 aprile 2016, a commento del Parere dell’Agenzia delle Entrate del 6 aprile 2016, prot. n. 2016/50397[18].     

Il fatto è che, nello svolgimento dell’attività propedeutica alla stipula dei contratti che hanno a oggetto beni immobili, di solito, l’intestatario catastale/disponente è capace di verificare da sé soltanto la corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile e la sua rappresentazione grafica nella planimetria catastale e la categoria generale cui esso appartiene; invero, quest’ultima soltanto, con qualche sforzo, in relazione ad alcuni tipi di destinazione d’uso (se, per esempio, si tratta di abitazione o ufficio, di appartamento o garage, di negozio o deposito e così via). 

Quello che si vuole qui sostenere, insomma, è che non è plausibile che, con il citato art. 29, comma 1 bis, la legge abbia imposto all’intestatario catastale/disponente di esprimersi sull’esattezza di tutti i dati risultanti dalla visura catastale, rilevanti ai fini della determinazione della rendita.

E’ verosimile, invece che gli abbia chiesto di compiere un’attestazione sui soli dati che una persona comune (non esperta di tecnica catastale) sia in grado di vagliare e, dunque, oltre che sulla rappresentazione grafica (risultante dalla planimetria depositata in catasto, una volta che la stessa sia riferibile ai dati catastali, che pure devono essere indicati in atto[19]), anche sulla destinazione d’uso e la generale categoria di appartenenza (A, B, C, ecc.).

Non si può pretendere che esprima un giudizio su dati, il cui apprezzamento esorbita dal comune bagaglio di conoscenza delle persone, come è a dirsi, con tutta evidenza rispetto alla classe catastale e, a bene vedere, anche rispetto alle sottocategorie previste per alcuni tipi di immobile. (per esempio, A/4 piuttosto che A/3).

Si potrebbe controbattere che la possibilità, pur concessa dalla legge, di ricorrere in alternativa all’attestazione di un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale faccia pensare il contrario e che, cioè la legge voglia, dall’intestatario o dal tecnico, proprio una puntuale dichiarazione estesa a tutti gli elementi censuari, ma l’obiezione non coglierebbe nel segno.

L’attestazione del tecnico è, infatti, prevista dalla legge in sostituzione della dichiarazione richiesta al disponente, che è, dunque, quella che “detta la linea”: definito il “perimetro d’azione” di quest’ultima, si dovrà riconoscere che anche la prima debba avere lo stesso contenuto, non viceversa.

Senza dire che la valutazione di alcuni fattori catastalmente rilevanti presenta, spesso, ampi margini di discrezionalità anche per gli stessi tecnici[20].

In definitiva, la soluzione che qui si propugna, in ordine alla portata della dichiarazione di conformità catastale, è quella più rispondente al criterio di ragionevolezza, cui inevitabilmente, come è stato oramai chiarito in dottrina[21] e in giurisprudenza[22], l’interprete deve attenersi in assenza di una specifica disposizione di legge. Tale metodologia postula una valutazione comparativa e un bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti nelle singole vicende sottoposte al suo giudizio. In particolare, nel caso di specie, consente, da un lato, di assecondare le istanze di natura fiscale alle quali la dichiarazione è stata finalizzata dalla legge[23] e, dall’altro, di preservare la persona dell’attestante dall’obbligo di assumersi responsabilità sulla base di attestazioni delle quali non sia in grado di comprendere il grado di attendibilità.

Una conferma delle considerazioni qui proposte può rinvenirsi nel caso della dichiarazione/attestazione (di parte o del tecnico) di conformità catastale contemplata negli atti di disposizione di unità immobiliare urbana con rendita proposta: nessuno dubita, infatti, che, quand’anche, successivamente all’atto, a seguito di accertamento, l’Agenzia rettifichi la categoria e/o la classe e, quindi, la rendita, indicati nella denuncia di accatastamento, la suddetta dichiarazione/attestazione di conformità, evidentemente errata con riguardo a quei dati catastali rettificati dall’Ufficio, resti, comunque, valida e veritiera, ai fini dell’art. 29, comma 1 bis, L. n. 52/1985, ferme le conseguenze fiscali (per esempio, per l’imposta di registro liquidata avvalendosi del cd. prezzo-valore).

Tornando finalmente al quesito sopra formulato, se si condivide la suesposta impostazione, si può, allora, rispondere che, in presenza di interventi superbonus (e non solo), che non abbiano alterato la destinazione e la conformazione/consistenza dell’immobile ma che, comunque, astrattamente possano variare il classamento e la rendita dello stesso, la dichiarazione di conformità non potrà mai essere ritenuta insincera: ciò quand’anche non si sia proceduto al dovuto adeguamento. Che, dunque, l’esito del preannunciato accertamento del Fisco (da cui si è preso le mosse) non potrà avere alcuna influenza sulla bontà di detta dichiarazione (e, men che meno, sulla validità dell’atto notarile che la contenga), ferme anche ora le ripercussioni fiscali connesse all’eventuale variazione della rendita, successiva al perfezionamento del contratto.

La conclusione cui si è ora pervenuti ha, poi, conseguenze di non poco rilievo anche sul dovere di consiglio che, in generale, incombe sul notaio rogante, in relazione alla dichiarazione di conformità catastale e che gli impone – soprattutto, in presenza di interventi edilizi, di cui egli abbia notizia, relativi a un immobile da alienare con un suo atto-, di sollecitare entrambe le parti[24] a un’attenta verifica sull’attualità dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto.

Se, infatti, come sopra chiarito, le variazioni dovute ai predetti interventi superbonus (non incidenti sulla conformazione/consistenza e natura del singolo bene oggetto di disposizione) devono ritenersi escluse dal perimetro applicativo della dichiarazione di conformità catastale, vorrà dire che il notaio incaricato di stipulare atti aventi a oggetto porzioni di fabbricati interessati da detti interventi, non dovrà preoccuparsene e non abbia alcun obbligo di spronare i contraenti alla predetta verifica. L’ulteriore conseguenza è che nessuna responsabilità gli potrà essere ascritta in caso di variazione che avesse a conseguire dopo la stipulazione dell’atto, in seguito a una verifica dell’Agenzia delle Entrate.

Del resto, ancora rifacendosi all’id quod plerumque accidit, finora non si è mai posta la questione di una particolare verifica catastale per interventi solo condominiali e che non abbiano riguardato specificatamente l’immobile oggetto di contrattazione o che lo abbiano interessato soltanto per aspetti, quali per esempio le finiture, potenzialmente idonei a incidere sulla rendita catastale.

Non si vede perché si dovrebbe ragionare adesso diversamente.    


Note

[1]In tema di conformità, è bene ricordare che il citato disposto normativo si innesta in un intervento legislativo di ampio respiro, finalizzato al rilevamento degli immobili “non dichiarati” o oggetto di variazioni non denunciate, nonché all’aggiornamento delle banche dati, in un’ottica di contrasto a fenomeni di evasione ed elusione fiscale in campo immobiliare” (così, il ricordato Parere dell’Agenzia delle Entrate del 6 aprile 2016).

[2] Cfr. C. PAGLIAI, Superbonus & Catasto, aumenti rendite in vista.

[3] V. Fisco e Tasse, Variazione catastale da superbonus lettere del fisco in arrivo.

[4] Il riferimento è alle disposizioni normative, emanate successivamente alla previsione della norma agevolativa, che, come è noto, hanno stabilito limitazioni allo sconto in fattura e alla cessione del credito (Cfr., in questa Rivista, G. RIZZI, Quali gli effetti sull’attività notarile dalle ultime modifiche in tema di bonus edilizi?)  e, quindi, introdotto la plusvalenza da cessione (Cfr., ancora in questa Rivista, G. RIZZI, Le nuove plusvalenze Irpef da “Superbonus”, nonché, F. RAPONI, Indicazioni operative nella disciplina delle nuove fattispecie di plusvalenze da superbonus alla luce della circolare n. 13 del 13.06.2024, Studio n. 90-2024/T, in CNN Notizie del 5 settembre 2024, n. 162).

Al riguardo, non si può non evidenziare i guasti che derivano dal voler rimediare a una agevolazione che si è valutata, soltanto a posteriori, inopportuna, per come è stata concepita e, soprattutto, attuata: infatti, se, da un lato, appaiono comprensibili le finalità di tali successivi interventi, dall’altro, in tal modo, si mina la certezza sostanziale delle discipline giuridiche e dei rapporti, impedendo alle persone qualsiasi razionale programmazione dei loro affari.

[5] Nella Circolare del 14 gennaio 2025, n. 428 (.PDF), con oggetto “Attività di compliance Ade”, il Consiglio Nazionale dei Geometri ha, infatti, evidenziato che in concreto può affermarsi che non vi sia nulla di nuovo rispetto a quanto ordinariamente ogni Professionista tecnico deve (o dovrebbe) rispettare e assicurare nel caso di ristrutturazione di un’unità immobiliare, (anche nel caso di modifiche minori): l’incarico va sempre svolto con piena precisione, partendo dalla situazione in atto, ai fini dell’aggiornamento o meno della situazione catastale”.

[6] Così la nota Circolare dell’Agenzia del Territorio del 9 luglio 2010, n. 2 (par. 3, lett. e) – che ha, in tale ipotesi valenza normativa, stante il rinvio fatto dalla legge alle disposizioni vigenti in materia catastale -, la quale prosegue, precisando che “costituisce rilievo – e, quindi, “fonte” di variazione catastale – ogni incoerenza che rappresenta fattispecie per la quale è obbligatoria la presentazione di un atto di aggiornamento catastale, ai sensi del citato art. 17, lettera b), del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249. Sotto tale profilo non assumono quindi rilievo la variazione dei toponimi, dei nomi dei confinanti e di ogni altro elemento, anche di carattere grafico-convenzionale, non influente sulla corretta determinazione della rendita.

Si ritiene opportuno precisare, per una migliore identificazione delle fattispecie riconducibili nell’ambito delle novellate disposizioni, che non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità.

Comportano, invece, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l’effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze.

Analogamente, per le unità immobiliari ordinarie per le quali la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, le modifiche interne di modesta entità, non incidenti sulla consistenza dei beni iscritta negli atti catastali ovvero sulla destinazione dei singoli ambienti, non comportano l’obbligo della presentazione di una nuova planimetria in catasto”.

[7] Ex art. 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701 (richiamato dal comma 86).

[8] C. PAGLIAI, Superbonus, cit. e ID, Aggiornamento planimetrie catastali, con cappotto termico e opere Ecobonus.

[9] Per la quale si veda, in questa Rivista, D. Riva, Dichiarazione di conformità catastale. Tecniche redazionali.

[10] Non può escludersi, infatti, che i dati catastali attributi a un immobile, per ipotesi di nuova edificazione all’epoca del suo classamento, restino ancora validi dopo un intervento di riqualificazione del fabbricato condominiale di cui è parte, avvenuto dopo anni, che, magari, semplicemente, lo abbia riportato al suo stato originario.     

[11] Come è stato osservato (Cfr. Fisco e Tasse, Variazione catastale da superbonus lettere del fisco in arrivo), con la prevista attività di accertamento “si avvierà un confronto con le Entrate, ossia i contribuenti potranno spiegare eventualmente perché non hanno provveduto all’aggiornamento, in alcuni casi per esempio sono le stesse norme a non prevederlo, pertanto i contribuenti potranno dimostrare la validità del loro operato”.

Per il Consiglio Nazionale dei Geometri “l’attività dell’Ade riguarderà inizialmente i casi marcatamente caratterizzati da differenze, tra entità dei crediti ceduti e situazione presente in banca dati catastale, che evidenziano scostamenti non trascurabili indipendentemente dal valore percentuale” (così la citata Circolare n. 428/2025, n. 428).

[12] Per le implicazioni in tema di plusvalenza, si veda la Risposta a Interpello n. 208/2024 del 23 ottobre 2024 (.PDF), ove l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, relativamente agli interventi ammessi al superbonus terminati da non più di dieci anni, il presupposto impositivo ricorre anche nel caso in cui i lavori siano stati realizzati solo sulle parti comuni dell’edificio condominiale.

[13] Cfr., ancora, C. PAGLIAI, Superbonus, cit.

[14]L’obbligo di aggiornamenti vige solo quando per esempio venga aumentato il numero di vani, quando venga incrementata la volumetria, o anche quando in assenza delle modifiche enunciate, il valore dell’immobile è aumentato di almeno il 15%.” (così, ancora, Fisco e Tasse, Variazione catastale da superbonus lettere del fisco in arrivo).

Al riguardo occorre, però, tener presente che – come osserva il Consiglio Nazionale dei Geometri nella suindicata Circolare 428/2025 – “non vi è correlazione tra l’incremento del valore commerciale dell’unità immobiliare (o delle migliore eseguite) e il quadro delle tariffe d’estimo catastale, in quanto si tratta di due dati economici non direttamente confrontabili”.

[15] Come si legge, per esempio, al par. 2.6.1 delle Linee Guida operativa per la redazione degli atti di aggiornamento del Catasto Edilizio Urbano adottate in Lombardia (Cfr. in questa Rivista, Linee Guida operative per la redazione degli atti di aggiornamento del Catasto Edilizio Urbano (.PDF), ma in modo simile si esprimo i vademecum adottate in altre Regioni; Cfr., per esempio, il par.  1.E.1 delle Linee Guida delle Marche (.PDF), per determinare la “classe” si deve “tener conto principalmente delle condizioni estrinseche e secondariamente delle condizioni intrinseche della stessa”, precisando che

“per condizioni estrinseche debbono intendersi:

  • l’ubicazione (si considera la località, la posizione e i collegamenti con il centro degli affari, dei ritrovi, dei mercati, degli uffici e delle infrastrutture quali scuole, farmacie, supermercati, banche);
  • la salubrità della zona;
  • l’efficienza ed efficacia dei servizi pubblici quali acqua, luce, gas, trasporti collettivi, manutenzione e pulizia delle strade;
  • la rispondenza della zona a particolari esigenze e abitudini locali per l’esercizio del commercio e delle professioni o anche a particolari preferenze della popolazione“.

e “per condizioni intrinseche si debbono intendere:

  • l’esposizione prevalente;
  • il grado di finitura e l’ordinario stato di manutenzione e di conservazione;
  • le caratteristiche igieniche ed estetiche;
  • l’importanza e lo sviluppo dei servizi interni;
  • la dimensione dei vani rispetto a quelle normali;
  • la consistenza in rapporto alla maggiore o minore rispondenza allo scopo cui le singole unità immobiliari sono destinate;
  • l’esistenza dei servizi comuni”.

[16] Cfr. M. BELLINVIA, in Focus 5/2015, (a cura dell’Ufficio Studi Settore Pubblicistico). Questioni in tema di conformità catastale, in CNN Notizie del 25 settembre 2015.

[17] Per avere idea della complessità della materia basti leggere Il Sistema Catastale (.PDF) e, in particolare, il par. 6  sul sistema estimativo del catasto edilizio urbano.

[18] La dichiarazione di conformità dei dati catastali verso un nuovo percorso interpretativo, in CNN Notizia del 12 aprile 2016.

[19] In tal senso il citato Parere dell’Agenzia delle Entrate del 6 aprile 2016 (pure in CNN Notizie del 12 aprile 2016), per il quale “la richiesta dichiarazione di conformità, di cui al citato comma 1-bis, è strettamente connessa alla complessiva disciplina introdotta dall’art. 19 del decreto-legge n. 78 del 2010, riguardando quegli elementi che consentono la corretta individuazione del bene e permettono l’accertamento della relativa rendita.

Detti elementi sono peraltro desumibili dalla planimetria catastale — sempre se conforme alla situazione reale — la quale può, quindi, assurgere a termine di paragone per la verifica della conformità allo stato di fatto dei “dati catastali”, ovverosia dell’unità immobiliare urbana ivi rappresentata graficamente.

D’altro canto, nelle planimetrie catastali, presenti nel sistema informativo dell’Agenzia, rilasciate all’intestatario (o suo delegato), oltre al protocollo e alla data di rilascio, sono riportati gli identificativi catastali completi (Comune, Sezione — ove presente — foglio di mappa, particella, subalterno) oltre all’indirizzo e agli eventuali livelli di piano, con la specificazione che si tratta dell’ultima planimetria in atti.

[20] D’altro canto, estendendo la dichiarazione di conformità anche alla specifica classificazione dell’immobile, si finirebbe per assegnarle un compito che sicuramento non le è stato affidato e, cioè, quello di dar conto, non solo della correttezza della rappresentazione fornita agli uffici catastali, ma anche del censimento compiuto da questi ultimi.

[21] Sul canone ermeneutico della ragionevolezza, basta rinviare ora a G.  PERLINGIERI, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015.

[22] Cfr. G.; PERLINGIERI, Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte Costituzionale, in Actual. jur. Iberoam, 2019, 10 e ss.

[23]In tema di conformità, è bene ricordare che il citato disposto normativo si innesta in un intervento legislativo di ampio respiro, finalizzato al rilevamento degli immobili “non dichiarati” o oggetto di variazioni non denunciate, nonché all’aggiornamento delle banche dati, in un’ottica di contrasto a fenomeni di evasione ed elusione fiscale in campo immobiliare” (così, il ricordato Parere dell’Agenzia delle Entrate del 6 aprile 2016).

[24] L’intestatario/disponente, al fine di evitargli future responsabilità per dichiarazioni non corrette, ma anche l’acquirente “potendone derivare, in caso di difformità, conseguenze sia sul piano della determinazione della rendita catastale sia in relazione al successivo accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria”, come osservato, a suo tempo, da M. BELLINVIA, nel Focus 5/2015 cit.

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