Tornando a casa dal Congresso: “le chiacchiere stanno a zero”
A cura di Paolo Piccoli
Già coordinatore della Commissione Informatica (da cui nel 1997 è scaturita la costituzione di Notartel e la Rete Unitaria del Notariato) e Presidente del Consiglio nazionale 2004-2010
Durante la presentazione di FlaminiaCloud avevo posto alcune domande, sulle quali il presidente di Notartel Gunnella si era preventivamente premurato di evitare ogni contraddittorio, avendo abilmente fissato alla stessa ora un altro impegno istituzionale.
Avevo chiesto a che cosa serviva questa operazione, e, se non si trattava di un backup, quali erano le sue finalità e quali erano i costi a carico del Notariato.
L’ing. De Lisi, neo amministratore delegato di Notartel, aveva risposto che non vi è alcun collegamento tra FlaminiaCloud e FlaminiaDesk, fase uno e fase due, lasciando a chi di dovere le altre risposte.
Gunnella, intervenuto nella giornata conclusiva del Congresso, ha detto in aula che le due fasi sono strettamente collegate, al fine di realizzare un programma proprietario di software gestionale degli studi notarili, nella preoccupazione di garantire ai colleghi uno strumento operativo vedendo ridursi il numero dei soggetti presenti sul mercato.
Ha detto anche che la fase uno deve servire, al fine della fase due, per acquisire il pregresso, la memoria storica, pur avendo sostenuto qualche minuto prima che nessuna acquisizione di dati ci sarebbe stata da parte di Notartel, perché i dati sarebbero stati consultabili solo dal notaio conferente.
A parte tutte le delicate questioni che riguardano il GDPR, a me sembra evidente, per quanto ci ha esposto lo stesso presidente di Notartel, che questi dati presumibilmente serviranno a Engineering (società scelta ad hoc) per predisporre il programma gestionale dello studio da mettere a disposizione dei colleghi.
In quanto alle cifre ha parlato di 100.000 € complessivi per la trasmigrazione volontaria e 1 milione e mezzo per la realizzazione del programma di software proprietario, cioè il compenso di Engineering. E per la prima volta ha parlato di utilizzare l’Intelligenza Artificiale, dopo averlo negato per mesi… È del tutto evidente, per quel poco di conoscenze che ho, che per poter garantire la compliance in tema di GDPR ci vogliono come minimo un paio di milioni, non 100.000 € e per quanto riguarda la realizzazione del programma 1 milione e mezzo può anche darsi che sia sufficiente per pagare Engineering (tra l’altro posseduta da un Fondo americano), ma quello che nessuno ci ha spiegato è come e con quali impegni finanziari poi il Consiglio nazionale, una volta che avrà realizzato il programma proprietario, garantirà la continuità di gestione, la manutenzione, l’aggiornamento e soprattutto l’assistenza ai colleghi che dovessero scegliere di utilizzarlo.
A questo proposito ricordo che nel 1995, quando i colleghi del Triveneto ebbero l’idea di mandarmi in Consiglio nazionale, io chiesi al mio collega di studio Marco Dolzani, che ne può essere testimone, di entrare nella commissione informatica, con l’obiettivo specifico di realizzare (Notartel non esisteva ancora) un programma di studio proprietario del Consiglio nazionale stesso e che, dopo sei mesi, lasciammo cadere l’idea per una ragione molto semplice: e cioè che ogni notaio si ritiene l’azionista di maggioranza del Notariato e dunque garantire l’assistenza, oltre che lo sviluppo del prodotto, su tutto il territorio nazionale sarebbe stato inimmaginabile sia in termini di risorse economiche sia in termini di risorse umane.
Ora, non dubito affatto che sia possibile realizzare un programma proprietario, quello che continuo a chiedermi è in primo luogo con quali risorse, perché non credo affatto che quello che ci è stato detto in Congresso oggi possano essere cifre complete. Un progetto serio ha un piano industriale con tempi e costi divisi per voci che aspettiamo di vedere, compresi i “costi industriali” riferibili al personale e alle strutture Notartel.
Basta andare su qualunque motore di ricerca e fare una verifica a livello europeo e mondiale su che cosa voglia dire garantire una sicurezza che sia realmente conforme al GDPR e alla normativa europea in termini di cyber security, e dell’ormai molto probabile estensione del Regolamento Digital Operational Resilience Act (DORA), per capire che servono diversi milioni di euro; in secondo luogo, come detto, mi si deve spiegare che cosa succederà nel momento in cui il programma sarà a disposizione in termini di sviluppo e di assistenza.
Dunque, invece che ricevere risposte convincenti, nel ritornare a casa mi ritrovo con ancora più perplessità. E, purtroppo, come dicono a Roma: “le chiacchiere stanno a zero”.
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