La regola deontologica in materia di equo compenso
A cura di Elena Peperoni e Antonio Reschigna
La norma deontologica in materia di equo compenso è stata emanata in attuazione della disposizione di legge di cui all’art. 5 comma 5 della Legge 49/2023[1].
Si compone di tre commi:
il primo prevede un divieto per il notaio, che scatta al verificarsi dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione della Legge 49/2023, ovvero il divieto di concordare o preventivare un compenso che non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta (ossia un compenso che potremmo definire adeguato al servizio) e non sia determinato in applicazione dei decreti ministeriali vigenti;
il secondo prevede invece un dovere di informativa a carico del notaio (ed a tutela del cliente), che si applica ove la convenzione o il contratto o qualunque accordo siano predisposti esclusivamente dal notaio, ovvero l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso deve rispettare in ogni caso i criteri stabiliti dalla legge sull’equo compenso, pena la nullità della pattuizione;
ed il terzo comma, che sancisce che la violazione del divieto o dell’obbligo di cui sopra costituisca “fattispecie disciplinarmente rilevante ai sensi dell’art. 147, comma 1, lett. a)” della Legge notarile.
Ovviamente l’emanazione della norma deontologica, così come tutta la disciplina in materia di equo compenso, non può che essere salutata con favore.
Vanno, però, evidenziati taluni punti critici:
scarsa “pubblicità” dell’emanazione della norma deontologica sull’equo compenso: sul Notiziario CNN del 25 settembre viene pubblicata la lettera del Presidente Biino che annuncia la sottoscrizione della prima convenzione ex art. 6 della Legge 49/2023, con allegati lo schema di convenzione, la tabella dei compensi, il fac-simile di proposta di collaborazione, alcuni chiarimenti applicativi e la norma deontologica, quasi si trattasse di un “corollario” alla convenzione surroghe: viceversa, la norma si applica a tutti gli atti attratti alla disciplina dell’equo compenso a partire dal primo ottobre 2024, salvi gli incarichi precedenti a tale data. L’impatto sull’attività dei notai ma anche dei CND è dirompente, quindi riteniamo che l’introduzione della norma avrebbe meritato maggiore evidenza.
Sempre sulla Run, nella sezione dedicata all’equo compenso, si invita al “buon senso”; si legge infatti che “Il principio di Deontologia è stato approvato dal Consiglio Nazionale e previsto dall’articolo 5 comma 5 della Legge 49/2023; la verifica del suo rispetto è in capo ai Consigli Notarili Distrettuali, ciascuno con le proprie modalità operative, con la dovuta sensibilità e con il dovuto buon senso”. L’esortazione non sarà però facilmente attuabile. Come dovranno essere declinati i concetti di “sensibilità e buon senso” da parte dei CND? Si tratta infatti di norma di contenuto precettivo puntuale e di nuova applicazione, rispetto alla cui interpretazione non ci sono precedenti orientamenti, tanto meno pronunce di COREDI, su cui basarsi. Si rischiano quindi atteggiamenti distinti tra i diversi CND del territorio, rispetto alla medesima fattispecie.
Il terzo comma della norma dispone che “La violazione del divieto di cui al primo comma e/o dell’obbligo di cui al secondo comma costituisce fattispecie disciplinarmente rilevante ai sensi dell’art. 147, comma 1, lett. a), della legge 16 febbraio 1913, n. 89”, e dunque la violazione viene punita con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, in quanto condotta compromissiva della dignità e reputazione del notaio o del decoro e prestigio della classe notarile. Ci si domanda perché la violazione della norma deontologica non sia stata attratta nel perimetro della lettera b) (ovvero nella fattispecie del notaio che viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato). La norma è stata sottoposta alla categoria come norma “autoportante”, senza essere calata all’interno del codice deontologico riformato di cui, ad oggi, non si conoscono i contenuti e sul quale sarebbe stata auspicabile una maggiore condivisione, quanto meno delle scelte di fondo, con i Presidenti dei CND e con i Comitati Regionali. Potrebbe risultare pertanto difficile l’applicazione in concreto e l’interpretazione della norma stessa, in particolare nell’ottica di chi – i CND appunto – di quella norma deve garantire l’osservanza.
La norma deontologica è fondamentale per garantire che l’applicazione della disciplina sull’equo compenso non rimanga una mera formalità. È quindi cruciale ribadire in capo al CND il potere e il dovere di sanzionare i notai che non rispettano questa norma, poiché ciò rappresenterebbe anche una forma di concorrenza sleale nei confronti di chi, invece, si attiene ai principi stabiliti.
In parallelo, e forse ancor prima dell’introduzione della norma deontologica, sarebbe stato opportuno verificare i parametri ministeriali di riferimento e fornire chiarimenti su situazioni in cui l’applicazione rigida di tali parametri porta a risultati irrealistici o errati. Infatti, ci sono atti (specialmente nella categoria “mobiliari”) per i quali, basandosi su questi parametri, il compenso richiesto potrebbe risultare notevolmente superiore ai “valori equi di mercato”, indipendentemente dalla complessità del servizio prestato. E viceversa parametri che in alcuni casi potrebbero risultare decisamente sotto il compenso medio attualmente applicato. In tali circostanze, come dovrà agire il CND? Quali misure potrà adottare per sanzionare un notaio che, pur non avendo seguito i parametri, ha richiesto un compenso che finora è stato considerato giusto e adeguato?
In conclusione, la norma disciplinare rende ora più che mai necessaria, per un verso, una adeguata informazione alla base e, per altro verso, una riflessione adeguata ai CND sui possibili criteri e indirizzi di applicazione.
Ben venga una norma deontologica in materia, che tende a garantire un compenso adeguato; tuttavia, i CND non devono essere lasciati soli, e pensiamo in particolare a piccoli, medi e più vasti distretti di cui è fatto il nostro territorio, memori dell’esperienza legata al rispetto della tariffa, quando esisteva.
Ciò anche perché l’attività di monitoraggio nel contesto delle varie attività del CND richiederà energie, ricerca di obiettività e generosità di impegno. Certo, in quest’ottica, la contestualizzazione in un insieme coerente di norme deontologiche sarebbe molto utile e maggiormente funzionale allo scopo.
Un’ultima notazione: molto tempo è trascorso da quando da parte sindacale si iniziò ad auspicare un più razionale assetto territoriale dei distretti notarili, si parlava di “omogenizzazione di distretti”: nell’evoluzione del sistema e in ragione, non ultima, della competenza regionale e relative problematiche, l’argomento ritorna ad essere di grande attualità.
Note
[1] La norma recita: “Il notaio non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni della legge 21 aprile 2023 n. 49 in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei pertinenti decreti ministeriali vigenti. Nei casi in cui la convenzione, il contratto o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dal notaio, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della legge 21 aprile 2023 n. 49. La violazione del divieto di cui al primo comma e/o dell’obbligo di cui al secondo comma della presente disposizione costituisce fattispecie disciplinarmente rilevante ai sensi dell’art. 147, comma 1, lett. a), della legge 16 febbraio 1913, n. 89.”
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