Le modifiche del D.Lgs. n. 139/2024. Imposta di registro, caparre confirmatorie e acconti nei preliminari
Il 3 ottobre abbiamo dato la notizia della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 231 del 2 ottobre 2024) del D.Lgs. 18 settembre 2024 n. 139, recante le disposizioni per la razionalizzazione delle imposte indirette diverse dall’IVA, emanato dal Governo in forza della delega di cui all’art. 10 della L. 111/2023.
Come lì pure evidenziato “la riforma” sarà efficace a partire dal 1° gennaio 2025. Ci è però parso utile sin da ora predisporre specifici commenti che richiamino l’attenzione degli operatori interessati e, in particolare, dei notai, sulle novità che ci sembrano più significative sul piano pratico, con l’intento, da un lato, come sempre, di essere di supporto all’aggiornamento dei nostri lettori, dall’altro, di stimolare lo spirito critico di chi ci legge (e magari ricevere nuovi spunti).
Si tratta, dunque, per lo più, di segnalazioni, che non hanno alcuna pretesa di esaustività – anche se, ove possibile, non mancheremo di fornire una prima chiave di lettura -, che speriamo apprezziate, perdonando eventuali mancanze o, perché no, sviste, sempre possibili nei primi approcci alle novità normative.
Partiamo!
Buona lettura
Le modifiche del D.Lgs. n. 139/2024. Imposta di registro, caparre confirmatorie e acconti nei preliminari
Abstract – Tra le modifiche di rilievo apportate dall’art. 2 del D. Lgs. 139/2024 alla disciplina dell’imposta di registro, merita senz’altro di essere segnalata quella relativa alla nota dell’articolo 10, Tariffa/I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, inerente la tassazione delle caparre confirmatorie e degli acconti pattuiti nei contratti preliminari.
Due sono le “novità” introdotte dal legislatore della riforma. Innanzitutto, si abbandona l’attuale sistema binario, che differenzia tra aliquota, dello 0,5%, da applicare alle caparre confirmatorie e aliquota, del 3%, cui sono soggetti gli acconti pattuiti nei preliminari (di contratti) non rientranti nell’ambito dell’applicazione dell’IVA: dal 1° gennaio 2025, anche i predetti acconti sconteranno la stessa imposta, dello 0,5%, prevista per le caparre confirmatorie.
Inoltre, la nuova norma espressamente stabilisce che l’imposta di registro dovuta per caparre confirmatorie e acconti non può mai essere superiore all’imposta di registro che sarebbe dovuta per il contratto definitivo, così, finalmente, esplicitando un principio che, secondo quanto affermato dalla dottrina, anche notarile, e confermato dalla giurisprudenza tributaria (di merito e di legittimità), deve ritenersi già operante nel vigente sistema impositivo dei contratti preliminari.
Due novità, senz’altro positive, anche se resta il rammarico per il mancato intervento chiarificatore del legislatore su alcune importanti questioni, pure attinenti le dazioni di somme in esame (tassazione o meno degli acconti IVA; sorte degli importi versati al momento della registrazione del preliminare non seguito dal contratto definitivo e, soprattutto, corretta imposizione delle somme restituite o da restituire, in caso di scioglimento del contratto preliminare), che, quotidianamente, affaticano l’operatore pratico – e, in particolare, il notaio – e affollano le Corti di giustizia tributaria.
La presente segnalazione è parsa particolarmente importante, anche per catturare l’attenzione dei notai chiamati a ricevere (o autenticare le sottoscrizioni di) contratti preliminari, in questo scorcio di anno, a ridosso dell’entrata in vigore della nuova norma.
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Tra le (poche) modifiche di rilievo apportate dall’art. 2 del D. Lgs. 139/2024 alla disciplina dell’imposta di registro, merita senz’altro di essere segnalata quella relativa alla nota dell’articolo 10, Tariffa/I, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui D.P.R. n. 131/1986 (in seguito TUR), inerente la tassazione delle caparre confirmatorie e degli acconti pattuiti nei contratti preliminari.
A far corso dal 1° gennaio 2025, dunque, il nuovo testo di detta nota sarà il seguente: “Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria o il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, comma 2, e 40 del testo unico, si applica l’aliquota dello 0,5 per cento o la minore imposta applicabile per il contratto definitivo. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo“.
Due sono le “novità” che balzano immediatamente agli occhi, già solo a un primo rapido confronto con il vigente testo della predetta nota, a tenore della quale “Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6; se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, comma 2, e 40 del testo unico si applica il precedente art. 9. In entrambi i casi l’imposta pagata e imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.
I – La tassazione unica per caparre e acconti
a) Ci si riferisce, innanzitutto, al superamento dell’attuale sistema “binario”, che differenzia tra l’aliquota, dello 0,5%, da applicare alle (somme versate o promesse a titolo di) caparre confirmatorie e l’aliquota, del 3%, cui sono soggetti gli acconti pattuiti nei preliminari di contratti non rientranti nell’ambito dell’applicazione dell’IVA: come preannunciato nel Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri del 9 aprile 2024, n. 76 in CNN Notizie del 10 aprile 2024, n. 64), per i contratti preliminari si passa dalle aliquote differenziate a un’aliquota unica dello 0,5% sia in caso di caparre confirmatorie che di acconti.
Per i preliminari perfezionati dal 1° gennaio 2025, dunque, anche i predetti acconti sconteranno la stessa imposta, dello 0,5%, prevista per le caparre confirmatorie.
E’ questa una vera e propria innovazione, da salutare con favore, sia perché riduce il prelievo fiscale dei contratti preliminari, sia perché consente di riprodurre al meglio, nelle clausole contrattuali, le pattuizioni sulla regolamentazione del pagamento del prezzo.
Si consideri, in proposito, che, nella maggior parte dei casi, la volontà del promittente venditore e del promissario acquirente, sin dalla sottoscrizione del contratto preliminare, è quella di imputare (al momento del contratto definitivo) la somma ricevuta e, rispettivamente, versata a titolo di caparra confirmatoria, al prezzo pattuito.
Ben più rare sono, infatti, le ipotesi in cui, in caso di versamento della caparra confirmatoria, le parti intendono riservarsi anche l’altra facoltà, pur loro concessa dall’art. 1385 cod. civ., di restituire/richiedere al momento del contratto definitivo il relativo importo, per ricevere/pagare contestualmente l’intero prezzo: questa esigenza si verifica, per lo più, nel caso di contratto preliminare di compravendita per persona da nominare, quando l’intento del promissario acquirente è quello di fara acquistare il bene a un terzo (es. società di leasing), che, verosimilmente, avrà l’interesse di pagare l’intero prezzo al venditore, senza cioè tener conto della somme già versate a quest’ultimo dal promissario acquirente.
Considerando, la suindicata più comune ipotesi, v’è da dire che la “preimputazione” porta con sé, oggi, un rischio fiscale[1]: è nota, infatti, la tendenza dell’Agenzia delle Entrate (o, almeno, di alcuni suoi uffici periferici) a qualificare, in questi casi, le somme ricevute/versate alla stregua di acconti, da tassare al 3%, pur quando tale predefinita destinazione si desuma solo implicitamente dalla clausola (es. “euro … sono versati a titolo di caparra confirmatoria ex art. 1385; euro … a saldo saranno versati dall’acquirente al venditore, al momento della stipula del definitivo atto di compravendita”).
Ciò che induce, spesso, le parti o il notaio a formulare la clausola relativa alla caparra confirmatoria in modo tale da non manifestare la predestinazione della somma (in realtà, già stabilita e voluta dalle parti) nel contratto preliminare soggetto alla registrazione, bensì (almeno nei casi in cui non la si voglia lasciare alla sola “parola data” dei contraenti) in scritture a latere.
Dal 1° gennaio dell’anno prossimo, la stesura della clausola non porrà più questo pericolo e la reale volontà contrattuale potrà risultare correttamente trasfusa nel contratto preliminare, senza comportare, per ciò solo, un aggravio fiscale per le parti (e, segnatamente, almeno nella generalità dei casi, per il promissario acquirente, tenuto al pagamento delle spese dell’atto).
b) Ancora soffermando l’attenzione sulla tassazione degli acconti nei preliminari, il giudizio sul nuovo testo della nota all’art. 10 diventa meno favorevole, in quanto non chiarisce i dubbi in merito alla corretta tassazione degli acconti previsti nei preliminari di contratti IVA (inclusi tra questi, anche, quelli esenti da IVA, ex art. art. 10, comma 1, n. 8 ter, D.P.R. 633/1972, per mancata opzione del cedente, magari, già pattuita nel contratto preliminare): qui sarebbe stato più che opportuno un intervento chiarificatore del legislatore, che facendo proprie le istanze della dottrina, con il conforto di alcune sentenza per ora solo di merito, sancisse, in modo chiaro, la non debenza di alcun imposta di registro, nemmeno in misura fissa, oggi, invece, pretesa dall’Agenzia delle Entrate.
Come si dirà, in seguito, il rammarico è però, almeno in parte, attenuato dalla seconda “novità” contenuta nel nuovo testo, sulla quale occorre ora soffermarsi.
II – Il tetto massimo al prelievo fiscale
a) Per le caparre confirmatorie e gli acconti previsti nei contratti preliminari “si applica l’aliquota dello 0,5 per cento o la minore imposta applicabile per il contratto definitivo“.
Come pure anticipato nel sopra richiamato comunicato stampa del Consiglio dei Ministri, n. 76/2024, dunque, l’imposta di registro dovuta per caparre confirmatorie e acconti non può mai essere superiore all’imposta di registro che sarebbe dovuta per il contratto definitivo.
Non può che accogliersi positivamente la scelta del legislatore di esplicitare un principio, che, però, è bene evidenziarlo, può ritenersi già vigente – sia pur disatteso, o comunque, mal applicato dall’Agenzia delle Entrate – nell’attuale sistema impositivo dei preliminari e che di desume dalla sicura considerazione unitaria, sotto il profilo della capacità contributiva, della sequenza preliminare/definitivo[2], come da tempo sostenuto dal Consiglio Nazionale del Notariato[3] e confermato, di recente, dalla Corte di Cassazione[4].
La questione è già stata approfondita da chi scrive, in questa Rivista, nello studio “La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati“, al quale si rinvia, non senza una precisazione, per quanto riguarda la tassazione di caparre e/o acconti previsti nei preliminari di atti destinati a scontare la cd. imposta d’atto[5], in misura fissa, attualmente dell’importo di euro 200,00.
A tenore del nuovo disposto della nota all’art. 10, Tariffa/I, TUR, per le ripetute caparre e acconti, sembra che occorra, comunque, sempre versare un’imposta, che non potrà mai essere superiore a quella, per l’appunto fissa, stabilita dalla legge per il contratto definitivo.
Nel ripetuto studio si propendeva, invece, per la non debenza dell’imposta (con soluzione, che ha ricevuto anche il conforto dei giudici di merito, come segnalato su Federnotizie in “Niente imposta di registro per caparre e/o acconti in preliminari soggetti a IVA” , ma ciò perché, all’epoca della stesura del ripetuto studio, l’Agenzia delle Entrate non consentiva al contribuente, in sede di registrazione del contratto definitivo, di imputare all’imposta d’atto quanto versato per la caparra e per gli acconti (secondo quanto previsto nell’attuale testo della nota in commento e confermato nella nuova formulazione della stessa), costringendolo a presentare l’istanza di rimborso.
Ora, che a quanto pare, la prassi è cambiata e il Fisco consente detta imputazione la previsione normativa può tutto sommato essere accettata di buon grado[6].
b) Quel che, comunque, occorre qui rimarcare è che il principio del tetto massimo per il prelievo fiscale delle caparre e degli acconti, ora espressamente previsto dalla legge, deve, invero, considerarsi già esistente nell’attuale diritto tributario.
Sotto questo profilo, la novella legislativa sembra avere portata, non tanto innovativa, quanto, piuttosto, interpretativa, come tale, applicabile, verosimilmente, anche ai preliminari già stipulati prima dell’entrata in vigore della nuova norma ora in commento: potrebbe, così, essere di aiuto sia per eventuali richieste di rimborso di quanto versato in eccedenza (si vedano i modelli di istanze di rimborso allegate al ripetuto studio di Federnotizie “La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati” che per risolvere (in senso favorevole al contribuente) le liti con il Fisco che, attualmente – sia pur smentito dalla surrichiamata giurisprudenza della Cassazione e da tante altre sentenze di merito -, ritiene di dover, comunque, applicare l’imposta proporzionale, dello 0,5% o del 3%, anche se di importo più elevato di quello (proporzionale o fisso) dovuto per registrare il contratto definitivo.
c) Occorre altresì sottolineare – così sperando di “stroncare sul nascere” errate interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate e, prima ancora, di scongiurare inopinati interpelli da parte dei contribuenti (o dei loro consulenti, notai inclusi) – che il tetto massimo di cui si discute riguarda l’imposta da applicare cumulativamente a caparre confirmatorie e acconti pattuiti nel contratto preliminare.
E’, infatti, senz’altro da escludere una lettura che consideri quel limite operante per l’imposta dovuta per la caparra e, separatamente, per quella dovuta per l’acconto, così pervenendo a una duplice imposizione.
La formulazione della norma e, prima ancora, il suesposto principio che la sottende sono chiari in tal senso e non ammettono incertezze applicative: l’imposta di registro dovuta complessivamente per caparre e acconti previsti nei preliminari, quale mera anticipazione dell’imposta di registro del contratto definitivo, priva dunque di autonomia, non può in alcun caso essere superiore a quest’ultima.
d) Per quanto ora evidenziato, e come sopra si accennava, la nuova versione della norma potrà essere utile anche a mitigare la (ingiusta e intollerabile) richiesta del Fisco per gli acconti dei preliminari in ambito IVA, quando in detti preliminari è prevista anche la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria.
Quest’ultima, infatti, sconterà l’imposta di registro nella misura dello 0,5%, ma nei limiti di euro 200,00 (essendo questa l’imposta da applicare al definitivo); per gli eventuali ulteriori acconti previsti nel preliminare, il Fisco potrà chiedere soltanto l’integrazione fino all’importo di euro 200,00, qualora l’imposta dovuta per la caparra sia inferiore a detto importo, ovvero nulla, qualora l’imposta dovuta per la caparra abbia già assorbito detto importo massimo.
III – Valutazione e questioni aperte
Entrambe le sopra evidenziate “novità” previste nella nota dell’art. 10, Tariffa/I, allegata al T.U.R., alleggerendo il carico fiscale dei contratti preliminare, potrebbero rendere “più attraente” la registrazione dei contratti medesimi, invogliando, così, i soggetti che ne sono obbligati (parti e, ove esistenti, mediatori immobiliari) a denunciare al Fisco, con maggiore frequenza rispetto a oggi, quelli conclusi per scrittura privata e, forse, indurre le parti a scegliere con minore ansia la formalizzazione notarile.
Potrebbero, inoltre, contribuire anche alla diffusione dei contratti di rent to buy soggetti a imposta di registro, laddove la componente del canone da destinare ad acconto sia particolarmente elevata: la ridotta tassazione (dal 3% allo 0,50%) e il tetto massimo dell’imposta dovuta per il definitivo trasferimento (soprattutto, laddove si tratti di contratti aventi a oggetto immobili cui si possa applicare la regola del prezzo- valore) consentono di rendere fiscalmente meno gravoso pure questo contratto (che stenta a decollare, anche, per l’attuale tassazione di detta componente dei canoni).
Giudizio positivo dunque? Sì e no.
Anche in un’ottica deflattiva del contenzioso tributario, infatti, è davvero un peccato che il legislatore della riforma non abbia sentito l’esigenza di far chiarezza su alcune questioni ancora dubbie, che attualmente affollano le Corti di giustizia tributaria (a causa delle pretese dell’Agenzia delle entrate che, a parere di chi scrive, sono prive di fondamento).
Oltre che alla tassazione degli acconti nei preliminari IVA, cui prima si è fatto cenno, ci si riferisce, in particolare, ai dubbi in merito alle seguenti, note, questioni e, segnatamente:
sorte dell’imposta di registro versata per caparre confirmatorie e acconti, nel caso in cui al contratto preliminare non faccia seguito il contratto definitivo[7] (ovvero nel caso in cui al contratto di rent to buy non segua il trasferimento definitivo) e, soprattutto,
corretta tassazione delle restituzioni (eseguite o promesse) da parte del promittente venditore al promissario acquirente della somma dal primo ricevuta, per caparre e/o acconti, in caso di scioglimento del contratto preliminare (questione sulla quale si ritornerà con un apposito studio).
IV – Preliminari di fine anno 2024
La presente segnalazione è parsa particolarmente importante, anche per catturare l’attenzione del notaio chiamato a ricevere (o autenticare le sottoscrizioni di) contratti preliminari, in questo scorcio di anno, a ridosso dell’entrata in vigore della nuova norma.
Questi, con cognizione di causa, potrà rendere edotte le parti interessate in merito alle novità di cui si è qui brevemente dato conto, così da consentire alle stesse di valutare se sia o meno il caso di posticipare la sottoscrizione all’inizio del prossimo anno, al fine di godere di un trattamento fiscale di maggior favore.
Note
[1] Cfr. A. Lomonaco, Note in tema di tassazione della caparra confirmatoria nei contratti preliminari (Studio C.N.N. del 9 novembre 2011, n. 185 -2011/T), paragrafo 2.
[2] L’imposta stabilita per le caparre confirmatorie e gli acconti non ha una sua autonoma rilevanza: è, infatti, richiesta come mera anticipazione dell’imposta dovuta per il contratto definitivo, questo sì, unica espressione di capacità contributiva.
[3] Cfr. A. Lomonaco, Note, cit, e A. Lomonaco – D. Barone, I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sugli acquisti ‘prima casa’ da parte dei giovani (art. 64, commi 6-10, del decreto Sostegni bis), in CNN Notizie del 10 novembre 2021 n. 208.
[4] Cfr. Cass. n. 35396/2022 e n. 35390/2022, entrambe per caparre versate in relazione a preliminari di vendita di immobili situati all’estero, e Cass. n. 17904/2021, per acconti versati in relazione a preliminare di cessione di quote sociali.
[5] Per una elencazione di preliminari preordinati alla stipula di contratti definitivi destinati a scontare l’imposta fissa, si veda il paragrafo 4 del citato studio.
[6] Naturalmente, nulla sarebbe dovuto laddove, in futuro, il legislatore ritenesse di esentare da imposta di registro qualche contratto traslativo, come è avvenuto, nel recente passato, per gli acquisti under 36 (art. 64, commi da 6 a 10, D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106).
[7] A parere di chi scrive, logica conseguenza della natura “ancillare” dell’imposta di cui alla nota all’art. 10, rispetto a quella del definitivo, è che al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di richiedere il rimborso dell’imposta versata al momento della registrazione del preliminare, quando allo stesso non faccia poi seguito la stipula del contratto definitivo (magari per la risoluzione del contratto preliminare. Cfr. ancora il citato studio di Federnotizie “La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati” e, in particolare, il paragrafo 5.
L’articolo Le modifiche del D.Lgs. n. 139/2024. Imposta di registro, caparre confirmatorie e acconti nei preliminari sembra essere il primo su Federnotizie.