29 Luglio 2024

Decreto Salva-Casa e la commerciabilità giuridica dei fabbricati

Non c’è pace per il testo Unico in materia edilizia. Ancora rilevanti modifiche sono state apportate alla disciplina contenuta nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia). Oramai le modifiche che il testo Unico ha subito successivamente alla data della sua entrata in vigore (30 giugno 2003) non si contano più. Le ultime modifiche sono quelle disposte con il D.L. 29 maggio 2024 n. 69, convertito, con modificazioni, con legge 24 luglio 2024 n. 105 (cd. Decreto Salva Casa).

Le modifiche del D.L. 69/2024 sono essenzialmente finalizzate a semplificare le procedure di regolarizzazione di difformità edilizie. Resta esclusa, peraltro, la possibilità di sanare gli abusi gravi (quelli che incidono sulla commerciabilità stessa degli edifici) quali l’assenza del titolo abilitativo o la totale difformità dallo stesso.

Nel testo originario la possibilità di regolarizzazione “semplificata” era limitata alle sole parziali difformità e quindi agli abusi meno gravi. In sede di conversione, invece, detta possibilità è stata estesa anche ad abusi rilevanti, come le variazioni essenziali (comunque abusi non incidenti sulla commerciabilità dei fabbricati).

Detto ciò, va segnalato che il D.L. 69/2024 non introduce sanatorie in senso “tecnico” sul tipo delle sanatorie straordinarie previste nel passato dalla legge 28/02/1985 n. 47, dalla legge 23/12/1994, n. 724, dal D.L. 30/09/2003 n. 269, convertito con legge 24/11/2003 n. 326, con possibilità di presentare istanza di sanatoria entro limiti temporali definiti.

Con il D.L. 69/2024 si è introdotta una disciplina “a regime”, applicabile senza limitazioni temporali, ampliando la possibilità di ricorrere al cd. “accertamento di conformità” (articoli 36, 36-bis, 37) ovvero ampliando l’ambito delle cd. tolleranze costruttive ed esecutive (articoli 34-bis e 34-ter, c. 4). Sono state introdotte anche fattispecie di sanatoria limitate in relazione all’epoca di esecuzione dell’abuso, riguardando, interventi eseguiti entro data ben definita (art. 34-ter).

Si è scelto quindi di intervenire, principalmente, sulla disciplina dettata dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia) modificandone alcune norme.

Modifiche al Testo Unico in materia Edilizia sono state anche apportate con riguardo:

alla disciplina sulle deroghe in materia di distanza tra fabbricati (per agevolare il recisero di sottotetti) (art. 2-bis);

alla disciplina dell’edilizia libera (con ampliamento delle fattispecie) (art. 6);

alle modalità di accertamento dello stato legittimo del fabbricato (art. 9-bis);

al mutamento di destinazione d’uso (art. 23-ter);

all’agibilità (con modifica dei requisiti in termini di altezza e superficie degli alloggi) (art. 24).

Si sottolinea come la disciplina dettata dal D.L. 69/2024 incida sulla sola commerciabilità economica degli edifici rimuovendo o consentendo la rimozione di irregolarità che possono rendere poco attrattivi detti immobili sul mercato immobiliare, e ciò non solo con la semplificazione della proceduta di attestazione di stato di legittimo o con l’ampliamento delle fattispecie di mutamento di destinazione d’uso o di tolleranze costruttive ed esecutive ma, soprattutto con la semplificazione della sanatoria mediante l’accertamento di conformità, svincolandola dalla necessità della “doppia conformità”, con riferimento alle parziali difformità ed alle variazioni essenziali.

I) Le modifiche del D.L. 69/2024

Di seguito le principali novità introdotte dal D.L. 69/2024 a modifica del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia)

1. Recupero dei sottotetti e deroga alla distanza tra fabbricati (art. 2 del T.U.)

Al fine di agevolare il recupero dei sottotetti nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, si prevede che detto recupero possa essere eseguito anche quanto non sia possibile rispettare le distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione, peraltro:

che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;

che non siano apportate modifiche nella forma e nella superficie all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali;

che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha autorizzata la costruzione.

E tutto ciò, come precisato nella nuova norma, al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo; vengono fatte salve eventuali leggi regionali più favorevoli.

2. Edilizia libera (art. 6 del T.U.)

Viene ampliato il novero delle tipologie di interventi rientranti nella cd. “edilizia libera”; sono state ricomprese tra le attività di edilizia libera anche le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno e strutture similari, con la precisazione che le opere in oggetto non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici e comunque devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche (nuova lett. b-ter dell’art. 6).

Per quanto invece riguarda gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e trasparenti (cd. VEPA), già inclusi tra le attività di edilizia libera (lett. b-bis dell’art. 6) si è invece precisato che le stesse oltre che riguardare balconi aggettanti dal corpo dell’edificio possono anche riguardare logge rientranti all’interno dell’edifico ovvero anche  porticati salvo si tratti di porticati gravati, in tutto o in parte da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

3.  Stato legittimo del fabbricato (art. 9-bis del T.U.)

3.1 – Fabbricati realizzati in epoca nella quale era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio

Le modifiche più rilevanti riguardano l’ipotesi del fabbricato realizzato in epoca nella quale era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio; nella nuova norma si prevede che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare sia stabilito, alternativamente (e non più congiuntamente come in precedenza):

(i) o dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione (o che ne ha legittimato la stessa, come nel caso di sanatoria);

(ii) o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Con riguardo a quest’ultima modifica, in relazione alla fattispecie di cui sub (ii), si è inteso valorizzare l’affidamento del privato nei casi in cui il Comune abbia nel passato “espressamente accertato” parziali difformità rispetto al titolo edilizio, ma non le abbia considerate rilevanti (procedendo alla contestazione dell’abuso), apparendo, altresì, ragionevole che l’amministrazione non possa poi contestare una difformità che nel procedimento relativo all’ultimo intervento edilizio abbia espressamente considerato tollerabile emanando un provvedimento favorevole al privato.

E’ previsto, inoltre:

(i) che sono ricompresi tra i titoli abilitativi ai fini dello “stato legittimo” anche:

la S.C.I.A. presentata per la regolarizzazione di interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità rispetto al titolo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge 18/01/1977, n. 10 (art. 34-ter del T.U.);

quelli rilasciati o formati a seguito di accertamento di conformità previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni (articoli 36 e 36-bis del T.U.);

la cd. “fiscalizzazione” per il caso di annullamento del permesso di costruire ex art. 38 T.U. (disposizione che prevede che il pagamento della sanzione pecuniaria conseguente all’annullamento del permesso di costruire realizza gli effetti del permesso di costruire in sanatoria).

(ii) che concorrono alla determinazione dello stato legittimo anche:

le cd. “fiscalizzazioni” (per la rimozione di abusi attraverso il solo pagamento delle sanzioni amministrative) ai sensi degli artt. 33, 34, 37 (commi 1, 3, 5 e 6)  e 38 del T.U.;

la dichiarazione in tema di tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis del T.U. (resa da tecnico abilitato nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata).

Secondo quanto riportato nella Relazione Illustrativa al decreto le modifiche apportate all’art. 9-bis del T.U. “consentono di semplificare il riconoscimento dello stato legittimo dell’immobile, soprattutto nei casi in cui si è in presenza di difformità formali, stabilendo che lo stesso possa essere comprovato alternativamente in base al titolo originario che ha permesso la sua costruzione ovvero da quello conseguito in seguito ad eventuali interventi costruttivi sul medesimo, in tal modo superando le difficoltà, riscontrate a legislazione vigente, nel comprovare lo stato legittimo degli edifici, soprattutto in riferimento agli immobili di passata realizzazione per i quali i titoli abilitativi risalgono ad epoche risalenti nel tempo, ciò anche in considerazione del fatto che l’età media degli immobili italiani è tra le più alte in Europa ….”

3.2 – Fabbricati realizzati in epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio

Più contenuta, invece, la modifica apportata con riguardo all’ipotesi del fabbricato realizzato in epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio; si è previsto che le modalità di determinazione dello stato legittimo previste per questa fattispecie (attraverso le informazioni catastali di primo impianto o altri documenti probanti quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e il titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali) si applicano anche nel caso in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale tuttavia non siano disponibili la copia o gli estremi (prima di faceva riferimento solo alla non disponibilità della copia).

3.3 – Stato legittimo in caso di condominio

E’ stata inoltre introdotta una precisazione (il nuovo comma 1-ter dell’art. 9-bis del T.U.) in relazione ai criteri da applicare per la determinazione dello stato legittimo in caso di condominio. In particolare, si è stabilito:

che ai fini della determinazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio;

che, a sua volta, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità relative alle singole unità immobiliari dello stesso.

Nel dettare questa nuova disposizione si è tenuto conto dell’esperienza registrata in occasione della applicazione dei bonus fiscali per la rigenerazione del patrimonio immobiliare, quando molte pratiche relative ad interventi su parti comuni condominiali sono state “bloccate” causa difformità edilizie riguardanti una o più singole unità facenti parte degli stessi e/o viceversa.

4. Mutamento di destinazione d’uso (art. 23-ter del T.U.)

Numerose e rilevanti sono le modifiche apportate dal D.L. 69/2024 alla disciplina del mutamento di destinazione d’uso.

4.1 – La definizione di mutamento di destinazione d’uso senza opere

innanzitutto, si detta la definizione di mutamento di destinazione d’uso “funzionale” (ossia senza opere) ricomparendovi anche le attività di edilizia libera: “il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’art. 6” (ossia agli interventi di edilizia libera) (comma 1, art. 23-ter)

4.2 – Il mutamento di destinazione d’uso della singola unità immobiliare

in secondo luogo, viene sempre consentito il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, purchè il mutamento avvenga:

all’interno della stessa categoria funzionale (comma 1-bis, art. 23-ter);

tra categorie funzionali omogenee tali essendo a tal fine considerate le categorie residenziale,  turistico-ricettiva; produttiva e direzionale e commerciale, sempreché, in questo secondo caso,  si tratti di singola unità immobiliare ubicata in maggiori immobili ricompresi nelle zone classificate A, B e C o in zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia (comma 1-ter, art. 23-ter); in quest’ultimo caso il mutamento della destinazione d’uso delle singole unità è sempre consentito ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nello stesso immobile; è prevista, invece, l’esclusione della necessità del reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale a sensi del D.M. 02/04/1968, n. 1444, e delle disposizioni di legge regionale, nonché l’esclusione del vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalle vigenti normative; resta comunque fermo ove previsto il pagamento del contributo concessorio per gli oneri di urbanizzazione secondaria (comma 1-quater, art. 23-ter).

Lo stesso comma 1-quater dell’art. 23-ter del T.U. detta una specifica disciplina per le unità poste al primo piano fuori terra o al piano seminterrato: per dette unità il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali i cambi d’uso tra categorie funzionali omogenee si applicano anche a dette unità.

4.3 Titoli edilizi richiesti per il mutamento di destinazione d’uso

Per il mutamento di destinazione d’uso è prescritto il ricorso ai seguenti titoli edilizi (art. 23-ter, comma 1-quinquies):

nel caso di mutamento di destinazione d’uso senza opere (secondo la definizione sopra riportata sub 4.1), sia all’interno della medesima categoria funzionale che tra diverse categorie funzionali (la norma infatti non fa distinzioni al riguardo), si deve ricorrere alla segnalazione certificata di inizio attività “ordinaria” (disciplinata dall’art. 19, legge 07/08/1990, n. 241);

nei restanti casi (mutamento di destinazione d’uso con opere), sia all’interno della medesima categoria funzionale che tra diverse categorie funzionali (la norma infatti non fa distinzioni al riguardo), si deve ricorrere al titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al cambio d’uso, salva la necessità di ricorso alla S.C.I.A. “ordinaria” in tutti quei casi di mutamenti di destinazione d‘uso accompagnati dall’esecuzione di opere riconducibili all’articolo 6-bis del T.U. (ossia di opere soggette a comunicazione di inizio lavori asseverata).

Con la norma in questione si distingue, pertanto, ai fini dell’individuazione del titolo edilizio richiesto, tra mutamenti di destinazioni d’uso funzionale (senza opere con necessità della S.C.I.A.) e mutamenti di destinazioni d’uso strutturali (con opere con necessità del titolo edilizio richiesto in relazione alle opere poste in essere: permesso di costruire, Super-S.C.I.A. o S.C.I.A. “ordinaria, quest’ultima prescritta anche per le opere di norma soggette a C.I.L.A.).

In sostanza anche per le ipotesi di mutamento di destinazione d’uso meno “impattanti” (ad es. un mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale senza opere) è necessario comunque dotarsi di un titolo abilitativo e più precisamente della S.C.I.A. Non possono, pertanto, esservi mutamenti di destinazione d’uso soggetti alla disciplina dell’edilizia libera (e quindi realizzabili senza titolo edilizio) né sarebbe sufficiente ricorrere ad una C.I.L.A. Quanto meno necessita una S.C.I.A.; in questo senso la nuova disciplina dettata dal D.L. 69/2024 colma una lacuna presente nella legislazione previgente, che lasciava adito a diverse e contrastanti interpretazioni, in ordine al titolo edilizio prescritto per i mutamenti di destinazione d’uso.

Per raccordo con la nuova disciplina dettata dall’art. 23-ter, comma 1-quinquies è stata modificata anche la disposizione dell’art. 10, comma 2, del T.U., che attribuisce alle regioni il compito di stabilire con leggi quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazioni certificata di inizio attività, per precisare che resta fermo quanto previsto dall’art. 23-ter, comma 1-quinquies (circa i criteri per la determinazione del titolo edilizio richiesto in relazione al diverso tipo di intervento di mutamento di destinazione d’uso con o senza opere).

In ogni caso le Regioni debbono adeguare la propria legislazione ai principi fissati nell’art. 23-ter del T.U. che trovano, comunque, applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione.

4.4 – Mutamento di destinazione d’uso dell’intero immobile

Se i nuovi commi 1-bis, 1-ter, 1-quater introdotti nell’art. 23-ter disciplinano le ipotesi di mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere, della singola unità immobiliare, il comma 3 dell’art. 23-ter, nel testo modificato dal D.L. 69/2024, disciplina invece l’ipotesi del mutamento di  destinazione dell’intero immobile all’interno della medesima categoria funzionale: detto intervento è sempre consentito subordinatamente, peraltro, al rilascio dei titoli edilizi di cui al comma 1-quinquies (se mutamento senza opere necessità della S.C.I.A., se mutamento con opere necessità del titolo edilizio richiesto in relazione alle opere poste in essere), salva diversa previsione delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali.

5. – Agibilità

Sono previste deroghe in ordine ai criteri (relativi ad altezze e dimensioni dei locali) prescritti dalla legislazione previgente ai fini del riconoscimento dell’agibilità; in particolare è previsto che il tecnico progettista abilitato è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto alle norme igienico sanitarie anche nelle seguenti ipotesi:

locali con un’altezza minima interna inferiore a metri 2,70 fino al limite massimo di metri 2,40;

alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 mq., fino al limite massimo di 20 mq. per una persona, e inferiore a 38 mq. fino al limite massimo di 28 ma. per due persone.

L’asseverazione di agibilità, nelle ipotesi di cui sopra, può essere resa solo per le unità che siano agevolmente modificabili e siano oggetto di interventi di recupero edilizio volte ad assicurare in ogni caso la sussistenza delle necessarie condizioni igienico-sanitarie e più precisamente può essere resa ove:

sia soddisfatto il requisito dell’adattabilità in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali previste dal regolamento di cui al decreto Ministro LL.PP. 236/1989 (da intendersi come possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale)

sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;

sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico- sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani adattabili, ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Restano comunque ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superfici minima dei locali previste a legislazione vigente (ad esempio le altezze ridotte previste per gli edifici nei Comuni montani sopra i 1000 metri).

6. Interventi eseguiti in assenza di permesso di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31 del T.U.)

6.1 Proroga del termine per la demolizione ed il ripristino

Innanzitutto, si prevede che il termine di 90 giorni entro il quale il responsabile dell’abuso deve provvedere alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi può essere prorogato con atto motivato del Comune fino ad un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.

6.2 Alienazione dell’immobile abusivo

Si prevede, inoltre, che l’opera abusiva eventualmente acquisita al patrimonio del Comune per inottemperanza all’applicazione delle sanzioni irrogate possa essere demolita purché la demolizione non contrasti, oltre che con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, come già previsto, anche con rilevanti interessi culturali e paesaggistici.

Nel caso in cui l’opera non contrasti con i suddetti interessi, il Comune potrà, previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’art. 17-bis legge 07/08/1990, n. 241, in alternativa alla demolizione diretta, provvedere all’alienazione del bene e dell’area di sedime condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente. Il valore venale dell’immobile è determinato dall’Agenzia delle Entrate tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.  Non può rendersi acquirente dell’immobile il responsabile dell’abuso.

7. Variazioni essenziali (art. 32 del T.U.)

Viene soppressa la precedente previsione che qualificava come “variazione essenziale” ogni intervento in parziale difformità dal titolo eseguito su immobili sottoposti a vincolo culturale, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali.

8. Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34 del T.U.)

Viene aumentata la sanzione quando non è possibile procedere alla demolizione delle opere eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità. La sanzione già fissata nel doppio del costo di produzione per gli immobili ad uso residenziale ovvero nel doppio del valore venale per immobili con usi diversi viene aumentata rispettivamente al triplo del costo di produzione ovvero al triplo del valore venale.

9. Tolleranze costruttive ed esecutive (art. 34-bis del T.U.)

9.1 – Tolleranze costruttive

Innanzitutto, con riguardo alle tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis, comma 1, T.U., si prevede che, in relazione agli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, dette tolleranze sono riparametrate in misura inversamente proporzionale alla superficie utile. Pertanto, minore è la superficie utile e maggiore è il limite consentito percentualmente.

La nuova disposizione prevede che, in relazione agli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro limiti percentuali che differiscono in relazione alla superficie della singola unità immobiliare; più precisamente questi limiti previsti:

a) del 2% delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati,

b) del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;

c) del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;

d) del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.

d-bis) del 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.

Ai fini del computo della superficie utile, la norma in commento precisa che si dovrà tenere conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo. Tale previsione è finalizzata ad evitare possibili condotte di frazionamento meramente strumentali ad ottenere l’applicazione di un regime più favorevole.

Le misure progettuali valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

Per gli interventi successivi al 24 maggio 2024 rimane fermo il limite unico del 2% rispetto alle misure di progetto.

9.2 – Tolleranze nelle autorizzazioni paesaggistiche

Nel D.L. 69/2024 si prevede, inoltre, per coordinamento con la normativa in materia di autorizzazioni paesaggistiche, che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 e di cui all’art. 34-bis T.U. (Tolleranze costruttive) sono soggetti al regime di cui all’art. 2, comma 1, del regolamento di cui al DPR 13/02/2017, n. 31 con conseguente esclusione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica anche per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rientrino nei limiti delle tolleranze costruttive riparametrati ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 34-bis e non solo nel limite del 2% come previsto, in via generale, dalla suddetta norma del DPR. 31/2017 (art. 3, comma 1, D.L. 29/05/2024, n. 69).

9.3 – Tolleranze esecutive

Con riguardo, invece, alle tolleranze esecutive di cui all’art. 34-bis, comma 2, T.U., la nuova disposizione prevede che per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 costituiscono tolleranze esecutive (in aggiunta a quelle già previste dal comma 2) anche:

il minore dimensionamento dell’edificio;

la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;

le irregolarità esecutive di muri esterni e interni;

la difforme ubicazione delle aperture interne;

la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;

gli errori progettuali corretti in cantiere e errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

9.4 – Zone sismiche e rapporti con i terzi

La nuova disposizione prevede poi specifici ed articolati adempimenti per il caso di tolleranze costruttive ed esecutive riguardanti unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche ad eccezione di quelle a bassa sismicità (art. 34-bis, comma 3-bis).

Si prevede, infine, che l’applicazione delle disposizioni in tema di tolleranze costruttive e/o esecutive non può comportare limitazione dei diritti dei terzi (art. 34-bis, comma 3-ter).

10. Casi particolari di interventi in in parziale difformità (art. 34-ter del T.U.)

10.1 – Varianti in parziale difformità ante 30/01/1977

Viene inserito nel corpo del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia), dopo l’art. 34-bis, un nuovo articolo, l’art. 34-ter, rubricato “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”. Con tale disposizione è prevista una nuova fattispecie di sanatoria edilizia limitata, peraltro, agli interventi realizzati come varianti in corso d’opera in parziale difformità dal titolo rilasciato prima della entrata in vigore della legge 28/01/1977 n. 10 (ossia prima del 30/01/1977) e comunque non riconducibile alle tolleranze costruttive/esecutive di cui all’art. 34-bis. L’epoca di realizzazione delle varianti è provata mediante la documentazione prevista per la dimostrazione dello stato legittimo del fabbricato (art. 9-bis, comma 1-bis). Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione suddetta il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità.

Per la regolarizzazione di dette difformità:

va presentata apposita segnalazione certificata di inizio attività; entro i successivi trenta giorni l’amministrazione comunale può adottare (a sensi dell’art. 19, c. 3, legge 07/08/1990, n. 241) motivati provvedimenti di rimozione degli effetti dannosi non solo in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge ma anche nel caso in cui accerti l’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione delle opere;

deve essere pagata, a titolo di oblazione, una somma determinata a sensi dell’art. 36-bis, comma 5 (vedi il successivo paragrafo 11.3 sub E);

si applica la disciplina dettata dall’art. 36-bis, commi 4 e 6 del T.U. (vedi il successivo paragrafo 11.3 sub C e sub D);

nel caso di interventi eseguiti in assenza o in difformità dall’autorità paesaggistica si applica la disciplina dell’art. 36-bis, comma 5-bis, del T.U. (vedi il successivo paragrafo 11.3 sub E).

10.2 – La sanatoria a seguito del rilascio del certificato di abitabilità/agibilità

L’art. 34-ter prevede anche una forma di “sanatoria” tacita delle parziali difformità a seguito di avvenuto rilascio della certificazione di abitabilità o di agibilità, equiparando alle tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis le parziali difformità realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione da parte delle competenti autorità alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino ma sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità.

11. Accertamento di conformità (art. 36 ed art. 36-bis del T.U.)

11.1 – La doppia conformità

Il D.L. 69/2024 interviene in materia con misure semplificatorie per la regolarizzazione di tutte quelle fattispecie abusive (variazione essenziali e parziali difformità) che pur incidendo sulla commerciabilità economica degli edifici non incidono, invece, sulla loro commerciabilità giuridica; da segnalare che nel testo originario del D.L. 69/2024 l’intervento di “semplificazione” era limitato alle ipotesi di irregolarità di minore gravità (ossia alle sole parziali difformità); in sede di conversione in legge, invece, la disciplina in questione è stata estesa anche a fattispecie abusive più rilevanti (ossia alle variazioni essenziali).

La caratteristica dell’accertamento di conformità, così come disciplinato dal T.U. sino all’entrata in vigore del D.L. 69/2024, consisteva nel fatto che la relativa sanatoria poteva essere chiesta e ottenuta soltanto qualora sussistesse il requisito della cd. “doppia conformità” dell’opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in vigore al momento della presentazione dell’istanza. Il D.L. 69/2024 interviene sul punto prevedendo due distinte fattispecie di “accertamento di conformità” con diversa disciplina in ordine alla necessità della “doppia conformità”.

11.2 – L’accertamento di conformità in caso di assenza del titolo o di totale difformità

La prima, disciplinata dall’art. 36 T.U., nel testo modificato dal D.L. 69/2024 e per la quale la sanatoria rimane subordinata alla “doppia conformità” (necessità della conformità alla normativa urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione che al momento della presentazione dell’istanza) riguarda le ipotesi di:

assenza o totale difformità rispetto al permesso di costruire di cui all’articolo 31 T.U.;

assenza o totale difformità rispetto alla segnalazione certificata inizio attività prevista dall’articolo 23, comma 01, del T.U. (c.d. Super-SCIA).

11.3 – L’accertamento di conformità in caso di parziale difformità o variazioni essenziali

La seconda, disciplinata da un nuovo articolo, l’art. 36-bis, per la quale non è più necessaria la “doppia conformità” alla disciplina urbanistico-edilizia, riguarda le ipotesi:

di parziali difformità dal permesso di costruire (art. 34 del T.U.);

di parziali difformità dalla cd. “Super-SCIA” (art. 34 del T.U.);

di assenza o difformità dalla SCIA “ordinaria” (art. 37 del T.U.);

di variazioni essenziali di cui all’art. 32. del T.U.

Il suddetto nuovo art. 36-bis prevede, in particolare, che in caso di esecuzione degli interventi di cui sopra, fino alla scadenza del termine di cui all’art. 34, comma 1, T.U. (di rimozione e/o demolizione degli abusi fissato nell’ordinanza del Dirigente o del responsabile dell’ufficio) e comunque fino all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso di costruire in sanatoria e/o presentare la SCIA in sanatoria se l’intervento risulti conforme:

alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;

ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Per gli abusi di cui all’art. 36-bis del T.U., pertanto si distingue tra conformità alla disciplina urbanistica e conformità alla disciplina edilizia. Per ottenere la sanatoria, infatti, necessitano:

la conformità alla disciplina urbanistica in vigore al momento in cui viene fatta la richiesta di sanatoria (a prescindere invece dalla conformità alla disciplina edilizia vigente in questo momento);

la conformità alla disciplina edilizia in vigore al momento della realizzazione dell’intervento (a prescindere invece dalla conformità alla disciplina urbanistica vigente in quel momento).

11.4 – La procedura per l’accertamento di conformità ex art. 36-bis del T.U.

A) RICHIESTA: la richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria debbono essere accompagnate dalla dichiarazione del tecnico abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione prevista per la determinazione dello stato legittimo ex art. 9-bis, comma 1-bis, del T.U.. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante detta documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità (comma 3, del nuovo art. 36-bis del T.U.).

B) CONDIZIONI: si prevede, inoltre, che lo Sportello unico del Comune possa condizionare il rilascio del provvedimento di sanatoria o l’efficacia della S.C.I.A. in sanatoria, alla realizzazione, da parte del richiedente, entro il termine assegnato, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e la rimozione delle opere che non possono essere sanate (comma 2, del nuovo art. 36-bis del T.U.).

C) VINCOLO PAESAGGISTICO: qualora gli interventi da regolarizzare siano stati eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale richiede all’autorità preposta alla tutela del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di 180 giorni previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro 90 giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini suddetti si intende formato il silenzio-assenso ed il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale provvede autonomamente. Tale disciplina si applica anche nei casi in cui gli interventi da regolarizzare risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione (comma 4 dell’art. 36-bis).

D) SILENZIO ASSENSO: con particolare riferimento ai profili procedurali, per il caso di richiesta di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, la nuova disposizione introduce il meccanismo del “silenzio assenso” prevedendo che sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale debba pronunciarsi con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Per le SCIA, si applica, invece, il termine di 30 giorni di cui all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. In caso di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, i predetti termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica sopra descritto sub C). Decorsi i predetti termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Tali termini sono interrotti qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. L’amministrazione è tenuta a rilasciare, in via telematica, su richiesta del privato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell’intervenuta formulazione dei titoli abilitativi. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni del T.U. (comma 6, del nuovo art. 36-bis del T.U.).

E) LA SANZIONE: il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e la presentazione della SCIA in sanatoria, ex art. 36-bis, T.U., sono subordinati al pagamento a titolo di oblazione di un importo:

pari al doppio del contributo di costruzione ovvero in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’articolo 16 del T.U., incrementato del 20% in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire nelle ipotesi di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (ex art. 34 del T.U.) ed in caso di variazioni essenziali (ex art. 32 del T.U.). Non si applica l’incremento del 20% nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;

pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore ad €. 1.032,00 e non superiore ad €. 10.28,00 ove l’intervento sia eseguito in assenza della S.C.I.A. o in difformità da essa nei casi di cui all’art. 37 del T.U. ed in misura non inferiore ad €. 516,00 e non superiore ad €. 5.164,00 ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda.

Nelle ipotesi di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica con la procedura sopra descritta sub C) si applica anche una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto ai applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167 D.lgs 22/01/2004, n. 42 (art. 36-bis, comma 5-bis, T.U.)

F) ZONE SISMICHE: la disposizione in commento prevede poi specifici ed articolati adempimenti per il caso di parziali difformità e variazioni essenziali riguardanti unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche ad eccezione di quelle a bassa sismicità richiamando la disciplina dettata dall’art. 34-bis, comma 3-bis.

12. Interventi eseguiti in assenza o in difformità della S.C.I.A. (Art. 37 del T.U.)

 12.1 Le sanzioni

La sanzione per la realizzazione di interventi edilizi in assenza della o in difformità dalla S.C.I.A. già fissata in misura pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore ad €. 516,00 è stata aumentata passando al triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore ad €. 1.032,00

12.2 L’abrogazione della doppia conformità

Per coordinamento con la nuova disposizione dell’art. 36-bis del T.U. portante la disciplina generale dell’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazione essenziali è stata abrogata la disposizione del comma 4 dell’art. 37 del T.U. che prevedeva la possibilità di ottenere la sanatoria dell’intervento eseguito in assenza della o in difformità dalla S.C.I.A. qualora lo stesso risultasse conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, e ciò versando una somma non superiore a €. 5.164,00 e non inferiore ad €. 516,00 da determinarsi in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’Agenzia del Territorio.

Queste le modifiche apportate al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia).

Il DL 69/024, peraltro, detta anche disposizioni volte al “recupero” delle strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, con la finalità di consentire il mantenimento di quelle strutture che si ritengono di utilità sociale, realizzate per finalità sanitarie, assistenziali ed educative.

Tali strutture potranno rimanere installate, in presenza di comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità, in deroga al vincolo temporale previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del T.U. (che prevede l’obbligo di rimozione delle opere stagionali e di quelle dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto).

Gli interessati dovranno presentare una C.I.L.A. (ai sensi dell’articolo 6-bis del T.U.) nella quale dovranno essere indicate le comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità oltre all’indicazione dell’epoca di realizzazione della struttura. In ogni caso l’applicazione delle disposizioni contenute della disposizione in commento non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

II) Conclusioni – Riflessioni sulle modifiche del D.L. 69/2024 sulla commerciabilità dei fabbricati

Per affrontare, nella maniera corretta, la tematica dell’incidenza della disciplina urbanistica sulla circolazione immobiliare (e quindi sull’attività notarile) va sempre tenuta distinta la questione della “commerciabilità giuridica” dalla questione della “commerciabilità economica” dell’immobile.

La commerciabilità giuridica (da intendersi come possibilità di porre in essere validi atti traslativi o divisionali aventi per oggetto edifici) non è preclusa dalla presenza di un qualsiasi abuso edilizio; solo in presenza dei cd. «abusi maggiori» (assenza di titolo o totale difformità) il bene è incommerciabile non potendo essere resa in atto la prescritta menzione del titolo edilizio che sia reale e riferibile all’immobile.

La validità di un atto traslativo o divisionale va esclusa SOLO se manca in atto la dichiarazione del titolo edilizio (anche, eventualmente in sanatoria), con il quale sia stata approvata la costruzione o la ristrutturazione cd. ricostruttiva o la ristrutturazione conservativa cd. «pesante», titolo che sia reale e riferibile all’immobile negoziato ovvero se manca in atto la dichiarazione di costruzione ante 67 che sia comunque veritiera.

L’incommerciabilità giuridica non è determinata dalla presenza dell’abuso edilizio «maggiore», ma dall’impossibilità di rendere in atto una dichiarazione veritiera, reale e riferibile all’edificio non essendo possibile rispettare le prescrizioni poste a pena di nullità dagli artt. 40 legge 28/02/1985 n. 47 e 46 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia edilizia), che prevedono una «nullità testuale»; così Cass. SS.UU. 22 marzo 2019 n. 8230.

Diverso è il discorso in ordine alla commerciabilità economica, ossia all’attitudine di un bene a costituire oggetto di un atto traslativo (ossia il suo appeal economico commerciale). La presenza di un abuso, anche se non di gravità tale da escluderne la commerciabilità giuridica, può invece compromettere la possibilità di alienare il bene.

Basti pensare che a seguito dell’eventuale acquisto il nuovo proprietario si troverà esposto alle sanzioni previste per l’abuso commesso (demolizione, rimessa in pristino, sanzione pecuniaria, ecc.), potrà vedersi impedita la possibilità di presentare nuovi progetti edilizi mancando lo “stato legittimo del fabbricato”, non potrà fruire di benefici fiscali (art. 49, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – T.U. in materia edilizia) ed, inoltre, potrà incontrare non poche difficoltà nel procedere alla successiva rivendita dell’immobile.

Tutto ciò non potrà che disincentivare il potenziale acquirente dal perfezionare l’acquisizione. Inoltre, la stessa “tenuta” del contratto, se comunque posto in essere, può essere messa in discussione, in quanto la presenza di abusi edilizi (minori), pur non determinando la nullità del contratto, può, tuttavia, legittimare la richiesta di risoluzione dello stesso o la richiesta di riduzione del prezzo ovvero la richiesta del risarcimento dei danni subiti.

In questo contesto va valutato anche il D.L. 29/05/2024, n. 69 convertito con Legge 29/05/2024, n. 241 che agevolando la possibilità di regolarizzare gli abusi diversi dalla assenza o totale difformità dal titolo abilitativo incide esclusivamente sulla cd. “commerciabilità economica”, poco o nulla sulla “commerciabilità giuridica” per la quale rimangono ferme le conclusioni cui si era giunti a seguito della sentenza della Cass. SS.UU. 22 marzo 2019 n. 8230, sopra citata.

Tale finalità è prontamente evidenziata nella stessa relazione illustrativa al Decreto in commento ove si legge che “appare … concreta e attuale la necessità di rimuovere situazioni di incertezza giuridica in merito allo stato di legittimità degli immobili con riferimento alle cd. ‘lievi difformità’ … difformità che spesso rallentano le operazioni di compravendita, in alcuni casi arrivando addirittura a comprometterle”

Non c’ è spazio, quindi, nel nuovo decreto per una semplificazione del procedimento di regolarizzazione di abusi quali l’assenza del titolo edilizio o la totale difformità, gli unici che possono compromettere la commerciabilità giuridica dell’edificio.

Pertanto, nulla di nuovo, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Salva-Casa, per il Notaio chiamato a stipulare un valido atto traslativo o divisionale.

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