24 Luglio 2024

Favorisca la bozza

Scene di film. Riproduzioni di quadri. Qualche calciatore del Milan.

Su consiglio di mio figlio, per evitare il triste effetto dello schermo spento, sul grande monitor della mia sala riunioni scorrono varie immagini che richiamano alcuni dei miei interessi principali, e aiutano tra l’altro a rompere il ghiaccio coi clienti, a trovare qualche punto di contatto e di empatia aldilà degli aspetti professionali, a farmi percepire come uomo prima che come collega.

Ovviamente questa non è la funzione principale dello schermo, che invece è destinato a proiettarvi l’atto mentre lo leggo, in modo che tutti possano seguirlo in diretta.

Ho impiegato anni ad arrivare a questo modus operandi, e ho approfittato di una ristrutturazione dello studio per metterlo in atto.

In realtà ero andato per approssimazioni successive. Dapprima (negli Anni 2000, appena diventato notaio) leggevo l’atto ad alta voce, come tutti, stando attento a “intonare” bene perché mio padre mi aveva presto fatto notare che, altrimenti, nessuno riusciva a seguire il senso, e quindi a comprendere gli aspetti giuridici e sostanziali. E, quindi, il rischio di perdere l’attenzione dei clienti era fortissimo.

Quindi, con l’avvento delle stampanti laser rapide e più accessibili, sono passato a distribuire copie dell’atto agli astanti, in modo che potessero leggerlo insieme a me. Ma il problema era che ciascuno tendeva a scorrere autonomamente l’atto, incurante della mia lettura ad alta voce. E, anche qui, “perdevo” il cliente – o, quanto meno, la sua attenzione.

Da quando proietto l’atto alle mie spalle, invece, ho raggiunto l’obiettivo di concentrare l’attenzione di tutti sulle medesime frasi contemporaneamente, di focalizzarsi sulle medesime clausole, di ragionare insieme “in diretta” sui punti da adattare.  Insomma, credo oggi di riuscire a indagare la volontà delle parti e a svolgere la funzione di adeguamento molto più efficacemente di 20 anni fa.

Ma tutto questo non basta, secondo me.

A costo di essere impopolare, voglio spezzare una lancia in difesa della bozza. Sì, della bozza condivisa in anticipo col cliente e, addirittura, coi suoi eventuali consulenti.

Anzi, credo proprio che il cliente che mi desidera abbia diritto di sapere prima che cosa firmerà. Così come è ormai pacifico che abbia diritto al preventivo, ma con una differenza: il preventivo è nel suo esclusivo (e sacrosanto) interesse, la condivisione della bozza è nell’interesse comune, del cliente che vuole essere informato e del notaio che non vuole sorprese né ritardi. Ma, a guardare ancora più a fondo, anche nell’interesse pubblico a che gli atti siano privi di errori (più facilmente rilevabili ex ante) e rispecchino il più fedelmente possible l’intento empirico delle parti.

Ritengo che abbia diritto di condividere il testo coi suoi consulenti, anche perché penso che dal rapporto proficuo tra professionisti ci sia solo da guadagnare (reciprocamente).

Sono convinto che un atto che è stato visto e studiato prima,  venga poi firmato con maggior consapevolezza (e non mi riferisco solo al caso di quel cliente che mi chiamò il giorno dopo la stipula per farmi una domanda “che si vergognava a fare davanti agli altri in sede di stipula”…).

Non penso affatto, quindi,  che il cliente che chiede la bozza in anticipo sia scortese. Né che non si fidi. Né – udite udite – che sia comunque obbligato a fidarsi alla cieca del notaio.

Il cliente ha diritto a capire, ha diritto a sapere prima, ha diritto a conoscere in anticipo (anche perché ognuno ha i suoi tempi, la sua cultura, la sua emotività), ha diritto a fare domande privatamente, ha diritto a proporre clausole, ha diritto a un po’ di tempo.

E, tra l’altro, la condivisione anticipata delle bozze ha l’effetto collaterale di abbreviare moltissimo la durata delle stipula, le sorprese e i litigi. Migliorando immensamente la qualità del nostro lavoro: e parlo di “qualità” perché una stipula che fila via serena ha il primo effetto di lasciare sereni tutti, notaio compreso, che è cosa ben più importante rispetto all’altro effetto collaterale di evitare ritardi e consentire una gestione più efficiente dell’agenda (propria e altrui).

Che, comunque, non è poco.

Certo, se il cliente destinatario della bozza è un pignolo ingegnere in pensione (absit iniuria verbis), qualche rischio lo corro. E se ha un avvocato di un certo tipo, so che mi arriveranno i mark-up che trasformano “parti” in “Parti” e “società” in “Società”, aggiungendo “fissi e infissi” e “a corpo e non a misura”, ma il gioco vale la candela. Quasi sempre.

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