29 Marzo 2024

Speciale Congresso di Torino: per una riforma dell’accesso le idee di Angiola Giordani

Ha preso finalmente il volo il dibattitto preliminare al Congresso nazionale che si svolgerà a Torino il 17 e il 18 di maggio. Su invito di Giancarlo Laurini, cui certo non sfuggiva la crucialità del tema, ha iniziato Giuseppe Ramondelli, forte della sua esperienza di commissario sul numero 5/2023 di Notariato. Sulla stessa rivista  (1/2024) hanno fatto seguito gli interventi di Arrigo Roveda e di Ugo Bechini, in sostanziale coincidenza di idee. E siamo in attesa di ricevere, sempre da Notariato, un fascicolo speciale interamente dedicato al tema e al Congresso. I tempi della stampa rischiano però di comprimere il dibattito ed è per questo che mettiamo a disposizione, di tutti e senza filtri, il nostro spazio online anche oltre la nostra abitudinale cadenza bisettimanale. Gli articoli avranno lo stesso titolo e si differenzieranno solo per l’autore. Ci aspettiamo una polifonia di interventi che rappresenti le idee dei colleghi più esperti, di chi ha responsabilità di insegnamento, di chi è fresco di vittoria (o di sconfitta) e di chi aspetta con ansia un esito. Non solo concorso, ma anche pratica, tirocinio e ogni altro momento significativo del percorso di accesso. E un grazie ad Angiola Giordani per aver rotto il ghiaccio.

a cura di Angiola Giordani

Ho riletto con grande interesse l’articolo di Arrigo Roveda sul Concorso e vorrei esprimere alcune riflessioni sull’argomento.

La pratica notarile

Concordo che la pratica notarile deve essere effettiva. Ma cosa vuol dire effettiva? 18 mesi di “lavoro” nello studio notarile come si fosse un dipendente (retribuito o non retribuito)?

No, io credo che il praticante debba imparare a svolgere anche il lavoro che svolgono normalmente i collaboratori di studio, ma sempre con la consapevolezza di andare oltre, di imparare appunto a fare il Notaio, il che vuol dire tutti i giorni, in ogni momento, saper decidere, saper effettuare delle scelte per risolvere i problemi giuridici che gli verranno sottoposti.

Chi mi ha accolto nel suo studio più o meno 40 anni fa mi ha insegnato che non è il praticante che deve servire al Notaio, ma viceversa è il Notaio che deve servire al praticante: la pratica è necessaria per confrontare ciò che si studia con la realtà di tutti i giorni, per far acquistare al praticante la dimestichezza necessaria a scrivere gli atti in scioltezza e a non perdere tempo prezioso alla prova di concorso per decidere come formulare una clausola oppure se si deve allegare o no un c.d.u., una situazione patrimoniale, una delibera di un ente, una copia conforme di qualsiasi documento.

La scrittura degli elaborati di concorso a mano o a computer non mi sembra un reale problema; certamente con l’uso del computer si avrebbe il vantaggio di una maggior speditezza nella lettura degli elaborati da parte della Commissione, e quindi una riduzione dei tempi di correzione, ma sarebbe necessario che il Ministero garantisse tutta l’attrezzatura necessaria, computer uguali e perfettamente funzionanti per ciascun candidato, riducendo a zero (ma proprio a zero) qualsiasi possibile contestazione per motivi “tecnologici”.

E poi, scusate, non è vero che nella vita reale dello studio notarile gli atti si scrivono a computer: gli atti non si scrivono, ma si “compongono” a computer sulla base degli schemi creati insieme con le software house. Quindi, sarà anacronistico ma ben venga che il praticante, in vista delle prove di concorso, faccia l’amanuense e si abitui a scrivere gli atti a mano, con la massima scioltezza dal “Repubblica Italiana” alle sottoscrizioni.

I commissari e le tracce

La scelta dei Commissari è sempre un momento molto difficile per la nostra categoria. Non scrivete, per favore, di spirito di servizio: decidere di offrirsi per tale incarico è davvero un gesto difficile, si molla lo studio, si ha una perdita economica secca, si anticipano pure le spese. Ben venga quanto ora annunciato dal nostro Presidente, ma non si può nemmeno dire “era ora”, perché si è già comunque in ritardo.

Non occorrono le “menti” del Notariato per fare i Commissari, tutti i Notai hanno la preparazione per poterlo fare. Certamente è necessario equilibrio e capacità di mediazione, la stesura degli elaborati e poi la successiva correzione comportano un lavoro e un confronto continuo con Commissari mai conosciuti prima, ognuno ha la sua testa, la sua personalità e bisogna saper smussare le divergenze e collaborare.

La Commissione si riunisce alle 6 di mattina del giorno fissato per la prima prova scritta. Ogni Commissario dovrebbe portare un’ipotetica traccia per ciascuna delle tre prove.

Dopo la triste esperienza del concorso sospeso e annullato a novembre 2010, le tracce predisposte da ciascun Commissario dovrebbero venire discusse, elaborate e riassemblate con l’apporto di tutti, in modo che non succeda più che passi in toto la traccia proposta da un unico Commissario, sulla falsariga magari di una analoga già risolta in qualche Scuola, come purtroppo avvenuto allora.

I Commissari sono tutti seri, sono tutti affidabili, ma è meglio non fidarsi troppo…

Quando la Commissione esce finalmente dal bunker dopo un tempo di cinque/sei ore (che ai candidati sarà sembrato eterno) deve aver partorito 3 tracce di diritto civile, 3 tracce di diritto commerciale e 3 tracce mortis causa, che saranno poi estratte a sorte.

È fantascientifico ipotizzare delle tracce in grazia di Dio: più che astruse, saranno scoordinate. Per redigere delle tracce con maggiore logica, occorrerebbe più tempo alla Commissione (ma quando devono riunirsi?  la notte prima degli esami?), aumentando così il rischio di… fughe di notizie.

La preparazione

Tanto di cappello ai Colleghi che hanno saputo trasformare le loro abilità didattiche in un fiorente business, ma spesso le tracce proposte dalle Scuole sono estremamente complesse, forse anche più di quelle del concorso.

Comunque, bisogna riconoscere che le Scuole sfornano qualche centinaio di concorrenti effettivamente preparatissimi, che hanno la convinzione che per affrontare l’esame si deve sapere tutto, ma proprio tutto, e poi vanno nel panico se al concorso viene proposto un caso che non abbiano già preso in considerazione.

Dopo l’indispensabile studio matto e disperatissimo a cui i praticanti si sottopongono, forse non sarebbe male un ripasso “dei fondamentali”, della teoria generale del contratto, che può fornire gli strumenti necessari per affrontare anche il caso che non si è già puntualmente studiato e risolto.

La preparazione teorica ci deve essere, e non può essere bypassata dalla preparazione pratica e dalla dimestichezza con certificati catastali, anagrafici e note di trascrizione.

Le Scuole sicuramente forniscono la preparazione teorica (sia pure con una pressione psicologica davvero molto forte); qualche concorrente eccellente riesce anche da solo a superare il concorso, senza frequentare le Scuole.

Ma a fronte di qualche centinaio di concorrenti davvero bravissimi, la media dei partecipanti ha un livello di preparazione abbastanza deludente: non si può trovare scritto nella motivazione degli elaborati di concorso che la transazione non è un contratto a titolo oneroso perché non c’è il pagamento di un prezzo… Non occorre scrivere trattati di diritto civile, ma almeno che non siano scritte sciocchezze.

Certamente il numero dei concorrenti che non ha l’effettiva preparazione per poter concorrere al superamento del concorso appesantisce di molto i tempi di correzione, ma la scrematura tramite la preselezione effettuata negli anni passati non ha dato i risultati sperati.

E non andrei ad aggiungere una prova in lingua straniera, la selezione rimanga su temi giuridici, magari le prove si svolgano con modalità diverse (più spazio alla motivazione? meno spazio alla parte teorica?): già è difficile avere un numero di idonei sufficienti a coprire i posti che vengono messi a concorso.

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