19 Maggio 2023

Equo compenso: quadro normativo, ambito di applicazione e modalità di calcolo

di Eugenio Stucchi

Sintesi: La norma sull’equo compenso entra in vigore il 20 maggio 2023[1]. Essa si applica a tutti i rapporti con imprese bancarie e assicurative, società da queste controllate o loro mandatarie, imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico abbiano impiegato più di 50 dipendenti o presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, pubbliche amministrazioni o società a partecipazione pubblica di cui al D.Lgs. 175/2016. In sostanza medie o grandi imprese.

Per gli atti di valore determinato, l’onorario “equo” si determina per scaglioni di valore risultanti da apposite tabelle con aliquote “secche” che risultano inversamente proporzionali al valore dell’atto. Ogni scaglione è delimitato da un valore minimo ed un valore massimo e prevede un valore medio di riferimento. Ad ogni valore minimo, massimo ed intermedio è associata la relativa percentuale da applicare per il calcolo. E’ possibile determinare con esattezza l’onorario equo anche per valori a loro volta a metà strada tra minimo e medio o tra medio  e massimo, applicando una specifica proporzione.

Per gli atti di valore indeterminato è prevista una specifica tabella con minimi e massimi indicativi.

Agli onorari così determinati sono poi da aggiungere contributi e rimborso delle spese di studio determinabili anche in via forfettaria.

Quadro normativo ed entrata in vigore

Scarica le Tabelle sull’Equo Compenso (PDF)

La Legge intitolata “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (Legge 21 aprile 2023, n. 49) è stata finalmente Pubblicata in Gazzetta Ufficiale e precisamente nel n.104 del 5 maggio 2023, ed entrerà in vigore il 20 maggio 2023.

La norma si propone di prevedere la corresponsione di un compenso cosiddetto “equo” in quanto proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.

Tale compenso nel suo ammontare deve essere conforme ai valori che – per quanto riguarda i notai – sono previsti dai decreti ministeriali emanati in esecuzione di una norma in realtà antecedente, la medesima che dispose l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate, contenuta nell’articolo 9 secondo comma del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1.

Ad oggi l’unica norma emanata in esecuzione di tale previsione per i notai è ancora il “vecchio” Decreto del Ministero della Giustizia del 20 luglio 2012 n.140, modificato nelle tabelle ad esso allegate, dal successivo art. 2, comma 1, del Decreto del Ministero della Giustizia del 2 agosto 2013, n. 106, a decorrere dal 24 settembre 2013, destinato si spera ad essere aggiornato nel breve periodo ed a cui per completezza è da aggiungere il Decreto del Ministro della Giustizia 27 novembre 2012, n. 265,  adottato sempre in forza del medesimo art. 9, che ha stabilito i parametri per oneri e contribuzioni alla Cassa Nazionale del Notariato e agli Archivi Notarili.

Ambito soggettivo

Dal punto di vista dell’ambito di applicazione è bene precisare che ad oggi la norma si applica unicamente ai rapporti con imprese bancarie e assicurative, società da queste controllate o loro mandatarie, imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico abbiano impiegato più di 50 dipendenti o presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, pubbliche amministrazioni o società a partecipazione pubblica di cui al D.Lgs. 175/2016.

In sostanza ed in sintesi si applica nei confronti di medie o grandi imprese e pubbliche amministrazioni.

Nota problematica può essere il fatto che se la natura “bancaria” o “assicurativa” o “pubblica” di un ente sia facile da determinare può non essere immediato conoscere i ricavi od i dipendenti impiegati da una determinata società e di conseguenza richiedere o meno l’applicazione cogente della norma, anche in considerazione del fatto che l’applicazione o pattuizione di compensi non conformi a quelli previsti dalla norma può causare illecito disciplinare a carico del notaio, nullità di clausole ed indennizzi a carico del cliente.

Ambito oggettivo

La norma non contiene limitazioni per quanto riguarda l’ambito oggettivo e si riferisce a tutta l’attività prestata dal notaio senza eccezioni, in sintesi a qualsiasi attività che si concreti in una prestazione d’opera intellettuale. Più in generale si applica ai “rapporti professionali” e ad ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo instaurato sia con il singolo notaio che in forma associata. Un punto di attenzione merita l’attività di mera consulenza ed assistenza che se menzionata – seppur obiter tantum – nella norma primaria (art.3, II comma, lett. i)), non trova poi un richiamo tabellare nel decreto ministeriale “attuativo”. Nelle more di una eventuale integrazione de iure condendo, pare consigliabile disciplinare in apposito accordo il compenso relativo all’attività di mera consulenza cercando di attribuire alla stessa il valore relativo al possibile  “contratto” che eventualmente o ipoteticamente potrà essere stipulato in esito alla stessa, eventualmente adeguandone  l’importo rispetto al contratto stipulato.

La nullità delle clausole difformi

Eventuali accordi o clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti sono per espressa disposizione normativa nulle, con nullità tuttavia – come già visto anche in altri ambiti – che opera solo a favore del professionista ma rilevabile per contro anche d’ufficio.

La lettera della norma sembra sanzionare solo gli importi “inferiori” a quelli previsti, non invece eventuali importi superiori eventualmente accettati dal cliente.

Vi è poi un elenco di varie ipotesi specifiche di nullità tra cui si ricordano come nulle le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l’anticipazione di spese nonché tra le altre le clausole che consistano:

nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
nell’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
nell’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito;
nell’anticipazione delle spese a carico del professionista;
nella previsione di clausole che impongono al professionista la rinuncia al rimborso delle spese connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione;
nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
nella previsione che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto.

Chiaramente tali nullità si riferiscono a rapporti disciplinati da appositi accordi quadro tra professionista e impresa cosa senz’altro non obbligatoria.

L’impugnazione

Eventuali accordi in contrasto possono essere impugnati dal professionista innanzi al Tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata. Per i notai sembrerebbe competente il Tribunale del luogo in cui è fissata la sede del Notaio.

Il parere del CND e l’indennizzo

In caso di accertamento di una violazione della norma il Tribunale procede alla rideterminazione secondo i parametri previsti  e può chiedere, se necessario, all’Ordine di appartenenza del professionista un parere sulla congruità del compenso. Può anche essere previsto un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza tra compenso pattuito e compenso “equo”, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno.

Aggiornamento biennale dei parametri

Per espressa previsione i parametri di riferimento delle prestazioni professionali sono aggiornati ogni due anni su proposta del Consiglio Nazionale.

Potere di azione al CNN

Il Consiglio Nazionale sembrerebbe l’unico soggetto legittimato ad adire l’autorità giudiziaria competente qualora ravvisi violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso in quanto la norma sembra limitare tale legittimazione attiva ai singoli “Consigli Nazionali”. Sembrerebbe non prevista per lo meno in via diretta una legittimazione dei Consigli Distrettuali.

L’obbligo di norme deontologiche

I comportamenti del professionista che violino le norme in oggetto sono sanzionabili disciplinarmente sulla base di norme che il Consiglio Nazionale è obbligato ad adottare. Nella specie saranno sanzionabili i comportamenti che contravvengano l’obbligo di convenire o preventivare un compenso giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti, nonché contravvengano l’obbligo di avvertire il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della legge.

La possibilità di accordi quadro

La norma consente alle medesime imprese e pubbliche amministrazioni verso cui trova applicazione, di stipulare eventuali accordi quadro con i Consigli Nazionali degli ordini professionali al fine di disciplinare in modo puntuale i compensi per singole prestazioni. In tal caso tali accordi e compensi si presuppongono equi e conformi salva prova contraria, pur sempre possibile.

L’efficacia di titolo esecutivo del parere di congruità

Da segnalare il fatto che il parere di congruità emesso dall’Ordine professionale, se rilasciato nel rispetto delle procedure di rito, ha efficacia di titolo esecutivo per la liquidazione dei compensi dovuti al notaio.

Come si calcolano i compensi “equi”?

La modalità di calcolo del compenso merita attenzione in quanto è organizzata con caratteristiche almeno in parte inedite per il notariato abituato con le vecchie tariffe a tabelle puntuali con valori assoluti per ciascuno scaglione di valore.

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Dal punto di vista della determinazione quantitativa dei compensi sono allegate al Decreto Ministeriale attuativo della legge quattro tabelle:

Tabella “A” dedicata agli atti immobiliari;
Tabella “B” dedicata agli atti mobiliari;
Tabella “C” dedicata agli atti societari;
Tabella “D” dedicata agli altri atti privi di valore determinato a sua volta distinta in parte “a)” (atti non procedimentalizzati) e parte “b)” (atti procedimentalizzati).

Spese e contributi da aggiungere

Prima di addentrarsi nei dettagli è bene sottolineare che nei compensi non sono comprese le spese da rimborsare secondo qualsiasi modalità, compresa quella concordata in modo forfettario. Non sono altresì compresi oneri e contributi dovuti a qualsiasi titolo. Per i Notaio quindi saranno da aggiungere all’onorario risultante dalle tabelle le seguenti voci:

Cassa di Previdenza;
Contributi al Consiglio Notarile, al Consiglio Nazionale, al Fondo di Garanzia, il contributo per la messa a repertorio.

oltre al rimborso delle spese vive.

Gli scaglioni e le aliquote

Le prime tre tabelle si riferiscono ad atti con valore determinato e si presentano organizzate per scaglioni a seconda del valore dell’atto a cui sono applicate percentuali che determinano l’onorario equo che variano in maniera inversamente proporzionale al valore dell’atto, e in sostanza decrescono al crescere del valore dell’atto.

Un primo dubbio interpretativo è quello di comprendere se si tratti di scaglioni con aliquote “secche” ovvero “marginali”. In sostanza: se un atto appartiene al terzo scaglione si dovrà applicare in modo “secco” solo la “terza” aliquota ovvero si dovranno applicare tutte e tre le aliquote proporzionalmente?

Se la lettera della norma sembra lasciare poco spazio all’applicazione di aliquote “marginali” o proporzionali[2], le prime tabelle allegate al Decreto lasciavano invece spazio a dubbi in quanto per alcuni sporadici ma rilevanti casi applicando le aliquote in modo secco vi era l’assurdo di avere valori di scaglioni superiori che determinavano però onorari inferiori a quelli dello scaglione precedente facendo immaginare pertanto di essere basati su aliquote progressive marginali dove tale incongruenza non si verificava.

Con le nuove tabelle emanate successivamente tale incongruenza non sussiste più lasciando ci parrebbe poco spazio alla possibilità di considerare le aliquote come marginali e progressive.

Tutto l’impianto poi come si vedrà delle modalità di determinazione degli onorari all’interno del singolo scaglione sembra militare a favore di aliquote secche.

Una secondo elemento di attenzione è dato dal fatto che ogni scaglione è suddiviso e organizzato con inedita modalità come segue:

viene dato un valore minimo, un valore massimo e un valore medio per ogni singolo scaglione. Al valore medio è quindi associata una percentuale, la quale poi può essere aumentata man mano proporzionalmente all’eventuale decrescere del valore dell’atto, ovvero ridotta man mano proporzionalmente all’eventuale crescere del valore dell’atto.

Si prenda, per esempio, il secondo scaglione della tabella “A” atti immobiliari il quale così dispone:

da euro 25.001,00 a euro 500.000,00 – valore medio: euro 262.500,00 – percentuale riferita al valore medio: 1,078% del valore dell’immobile forbice: aumento sino al 5,990%; riduzione fino allo 0,653%;

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In sostanza lo scaglione si applica da euro 25.001,00 a euro 500.000,00 con un valore considerato “medio” di Euro 262.500,00. Per detto valore medio sarà da applicarsi una percentuale del 1,078% con pertanto un onorario al netto di contributi e rimborsi spese di Euro 2.829,75. La percentuale da utilizzare per il calcolo potrà decrescere fino allo 0,653% per un atto del massimo valore di Euro 500.000,00 con quindi un onorario di Euro 3.265,00 ovvero crescere sino al 5,990% per un atto del valore minimo di Euro 25.001,00 con in tal caso un onorario di Euro 1.497,55. Come si vede gli scaglioni sono molto molto ampi.

La determinazione proporzionale del compenso

Per tutti i casi intermedi è necessario determinare proporzionalmente l’aliquota applicabile. Tale determinazione proporzionale avviene con una apposita formula che si riporta in nota[3], e che consente di estrapolare le percentuali per qualsiasi valore intermedio in sostanza applicando una proporzione.

Per facilitare tali operazioni abbiamo riproposto qui a seguire alcune tabelle organizzate sui familiari scaglioni repertoriali con i quali è comunque necessario “fare i conti” al fine di determinare oneri e contributi.

Qualora si volesse determinare ulteriormente con maggiore precisione l’onorario per valori che siano ancora intermedi agli scaglioni repertoriali è necessario applicare detta formula tenendo come basi della proporzione non i valori estremi “minimo” “massimo” dello scaglione bensì i valori di atto e di compenso “minimo-medio” o “medio-massimo” all’interno del quale si situa il valore di cui si vuole determinare il relativo compenso. Uno sguardo alle tabelle può aiutare. 

Attenzione al valore dell’atto

I compensi “equi” come accennato dipendono dal valore della prestazione resa. Per il notaio pertanto detto valore dipende dal valore dell’atto da compiersi. Vale la pena ripercorrere il disposto normativo perché alcuni criteri di determinazione del valore sono almeno in parte difformi da quelli usuali. Secondo la norma infatti per valore di riferimento si intende:

per gli atti relativi a beni immobili e a beni mobili: il valore del  bene indicato nell’atto ovvero desumibile dallo stesso, o, in mancanza,  quello di mercato;
per le prestazioni di garanzia reale o personale: l’entità del credito garantito e sembrerebbe non della garanzia ipotecaria anche qualora essa sia più elevata come invece disposto dal D.M. 27 novembre 2012, n. 265, vale a dire dal regolamento per la determinazione dei parametri per gli oneri e le contribuzioni alla Cassa e all’ Archivio notarile; in tal caso si ritiene l’equo compenso sarà determinato sulla base dell’entità del credito garantito, mentre Tassa Archivio e contributi saranno determinati sulla base del parametro corrispondente al valore della garanzia prestata qualora più alto. L’onorario complessivo totale si ripete dovrà risultare dalla somma di tali valori presi da scaglioni in questo caso differenti.
per i contratti di affitto e di locazione: l’importo del canone pattuito per la durata del contratto fino alla prima scadenza da ritenersi come “scadenza del contratto” e non ovviamente della rata;
per gli atti societari: il valore dell’oggetto dell’atto come indicato dalle parti o desumibile dall’atto o, in mancanza, quello di mercato;
in  ogni altro caso l’atto si considera di valore indeterminato.

Per completezza si accenna da ultimo agli atti privi di valore, i quali sono divisi nelle inedite categorie di atti “non procedimentalizzati”  e “procedimentalizzati” con onorari determinati su due distinti e rispettivi scaglioni fissi, all’interno dei quali non sono dati criteri specifici su come determinare il singolo onorario. Soccorrono a tal fine i criteri generali di quantità e qualità del lavoro svolto, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione professionale.

Note

[1] Per un approfondimento delle tematiche qui succintamente trattate si veda GIANCARLO LAURINI – LUIGI ONETO, I compensi e i costi di produzione degli atti notarili, seconda edizione, Wolters Kluwer, Milano, 2022. Si veda anche il capitolo 5 relativo alla stima e determinazione forfettaria dei costi di studio.

[2] vedasi l’art.32 comma 1 del DM 20 luglio 2012, n. 140 in vigore dal 24 settembre 2013 il quale così dispone: “Ai fini della liquidazione, l’organo giurisdizionale tiene conto, orientativamente, per ciascuna categoria di atti, della percentuale riferita al valore medio dell’atto come indicata nelle allegate tabelle A-Notai, B-Notai, C-Notai. Il compenso è liquidato, di regola, in una percentuale del valore reale dell’atto compresa nella forbice indicata in tabella, con aumento ovvero diminuzione, rispetto a quella riferita al valore medio, in misura inversamente proporzionale all’aumento o alla diminuzione del valore stesso.

[3] Trattasi della formula della cosiddetta interpolazione lineare che consente di estrapolare valori non noti di una funzione a partire da alcuni elementi noti.
Onorario equo = Onorario più Elevato – (Onorario più Elevato – Onorario più Basso) x (Valore più Alto – Valore dell’Atto in oggetto) / (Valore più Alto – Valore più Basso)

Per esempio una compravendita da Euro 300.000,00 avrà la seguente formula:

Onorario “Equo”= Onorario “alto” (500.000 x 0,653%) – (Onorario “alto” (500.000 x 0,653%) – Onorario “basso” (262.500×1,078%)) x (Differenza tra il valore “alto” e il valore dell’atto dell’atto in oggetto (500.000,00-300.000,00)) /Differenza tra i valori di scaglione “alto” e “basso” (500.000,00 – 262.500,00) = 2.898,47 Euro a cui si ripete sono da aggiungere  le spese, oneri e contributi dovuti a qualsiasi titolo.

 

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