31 Marzo 2023

Trascrivibilità del negozio di accertamento dell’usucapione

Con ordinanza del 20 dicembre 2022 (n. 11046/2022 R.G. V.G. ) il Tribunale di Milano, sulla scia di una precedente sua pronuncia (ordinanza n. 2477/19 del 27 settembre 2019), respinge il reclamo proposto, ai sensi degli artt. 113-bis, disp. att., c.c., 745 c.p.c. e 2674, comma 2, c.c., da un notaio (e da una parte dell’atto) contro il rifiuto dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio del Territorio – Servizio di Pubblicità Immobiliare di Milano 1, di trascrivere atto portante “negozio di accertamento di avvenuto acquisto per usucapione ordinaria”.

L’Ufficio rifiuta la trascrizione motivando che “L’accertamento per usucapione deve essere fatto con mediazione oppure con sentenza”, escludendo di conseguenza la trascrivibilità di qualsiasi accertamento negoziale di intervenuta usucapione, raggiunto al di fuori di un accordo di mediazione (In tal senso: Tribunale di Modena provvedimento del 7 maggio 2021 R.G. n. 1135/2021; Tribunale di Milano provvedimento del 17 settembre 2019 R.G. n. 10608/2019; Tribunale di Lecce provvedimento del 11 ottobre 2016 Cron. n. 5333/2016 e successiva Corte d’Appello di Lecce provvedimento del 13 ottobre 2017 Cron n. 1748/2017; Tribunale di Roma provvedimento del 24 maggio 2017 R.G. n. 11848;  Tribunale di Messina provvedimento del 1 aprile 2015 R.G. n. 113/2015; Tribunale di Macerata provvedimento del 11 marzo 2015 R.G. n. 2737/2014;  Tribunale di Prato provvedimento del 28 febbraio 2015 R.G. Cron. 648/2015).

Secondo i ricorrenti il rifiuto è illegittimo in quanto il legislatore avrebbe previsto la trascrivibilità del negozio di accertamento, proprio con l’introduzione dell’art. 2643 I comma c.c. n. 12 bis e l’accordo conciliativo avrebbe ad oggetto “l’accertamento tra le parti dei presupposti su cui si fonda l’usucapione con effetti preclusivi rispetto ai fatti accertati, tra le stesse parti e i loro aventi causa”.

A sostegno della trascrivibilità del negozio di accertamento, i ricorrenti richiamano anche la nuova disciplina in materia di negoziazione assistita, di cui all’art. 5 DL 132/14 comma 3 secondo cui “se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” con conseguente possibilità di trascrivere un accordo di negoziazione assistita tra coniugi avente ad oggetto usucapione a favore di uno dei coniugi.

Il Tribunale di Milano, ritenuto non fondato il reclamo, lo respinge per le seguenti ragioni.

La disciplina di cui all’art. 2643 c.c n. 12 bis costituisce un’eccezione al principio di cui all’art. 2651 c.c. secondo cui gli acquisti per usucapione possono essere trascritti solo se accertati giudizialmente. Non è possibile dunque applicare estensivamente detta disciplina al di fuori dell’ipotesi per cui è stata introdotta e cioè gli accordi di mediazione trascritti giudizialmente, accordi il cui obiettivo è la deflazione del contenzioso.

Il negozio di accertamento dell’acquisto della proprietà per usucapione non produce alcuno degli effetti di cui all’art. 2643 c.c. Infatti, l’usucapione per essere trascrivibile deve avere ad oggetto un fatto oggetto di accertamento giudiziale. Il negozio di accertamento tra le parti non trasferisce la proprietà del bene che si acquista a titolo originario.

Né peraltro può invocarsi l’art. 2643 c.c. n. 13 non vertendosi in ipotesi di transazione tra le parti.

Infine, non rileva ai fini dell’accoglimento del reclamo, sempre secondo il Tribunale di Milano, nemmeno un “accordo che accerti l’usucapione a favore di uno dei due coniugi” nell’ambito della disciplina della negoziazione assistita, trattandosi di ipotesi che secondo la ricostruzione dei reclamanti è conseguenza dell’applicabilità dell’art. 2643 c.c n. 12 bis.

Con la sopracitata ordinanza del Tribunale di Milano ritorna in auge il tema della trascrivibilità del negozio di accertamento di intervenuta usucapione raggiunto al di fuori di un accordo di mediazione, tema già oggetto di interesse sia in dottrina che in giurisprudenza, dapprima con l’introduzione della conciliazione delle controversie civili e commerciali, di cui al D.lgs 4 marzo 2010 e poi con l’introduzione dell’art. 2643  n. 12 bis codice civile.

Occorre anzitutto evidenziare come il negozio che abbia ad oggetto l’accertamento (tra le parti) del verificarsi dei presupposti dell’usucapione sia cosa (totalmente) diversa dalla sentenza di accertamento dell’usucapione, trascrivibile ex art. 2651 codice civile.

È stato in passato molto discusso, ma prevalentemente escluso, che i negozi di accertamento, aventi ad oggetto diritti immobiliari, potessero essere trascritti al fine dell’opponibilità “erga omnes” del diritto immobiliare accertato.

Dopo la novella del 2013 sulla trascrivibilità degli accordi di mediazione di accertamento di intervenuta usucapione, il dubbio è stato superato per questa fattispecie(lasciando, però, irrisolte alcune problematiche ermeneutiche con riguardo all’accertamento negoziale di usucapione raggiunto al di fuori della mediazione), inaugurando, così, in seno al sistema, nuovi scenari.

Alla luce di siffatta novità legislativa, ci si è chiesti, se possa considerarsi definitivamente ammessa la trascrivibilità del negozio di accertamento immobiliare ed in particolare, la trascrivibilità del negozio di accertamento di intervenuta usucapione raggiunto al di fuori di un accordo di mediazione ovvero se ne debba escludere la trascrivibilità, avendo la norma, sopra citata, natura eccezionale e di strettissima interpretazione.

Superate le precedenti chiusure verso la trascrizione di accordi privati diretti ad accertare la maturata usucapione, si pone l’esigenza di attentamente apprezzare la portata di tale pubblicità onde comprenderne la reale funzione e cogliere le rilevanti differenze che intercorrono con le ipotesi dell’accertamento giudiziale.

La trascrizione del contratto di accertamento è stata ritenuta una formalità non necessaria, non comportando, per sua natura, il trasferimento o la costituzione di diritti; e ciò, anche nell’ipotesi in cui il contratto di accertamento investa diritti reali immobiliari, ovvero atti in genere soggetti a trascrizione (Nicolò, La trascrizione, Milano, 1973, I, 152; Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949, p. 298; Cass. 13 maggio 1950 n. 1229; App. Catanzaro 16 maggio 1953; Cass. 16 luglio 1981 n. 4653). E ciò perché, comunque, la situazione giuridica accertata continua a trovare la propria fonte nell’atto o nel fatto che l’ha originariamente generata.

Per la verità, è da ritenersi senz’altro escluso che il contratto di accertamento debba essere trascritto agli effetti dell’art. 2644 Codice civile (salva l’ipotesi che sarà qui di seguito indicata), tenuto conto, che a detto contratto si ricollegano effetti di natura comunque dichiarativa che di per sé portano ad escludere la necessità della trascrizione. Prova ne sia che lo stesso art. 2643, n. 14, codice civile richiede la trascrizione delle sentenze costitutive, modificative o traslative di un diritto immobiliare, ma non anche di quelle che si limitano ad accertare l’esistenza di uno di questi diritti.

Neppure in questo caso, poi, può essere invocato il disposto di cui all’art. 2643, n. 13, che richiede la trascrizione della transazione che ha per oggetto controversie in materia di diritti reali immobiliari, trattandosi di disposizione di natura eccezionale.

Pur tuttavia non si può dire che la trascrizione del contratto di accertamento non sia mai necessaria; e, comunque, in alcuni casi potrà risultare perlomeno opportuna, anche se a fini diversi da quelli della opponibilità ai terzi o della continuità delle trascrizioni.

Si segnala al riguardo un interessante studio del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 176/2008 “Negozi accertativi in materia immobiliare, tipologia, eventuali limiti all’autonomia privata. Problemi di pubblicità immobiliare specie per il negozio che accerti l’usucapione. Usucapione “dichiarata” dal cedente e atti dispositivi” approvato dalla Commissione Studi Civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato in data 28 marzo 2008 di G. Baralis), ove se ne evidenziano le differenze, sottolineando come:

a) – l’usucapione dichiarata negozialmente non si affranca dal principio di cui all’art. 2650 codice civile perchè verrebbe seriamente compromesso uno dei principi cardine della pubblicità immobiliare; al contrario se ne affranca, invece, la pubblicità della sentenza dichiarativa dell’usucapione, non richiesta certamente ai fini della continuità o per fondare, con debita pubblicità, una nuova catena di trascrizioni.

b) – con il negozio di accertamento dell’usucapione non si può avere l’effetto della cosiddetta usucapio libertatis: la giurisprudenza è ferma nel ritenere che la sentenza travolge ogni eventuale diritto del creditore ipotecario sia o non sia la garanzia reale iscritta prima del maturare del termine dell’usucapione (e altrettanto per il pignoramento e il decreto di trasferimento in sede di esecuzione forzata); risultato, questo, impensabile sulla base di un negozio che “dichiara” l’usucapione.

c) – il negozio non può avere retroattività reale a differenza dell’usucapione accertata dal giudice;

d) – l’acquisto per usucapione, giudizialmente accertata, travolge l’atto di alienazione di chi appare dominus nei RR. II, anche se questo titolo fosse di data antecedente alla domanda di usucapione e addirittura indipendentemente dalla trascrizione della sentenza, non così per l’atto di autonomia privata.

Fin da subito in dottrina furono chiari gli effetti della trascrizione di cui all’Art. 2643 n. 12-bis e la sua collocazione nel sistema rispetto all’usucapione, quale modalità di acquisto a titolo originario, che, per il sistema della pubblicità immobiliare, richiede una pronuncia giudiziaria, la cui trascrizione, regolata dall’art. 2651 cod. civ., ha valore di pubblicità notizia.

E’ stato in particolare sottolineato (si veda lo Studio n. 718-2013 “La trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione” di Krogh M. – approvato dall’Area Scientifica – Studi Civilistici il 24 ottobre 2013 e dal Consiglio Nazionale del Notariato il 31 gennaio 2014, di cui si riportano in sintesi i punti salienti), come con l’introduzione del cit. n. 12-bis nel sistema della pubblicità immobiliare, l’usucapione si pone al centro di una pluralità di fattispecie, che realizzano effetti diversi tra le parti e rispetto ai terzi e, così, in via esemplificativa essa:

1) – può essere oggetto di una pronuncia giudiziaria e la sua trascrizione produrrà gli effetti previsti dall’art. 2651 codice civile (pubblicità notizia).

2) – può essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ. avrà gli effetti di cui all’art. 2644 cod. civ., laddove sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni;

3) – può essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ., avrà meri effetti prenotativi, ai sensi dell’art. 2650 cod. civ., laddove il soggetto usucapito che ha sottoscritto l’accordo non risulti legittimato in base ad un titolo debitamente trascritto nei registri immobiliari;

4) – può essere oggetto di un atto negoziale di mero accertamento, anche al di fuori di una procedura conciliativa, con effetti meramente preclusivi, che potrà essere trascritto ai sensi dell’art. 2645 cod. civ., che ha arricchito il suo contenuto in ragione dell’introduzione del n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ.;

5) – il riconoscimento dell’usucapione può essere oggetto di un accordo transattivo soggetto a trascrizione ai sensi del n. 13 dell’art. 2643 cod. civ. ed i cui effetti saranno regolamentati dagli artt. 2644 e 2650 cod. civ.

In tale prospettiva l’accordo conciliativo, quindi, non ha ad oggetto il trasferimento di diritti ma ha ad oggetto l’accertamento tra le parti dei presupposti su cui si fonda l’usucapione con effetti preclusivi rispetto, ai fatti accertati, tra le parti stesse e loro aventi causa.

L’applicazione delle regole sugli acquisti a titolo derivativo all’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione determina, in buona sostanza, conseguenze tra le parti e rispetto ai terzi significativamente diverse rispetto al medesimo accertamento contenuto in una sentenza.

La soluzione del conflitto d’interessi tra presunto usucapiente e terzi, secondo il meccanismo degli artt. 2644 codice civile e 2650 codice civile costituisce la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione, disciplinata dall’artt. 2651 codice civile e gli effetti della pubblicità dell’accordo conciliativo de quo.

Nel sistema della pubblicità immobiliare l’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione, per la sua collocazione all’interno dell’art. 2643 codice civile, non sarà titolo idoneo a dare vita ad una nuova catena di legittimi titoli di proprietà (o di altri diritti) da far valere erga omnes e con presunzione assoluta rispetto ai terzi, ma sarà titolo di acquisto con gli effetti di cui agli artt. 2644 codice civile e 2650 codice civile che, per volontà del Legislatore, dovrà collocarsi, per produrre i suoi effetti nei confronti dei terzi, all’interno di una catena di legittimi titoli che troverà la sua origine in un diverso titolo di acquisto originario.

Un successivo Studio del CNN del 2016, tornando sull’argomento alla luce delle sentenze del Tribunale di Avellino del 13 marzo 2015 e della Corte di Appello di Reggio Calabria del 12 novembre 2015, di cui meglio si scriverà infra, ha ribadito che mentre la sentenza di accertamento dell’usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente, al quale i terzi non potranno opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 codice civile e 2650 codice civile, l’accordo conciliativo attribuirà all’usucapiente un diritto che potrà far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, dacché, laddove non partecipino all’accordo tutti coloro che appaiono titolari della proprietà (o di altro diritto reale) del bene usucapito sulla base di legittimi titoli trascritti, gli effetti prodotti dalla trascrizione dell’accordo saranno meramente prenotativi, secondo quanto disposto dal 2 comma dell’art. 2650 codice civile.

Al riguardo, in dottrina si è affermato che per una precisa scelta di politica legislativa, si è confinato l’accordo conciliativo in materia di usucapione all’interno di una vicenda che riguarda le sole parti che intervengono all’accordo rendendola inopponibile ai terzi che vantano titoli trascritti o iscritti, che in qualche modo possano essere pregiudicati dall’accordo stesso e tutto ciò rappresenta un “minus” rispetto all’usucapione giudizialmente accertata.

Il Tribunale di Avellino, con la decisione del 13 marzo 2015, dato conto degli orientamenti giurisprudenziali precedenti l’introduzione della trascrizione prevista dal n. 12, dell’art. 2643, codice civile, ha rilevato che “la pur rilevante previsione della trascrizione prevista dal citato n. 12-bis non cambia l’assoluto diverso valore della sentenza di accertamento dell’usucapione e dell’accordo di mediazione, in quanto la sentenza di accertamento dell’usucapione e l’accordo di mediazione accertativo dell’usucapione sono due fattispecie che operano su due piani nettamente distinti quanto al contenuto e quanto agli effetti“.

A tal proposito, il Giudice di merito ha richiamato la posizione espressa sul punto dalla dottrina sottolineando che essa “ha, infatti, evidenziato che la nuova norma (il 12-bis) è collocata tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 codice civile, i cui effetti della pubblicità sono regolati dai principi contenuti negli artt. 2644 e 2650 codice civile, che nettamente si distinguono rispetto agli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione regolata, invece, dall’art. 2651 codice civile. Questa nuova situazione giuridica della collocazione della nuova norma all’interno dell’art. 2643 codice civile, e, dunque, tra gli acquisti a titolo derivativo, e non quale disposizione integrativa dell’art. 2651 codice civile che disciplina gli effetti della trascrizione della sentenza di usucapione (quindi acquisto a titolo originario) ha portato ad un vivace dibattito sulla natura della usucapione non “giudizialmente dichiarata” ed in particolare, se la stessa sia da considerarsi un acquisto a titolo originario, derivativo ovvero un “tertium genus” con peculiarità proprie.

Sul punto la dottrina di ispirazione notarile argomenta che risultando trascrivibile l’accordo raggiunto in sede di mediazione/conciliazione ai sensi dell’art. 2643 codice civile e non dell’art. 2651 codice civile, potrebbe per l’appunto ipotizzarsi la nascita di un tertium genus in ordine ai conseguenti effetti nei confronti dei terzi, fra l’acquisto a titolo originario e quello a titolo derivativo: l’usucapione accertata giudizialmente impone la verifica del possesso protratto per un certo tempo e della sussistenza degli altri requisiti di volta in volta richiesti dalla legge, mentre, in caso di accordo conciliativo accertativo, ai fini della opponibilità ai terzi occorrerà necessariamente curare la continuità delle trascrizioni.

La conseguenza, afferma sempre il Tribunale di Avellino, non è di poco momento. Infatti, con l’accordo in esame non può operare l’effetto liberatorio, legato alla retroattività dell’usucapione ed alla c.d. “usucapio libertatis”, effetto tipico della sola sentenza accertativa dell’usucapione. È da escludere, dunque, che la usucapione accertata dalle stesse parti possa avere effetti liberatori sul bene usucapito; ai terzi non potrà opporsi l’acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione“.

Ne discende, pertanto, che, anche per il Tribunale in commento, “l’accertamento giudiziale dell’usucapione rimarrebbe la sola strada percorribile allorché le parti vogliano rendere opponibile ai terzi la nuova situazione giuridica, quale acquisto a titolo originario. (…). In assenza di un accertamento giudiziario e quindi di un soggetto terzo ed imparziale garante della legittimità e correttezza dei diritti e pretese rivendicate su un bene immobile, gli effetti prodotti da un accordo rimesso alla libera autonomia privata non potranno in alcun modo danneggiare terzi soggetti che vantino ad es. legittimi titoli trascritti rimasti estranei all’accordo“.

In conclusione, secondo la sentenza in oggetto, “l’usucapione:

– potrà essere oggetto di una pronuncia giudiziaria e la sua trascrizione produrrà gli effetti previsti dall’art. 2651 cod. civ.;

– potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ. avrà gli effetti di cui all’art. 2644 cod. civ. laddove sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni;

– potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ., avrà meri effetti prenotativi, ai sensi dell’art. 2650 cod. civ., laddove il soggetto usucapito che ha sottoscritto l’accordo non risulti legittimato in base ad un titolo debitamente trascritto nei registri immobiliari……….L’applicazione delle regole sugli acquisti a titolo derivativo all’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione si risolve, in buona sostanza, in un ibrido con conseguenze tra le parti e rispetto ai terzi significativamente diverse rispetto al medesimo accertamento contenuto in una sentenza…..Ne consegue che nel sistema della pubblicità immobiliare e del diverso valore della pubblicità degli acquisti a titolo originario rispetto agli acquisti a titolo derivativo, l’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione, per la sua collocazione all’interno dell’art. 2643 codice civile, non sarà titolo idoneo a dare vita ad una nuova catena di legittimi titoli di proprietà (o di altri diritti) da far valere erga omnes e con presunzione assoluta rispetto ai terzi, ma sarà titolo di acquisto con gli effetti di cui agli artt. 2644 codice civile e 2650 codice civile.

Deve ritenersi, in definitiva, che proprio per una precisa scelta di politica legislativa, si è confinato l’accordo conciliativo in materia di usucapione all’interno di una vicenda che riguarda le sole parti che intervengono all’accordo rendendola inopponibile ai terzi che vantano ad es. titoli trascritti o iscritti e che in qualche modo possano essere pregiudicati dall’accordo stesso, emergendo all’evidenza come tale accordo rappresenti un minus rispetto all’usucapione giudizialmente accertata.

In linea con la posizione del Tribunale di Avellino, si pone la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 12 novembre 2015, che ha così statuito:

“La nuova disciplina (art. 2643 n. 12 bis), …..sia che si ritenga che il n. 12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 codice civile.

Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è – come è noto – un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 codice civile, e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 codice civile, ha valore di mera pubblicità notizia.

Di conseguenza, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi. É quindi da escludere che il verbale di conciliazione in tema di usucapione possa avere effetti liberatori (cd. usucapio libertatis) sul bene usucapito, non potendosi opporre ai terzi estranei all’accordo l’acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione. In altre parole, come si è osservato in dottrina, mentre la sentenza di usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al quale i terzi non possono opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 codice civile e 2650 codice civile, l’accordo conciliativo attribuisce all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, sicché tale accordo non può in alcun modo danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli anteriormente trascritti o iscritti (il che del resto ben si comprende tenuto conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di usucapione rispetto all’accordo conciliativo).

Ne discende che agli accordi de quibus non si applica il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui in caso di conflitto tra avente causa del precedente proprietario ed usucapiente non prevale chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto, ma prevale colui che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata trascrizione della sentenza di accertamento (dato il valore di mera pubblicità notizia assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 codice civile).

Gli accordi con cui si accerta l’usucapione non sono, infatti, come già detto, opponibili a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito ovvero sui beni oggetto di accertamento, in forza di un titolo trascritto o iscritto anteriormente agli accordi medesimi.

Precisamente, l’operatività del meccanismo regolato dall’art. 2644 codice civile impone che sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni ex art. 2650 codice civile e, quindi, che il titolo di ciascun avente causa (ivi compreso colui che assume di aver usucapito) trovi corrispondenza e giustificazione in un titolo trascritto a favore del dante causa.

In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi) trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, dunque, anche la trascrizione dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2 comma dell’art. 2650 codice civile, solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto.

Trascritto il titolo di proprietà, le successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto dei principi di cui all’art. 2644 codice civile. Ed allora, data la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità degli accordi conciliativi, è di tutta evidenza che il verbale di conciliazione in esame, anche se trascritto, non sarebbe in ogni caso opponibile né al creditore pignorante né al creditore ipotecario.

In definitiva, la sentenza del Tribunale di Avellino del 13 marzo 2015 e quella della Corte di Appello di Reggio Calabria del 12 novembre 2015, in linea con le posizioni già espresse dal Consiglio Nazionale del Notariato, hanno affermato il diverso valore giuridico, quanto al contenuto e quanto agli effetti, della sentenza di accertamento dell’usucapione rispetto all’accordo di conciliazione accertativo dello stesso. In particolare, in esse si è statuito che l’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione, anche se trascritto, non sarà comunque opponibile ai terzi che vantino titoli anteriormente trascritti o iscritti.

Premesso che qualunque attività ricognitiva in materia di proprietà e diritti reali su beni immobili deve fondarsi sull’esistenza di un valido titolo d’acquisto, non potendosi sostituire quest’ultimo con un atto privato di mero accertamento, è stato affermato (Trib. Lecce 8 gennaio 2016) che si deve procedere senza riserva alla trascrizione, ai sensi dell’art. 2643, n. 12-bis, codice civile, del verbale che accerta l’avvenuta usucapione, salvo che risulti l’intenzione delle parti di accertare con intento fraudolento rispetto ai terzi una realtà diversa da quella effettiva.

Constatata la legittimità, in seguito all’introduzione del n. 12 bis dell’art. 2643 codice civile degli accordi di mediazione che accertano l’usucapione e la loro trascrivibilità e delineata la natura giuridica e la disciplina di tali accordi, si tratta, ora, di valutare se un accordo di tal genere sia legittimo, ed in quanto tale, trascrivibile, anche se raggiunto al di fuori della procedura di mediazione.

Per la trascrivibilità del negozio di accertamento di intervenuta usucapione al di fuori di accordo di mediazione si è recentemente espresso, come in premessa anticipato, il Tribunale di Lucca nella sentenza 6 novembre 2020 (Cron. n. 7130/2020 – R.G. n. 2084/2020), di cui si riporta stralcio:

Con la richiesta di trascrizione dell’atto notarile di riconoscimento di avvenuto acquisto per usucapione, si intende consentire la continuità delle trascrizioni riguardo ai diritti oggetto dell’atto, rendendo opponibile l’acquisto per usucapione del diritto di proprietà alle parti e ai loro aventi causa relativamente ad iscrizioni e trascrizioni pubblicate successivamente. Chiarito, dunque, che gli effetti del negozio di accertamento dell’usucapione operano su un piano giuridico distinto rispetto a quelli della sentenza di accertamento dell’usucapione, devesi osservare che a seguito dell’introduzione, ad opera del D.L. n. 69/2013 del numero 12 bis all’art. 2643 c.c. – omissis – si è immediatamente posta all’attenzione della dottrina e della giurisprudenza la questione se, attraverso questo intervento del legislatore, sia divenuta legittima la trascrivibilità di un negozio ricognitivo mediante un atto notarile. Secondo una interpretazione giurisprudenziale di merito restrittiva – ed invero letterale – della norma in esame, che valorizza il procedimento di mediazione dinanzi al relativo organismo come elemento indefettibile di operatività della disposizione di cui all’art. 2643 n. 12 bis c.c., deve escludersi la trascrivibilità di un atto notarile di riconoscimento della intervenuta usucapione, in quanto effetto del semplice incontro della volontà delle parti al di fuori del procedimento di mediazione, verso il quale soltanto il legislatore ha mostrato il proprio favor. Di diverso avviso è la dottrina rappresentata in primis dal notariato che, attraverso due studi in materia (da ultimo il n. 4-2017/C), argomenta come sia possibile giungere all’accertamento dell’usucapione passando direttamente attraverso un atto notarile di accertamento e, quindi, senza dover preventivamente esperire il procedimento di mediazione. La tesi dottrinale fonda il proprio convincimento sul fatto che la ratio nella nuova normativa (che ha attratto l’usucapione dell’alveo della mediazione) risiede nell’avere ammesso, in via generale, che l’accertamento dell’usucapione possa emergere, oltre che attraverso una pronuncia giudiziale, anche mediante un negozio stipulato (stragiudizialmente) dalle parti interessate, fermi restando i diversi effetti della trascrizione del negozio di accertamento rispetto alla trascrizione della sentenza dichiarativa dell’usucapione. Orbene, ritiene questo Collegio non potersi condividere l’orientamento restrittivo espresso da una parte della giurisprudenza di merito, richiamato dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale Territorio di Lucca Servizi di Pubblicità Immobiliare al fine di affermare la legittimità della trascrizione con riserva dell’atto notarile in questione. In proposito occorre, innanzitutto, evidenziare che il principio di tassatività delle fattispecie degli atti soggetti a trascrizione di cui all’art. 2643 c.c. non sembra potersi più realisticamente prospettare, a seguito degli interventi legislativi succedutesi nel tempo, essi avendo aperto la strada alla trascrizione di atti societari (quali la fusione, scissione, trasformazione ecc.), del testamento, della rinuncia all’azione di riduzione e della dichiarazione di successione (per citare alcuni esempi)”.

– omissis –

“Ciò detto, non ritiene questo Collegio che l’art. 2643 n. 12-bis c.c. sia diretto unicamente ad incentivare l’uso del procedimento di mediazione, rectius che sia espressione di un regime di speciale favore che la legge riserva alla instaurazione del procedimento di mediazione dinanzi al relativo organo, bensì appare espressione di un principio ben più ampio di ordine generale… la soluzione conciliativa alla quale pervengono le parti non è frutto di una imposizione del mediatore ma di un accordo espressione della libera volontà delle parti, donde l’accordo conciliativo stipulato in sede di mediazione ha la stessa natura del negozio che quelle stesse parti avrebbero potuto stipulare senza il contributo del mediatore.”

– omissis –

“Conseguentemente, se l’introduzione del procedimento di mediazione trova il suo fondamento nell’esigenza di ridurre il carico giudiziario, il medesimo carattere di favore risulta rinvenibile anche nell’ipotesi di negozio di accertamento dell’usucapione davanti al notaio senza l’intervento di un mediatore, da ciò discendendo l’insussistenza di limiti alla trascrivibilità dell’atto notarile in questione. Pertanto, deve dichiararsi illegittima la riserva apposta dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale Territorio di Lucca.”

Subito dopo l’introduzione del nuovo dettato normativo la dottrina più accorta ne ha sostenuto l’applicabilità oltre il caso espressamente disciplinato, con particolare riferimento all’ipotesi del negozio di accertamento di usucapione compiuto direttamente dinanzi al notaio senza instaurare preventivamente il procedimento di mediazione, sulla base di una interpretazione estensiva o analogica dell’art. 2343 n. 12 bis codice civile.

Sul punto bisogna dar conto delle discussioni dottrinali sulla presunta eccezionalità delle norme in tema di trascrizione, in relazione alle quali si riportano i punti salienti dell’ultimo studio approvato dalla Commissione Studi Civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 4-2017/C “Ancora in tema di trascrivibilità del negozio di accertamento” Approvato dalla Commissione Studi Civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato il 14 giugno 2017 – di M. Sannino).

Secondo una tesi autorevolmente sostenuta dalla dottrina notarile e da quella accademica, si è assistito nel corso degli anni ad un’apertura del sistema legislativo della trascrizione verso un sempre più ampio ambito di applicazione mediante il superamento del principio di stretta legalità in materia di formalità pubblicitarie, in linea con il processo evolutivo dell’istituto della trascrizione.

Sul punto il Consiglio Nazionale del Notariato si è già espresso in maniera favorevole alla trascrivibilità dell’accordo de quo, ma è opportuno nuovamente ritornare sull’argomento in quanto la dottrina più recente ha messo in dubbio la legittimità di un accordo di usucapione senza mediatore, sulla base del presunto carattere premiale della mediazione stessa che non ne consentirebbe un’applicazione al di fuori dei casi espressamente previsti.

In particolare viene affermata la indispensabilità della mediazione ai fini della pubblicità immobiliare in quanto l’istituto è stato concepito con formule incentivanti perché primo rimedio alla litigiosità per cui deve ritenersi che esista un’area di competenza che rivesta natura premiale ed esclusiva.

Prima di prendere posizione in merito è opportuno precisare che nell’ambito dei mezzi di risoluzione delle controversie la conciliazione si pone come alternativa negoziale alla giustizia sfociando, in caso di esito positivo del procedimento, in un atto di normazione volontaria che le parti sottoscrivono, vincolante e risolutivo del conflitto. La conciliazione è il frutto di un percorso, liberamente condotto e non certo procedimentalizzato, assistito dal mediatore, il quale, non essendo legato necessariamente all’applicazione del diritto e all’accertamento del torto e della ragione, aiuta i litiganti a trovare nuovi piani di dialogo, per provare ad individuare punti di incontro che evidentemente essi da soli non riuscivano a trovare.

Nell’ottica di indurre le parti ad utilizzare siffatta mediazione, il D.lgs. n. 28/2010, così come modificato dai successivi interventi normativi, ha previsto una disciplina che detta una serie di regole che possono favorire l’uso del suddetto strumento e che può incentivare un numero sempre maggiore di litiganti ad evitare di rivolgersi alla magistratura ordinaria.

Pertanto, se la sentenza può senza dubbio considerarsi il frutto di un atto di giustizia, che si fonda su un accertamento e quindi sulla ricostruzione di fatti a cui applicare una preesistente norma di diritto generale ed astratta, la conciliazione, invece, è il frutto di un componimento di interessi tra le parti.

La mediazione è uno strumento non solo funzionale alla deflazione del contenzioso giudiziario ma uno strumento finalizzato alla realizzazione di alti valori di cooperazione e condivisione, attraverso il confronto e l’incontro degli interessi, facendo emergere il reale “interesse delle parti”.

L’attività del mediatore (facilitatore o valutatore che sia) consiste proprio nel favorire l’emersione degli interessi, ma – una volta che ciò sia avvenuto – il contratto che le parti stipulano non è diverso da quello che esse avrebbero potuto concludere autonomamente senza il contributo del terzo.

L’accordo tra le parti può avere quindi qualsiasi contenuto in conformità alla atipicità della autonomia contrattuale ex art. 1322 codice civile ss., come può avere qualsiasi contenuto la manifestazione di volontà negoziale in cui l’incontro delle parti sia avvenuto senza la partecipazione di terzi.

Pertanto l’accordo di conciliazione, qualunque sia il procedimento che ne ha determinato la conclusione, mantiene pur sempre la sua ontologica essenza di negozio di autonomia privata. Il mediatore, infatti, si limita ad assistere le parti o al più ad effettuare una proposta che non può comunque porre in dubbio la riferibilità dell’accordo solo ed esclusivamente alla volontà delle parti.

La sua natura è diversa da quella del verbale di conciliazione essendo questo un atto proprio del mediatore – che spetta a lui redigere – ed espressione dell’epilogo della mediazione.

Mentre l’accordo è sottoscritto dalle sole parti, il verbale “deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere” (art. 11 comma 2 d.lgs. cit.). Tra l’uno e l’altro vi è tuttavia un rapporto di complementarietà, nel senso che al verbale deve essere allegato l’accordo (di cui fa parte integrante).

È indubbio pertanto che la redazione dell’accordo non appartiene al mediatore, bensì alle parti direttamente; al mediatore spetta il solo compito di verificare che quanto le parti hanno dichiarato nell’accordo corrisponde effettivamente alle volontà da loro espresse nella fase negoziale, nonché certificare nel verbale l’avvenuto accordo.

Dalle osservazioni sopra riportate è possibile dedurre che la “premialità” non si ricollega all’intervento del mediatore ma alla riduzione – deflazione del carico della giustizia civile; proprio siffatta ratio legittima ed incentiva l’utilizzo del negozio di accertamento tra privati anche al di fuori del procedimento di mediazione.

Infatti, la premialità della mediazione consiste prevalentemente nella applicazione di una serie di agevolazioni fiscali che difficilmente potranno applicarsi al negozio di accertamento dinanzi al notaio in quanto ci troveremmo di fronte ad una agevolazione fiscale a carattere eccezionale che non potrà essere estesa al di fuori dei casi espressamente previsti.

In realtà, se rintracciamo la ratio della introduzione normativa del procedimento di mediazione nella esigenza di ridurre il carico giurisdizionale mediante l’utilizzo (incentivato) di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie il medesimo favor risulta pienamente rinvenibile anche nell’ipotesi di accertamento dell’usucapione dinanzi al notaio senza l’intervento del mediatore.

Anche il negozio di accertamento di usucapione dinanzi al solo notaio senza il mediatore risponde alla medesima ratio di riduzione del carico giudiziario, in quanto la lite può prospettarsi e quindi essere risolta al di fuori del giudizio, ma anche al di fuori dello stesso procedimento di mediazione in una fase ancora anteriore.

L’intervento del mediatore non è tale da modificare o alterare la natura strettamente negoziale dell’accordo raggiunto; conseguentemente non si vede quali siano gli elementi ostativi all’applicazione dell’art. 2645 codice civile e quindi alla ammissibilità di un accordo che accerta l’usucapione dinanzi al notaio senza l’intervento del mediatore.

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