Operazione straordinaria di scissione e abuso del diritto nei documenti di prassi dell’amministrazione finanziaria
di Alberto Picarello
Dottore commercialista, partner di Lawal Società tra Avvocati Società Benefit S.r.l..
Si ringrazia l’avv. Vittoria Fattori per il prezioso contributo apportato alla stesura del presente articolo
1. Evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di abuso del diritto
Prima di analizzare i casi pratici tratti dalla prassi dell’Amministrazione Finanziaria in tema di operazioni straordinarie di scissione, è opportuno effettuare un breve excursus sull’evoluzione normativa della disciplina della materia; ciò a cominciare dalla considerazione per cui solo con l’introduzione dell’art. 10 della legge 408 del 1990, l’ordinamento giuridico italiano si è dotato di una disposizione antielusiva vera e propria.
Per colmare la lacuna normativa appena evidenziata, negli anni ‘70 e ’80 parte della dottrina aveva sostenuto l’applicabilità, anche in sede tributaria, dell’art. 1344 c.c. sulla illiceità della causa dei contratti stipulati in “frode alla legge, in quanto contrari a norme imperative[1]. Soluzione in realtà non idonea a contrastare l’elusione, poiché la dichiarazione di nullità degli atti da parte dell’Amministrazione finanziaria non consentiva alla medesima alcuna riqualificazione dei contratti atta a recuperare a tassazione gli importi evasi[2].
Precisato ciò, al citato art. 10 della legge 408 del 1990 seguì, con il D. lgs. 358/1997, l’introduzione dell’art. 37-bis d.p.r. 600/1973, che ribadì la struttura dell’originaria norma antielusiva, sia pure con un elenco più ampio delle operazioni a tal fine rilevanti, limitando l’applicazione della disciplina in esame alle imposte sul reddito; iii) per quanto riguarda la formulazione, fu enunciato in modo da sostituire l’avverbio “fraudolentemente”, con la formula concernente gli atti, fatti o negozi “diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti” ; iv) introdusse la previsione dell’inopponibilità (inefficacia relativa) degli atti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria; v) introdusse il concetto in base al quale le operazioni, per essere elusive dovessero essere prive di “valide ragioni economiche”; vi) dispose la “deduzione” delle imposte già pagate; vi) inserì tra gli atti inopponibili al Fisco non solo quelli privi di valide ragioni economiche ed aventi il fine di ottenere un risparmio d’imposta, ma anche quelli diretti più specificamente ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento giuridico tributario[3].
La disposizione introdusse inoltre specifiche regole di comportamento cui l’Amministrazione finanziaria doveva attenersi prima di emanare gli atti di accertamento pena la nullità dei medesimi, stabilendo che l’approccio dell’Amministrazione finanziaria, chiamata ad analizzare l’operazione economica complessiva, dovesse essere volto ad individuare l’operazione “alternativa” più naturale in termini economici al fine di raggiungere l’obiettivo finale che il contribuente si prefiggeva di conseguire, sulla base di questo parametro di confronto, dovendosi poi svolgere le opportune valutazioni al fine di comprendere se l’operazione oggetto di verifica fosse elusiva in quanto mancante di valide ragioni economiche[4].
In questo quadro, a partire dal 2005, la Cassazione ha emanato diverse pronunce[5] concernenti in particolare proprio i tributi non armonizzati a livello europeo[6], quali le imposte dirette, volte a precisare che a livello costituzionale la base giuridica del principio antiabuso deve essere individuata nell’art. 53 della Costituzione [7].
La Suprema Corte di legittimità, successivamente, ha poi avuto modo di meglio chiarire i confini della fattispecie dell’abuso del diritto in materia tributaria individuando gli oneri probatori a carico dell’Amministrazione finanziaria e quelli difensivi a carico del contribuente.
Essa ha in particolare precisato che l’Amministrazione finanziaria ha il compito di[8]: i) verificare l’esistenza di un vantaggio fiscale che costituisca lo scopo predominante e assorbente dell’operazione attuata e; ii) provare il disegno elusivo e le modalità di alterazione degli schemi negoziali classici perseguiti essenzialmente allo scopo di pervenire al vantaggio fiscale, non potendosi genericamente contestare l’abuso del diritto, ma – al contrario – essendo necessario fornire una prova rigorosa a sostegno delle proprie contestazioni.
Per contro, spetta al contribuente l’allegazione di prove volte a documentare l’esistenza di valide ragioni economiche poste alla base dello schema negoziate adottato, che siano di reale spessore e che giustifichino l’operazione attuata.
2. L’abuso del diritto in conseguenza dell’introduzione dell’art. 10-bis L. 212/2000
Anche sulla scorta degli arresti giurisprudenziali citati, si è reso necessario un intervento legislativo che si è concretizzato nel D. lgs. 128/2015, che ha introdotto nello Statuto dei diritti del Contribuente l’art. 10-bis, rubricato “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”.
La nuova disposizione unifica, già nella denominazione, i concetti di “abuso del diritto” e di “elusione fiscale”.
In particolare, si considerano inopponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i relativi vantaggi fiscali, “una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti” (co. 1).
Gli elementi costitutivi della condotta elusiva possono, quindi, così sintetizzarsi: i) conseguimento di un indebito vantaggio fiscale; ii) assenza di sostanza economica dell’operazione; iii) essenzialità del vantaggio fiscale indebito.
In pratica, l’art. 10-bis chiarisce che[9], affinché possa scattare una contestazione di abuso del diritto da parte dell’Amministrazione finanziaria, occorre la preventiva verifica dell’esistenza di un vantaggio fiscale indebito, costituito da benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario[10], considerando che, se il vantaggio fiscale conseguito è fisiologico, esso va mantenuto e considerato legittimo anche se perseguito dal contribuente con operazioni che non hanno altre finalità se non quella fiscale[11].
Laddove – poi – sia presente il c.d. vantaggio fiscale indebito, perché vi sia abuso del diritto è richiesta, altresì, l’assenza di sostanza economica dell’operazione (o delle operazioni) poste in essere (co. 2, lett. a)).
In presenza di entrambe le condizioni (vantaggio fiscale indebito e assenza di sostanza economica), l’Amministrazione finanziaria sarà chiamata – ancora – a dimostrare che il conseguimento di un vantaggio fiscale costituisce la caratteristica essenziale dell’operazione: i vantaggi fiscali indebiti, pertanto, dovranno essere fondamentali rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente.
In base a quanto sin qui sintetizzato, di conseguenza, in mancanza di uno dei tre requisiti soprammenzionati, si dovrebbe generare automaticamente un giudizio di non abusività delle operazioni sottoposte a test, senza la necessità di ulteriori analisi.
Nell’ipotesi in cui, viceversa, siano presenti tutti e tre i requisiti, il contribuente per evitare la contestazione antiabuso rispetto ai vantaggi fiscali conseguiti dovrà dimostrare che gli atti compiuti sono sorretti da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale[12]. Ciò in quanto secondo la relazione ministeriale al D. Lgs. N. 128/2015, le citate ragioni extrafiscali sono da considerare non marginali e dunque idonee ad evitare la norma antiabuso solo quando, in mancanza di tali ragioni, l’operazione non sarebbe stata posta in essere. Occorre cioè che le motivazioni di natura economica/gestionale siano state determinanti nell’orientare il contribuente a compiere l’operazione che, in effetti, ha portato a termine[13].
Per quanto attiene alla ripartizione dell’onere probatorio in ambito processuale (rectius, dell’onere di allegazione, trattandosi di valutazione dei fatti e non dei fatti in sé considerati), spetterà all’Amministrazione finanziaria provare gli elementi strutturali – espressamente non rilevabili d’ufficio, nel rispetto della parità delle armi che deve caratterizzare anche il processo tributario – e al contribuente provare l’esistenza di ragioni extrafiscali.
Infine, l’introduzione dell’art. 10-bis ha fatto venir meno la rilevanza penale delle condotte elusive che, sino a prima della sua entrata in vigore, per giurisprudenza pressoché consolidata, costituivano fattispecie penali tributarie al superamento delle previste soglie di punibilità.
Infatti, dal combinato disposto dei commi 12 e 13 dell’art. 10-bis, si evince che i rapporti fra il campo di applicazione dell’abuso del diritto e l’intervento penale sono improntati alla mutua esclusione: l’abuso del diritto non può essere contestato se l’operazione perseguita dal soggetto agente è suscettibile di ingenerare responsabilità penale; quest’ultima, d’altro canto, non può poggiare su di una contestazione di abuso del diritto che, però – è esplicito sul punto il comma 13 dell’art. 10-bis – potrà comportare, qualora ne ricorrano i presupposti, l’applicazione delle sanzioni amministrative (comma 13, art. 10-bis).
In materia di elusione fiscale e del connesso principio di abuso del diritto si è recentemente pronunciata la Suprema Corte di Cassazione[14] fissando il seguente principio: “La scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa non è sufficiente ad integrare una condotta elusiva, laddove sia lo stesso ordinamento a prevedere una simile facoltà, a condizione che non si traduca in un uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale (Cass. 26.8.2015, n. 17175)”. Ciò in linea con il principio di diritto fissato dalla sentenza della Cassazione del 19.11.2021, n. 35393, secondo cui in tema di elusione fiscale: “sono prive di carattere elusivo e non integrano l’abuso del diritto le operazioni straordinarie sul capitale delle società giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o di un ramo d’azienda e che quindi non perseguono l’esclusivo fine di trasformare le eventuali plusvalenze realizzabili sui beni di primo grado (immobili) in capital gain sui beni di secondo grado (quote di partecipazione), in aggiramento delle norme che regolano la tassazione ordinaria delle plusvalenze conseguite nell’ambito del reddito d’impresa”.
3. I più recenti orientamenti dell’Agenzia delle entrate in materia di scissioni ed abuso del diritto
Di seguito, si esporranno in prima battuta, le ragioni in virtù delle quali in alcuni documenti di prassi l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto elusive o, viceversa, ha accolto la tesi del contribuente in relazione ad operazioni straordinarie di scissione.
Un primo caso riguarda il conferimento di azienda e scissione della conferente-holding[15].
Si tratta di una fattispecie analizzata dall’Amministrazione finanziaria in relazione alla quale non è stata accolta la tesi prospettata dal contribuente[16]. Il caso è quello relativo ad una società industriale Alfa partecipata da due fratelli, Tizio con una quota maggioritaria e Caio con una quota di minoranza, relativamente alla quale i soci intendevano inserire nella struttura partecipativa due distinte holding unipersonali, una di Tizio e l’altra di Caio. Per attuare il disegno senza emersione di plusvalenze imponibili, si sarebbe proceduto ad un primo conferimento di azienda da parte di Alfa in una Newco Beta che, in tal modo, sarebbe diventata l’impresa industriale e, successivamente si sarebbe trasformata la conferente in una holding di partecipazioni. Alfa avrebbe dato poi corso ad una scissione non proporzionale ed asimmetrica, attribuendo, pro quota la partecipazione in Beta a due società: Alfa 1 (con capitale detenuto da Tizio al 100%) secondo la percentuale posseduta da Tizio in Alfa; Alfa 2 (con capitale detenuto da Caio al 100%) secondo la quota percentuale a suo tempo posseduta da Caio in Alfa.
La struttura finale desiderata sarebbe stata quella di Tizio che controlla il 100% di Alfa 1, che detiene la quota di maggioranza della nuova società industriale Beta, e Caio che controlla il 100% di Alfa 2, che possiede una quota di minoranza di Beta.
Nell’interpello, i contribuenti hanno posto l’accento sull’assoluta neutralità fiscale delle operazioni realizzate: l’azienda di Alfa, infatti, una volta trasferita a Beta, avrebbe mantenuto il costo fiscale originario (art. 176 del T.U.I.R.) e così pure le partecipazioni ricevute dalla conferente a fronte dell’apporto. Tali partecipazioni, al medesimo valore fiscale, sarebbero poi confluite attraverso la scissione nelle due holding personali di Tizio e Caio (art. 173 del T.U.I.R.).
Nonostante la descritta neutralità fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che le due operazioni combinate presentassero profili di abuso in ragione del fatto che il medesimo risultato finale, rappresentato dalla creazione di due distinte holding personali che partecipano alla società operativa, avrebbe potuto essere raggiunto con il conferimento delle partecipazioni detenute in Alfa da ciascun socio, in due distinte società. Se si fosse seguita questa strada, rispetto alla quale, evidentemente, l’Agenzia delle Entrate ha basato il test di elusività dell’operazione realizzata, solo Tizio avrebbe potuto usufruire di un regime di neutralità fiscale[17], mentre Caio avrebbe dovuto assoggettare a tassazione la plusvalenza da conferimento calcolata in base al valore normale delle azioni conferite (art. 9 T.U.I.R.)[18].
Le due operazioni concatenate (conferimento di azienda e scissione della conferente), ad avviso dell’Agenzia, avevano dunque la finalità di aggirare il regime fiscale più oneroso, cioè quello dell’art. 9 del T.U.I.R, cui sarebbe stato sottoposto il conferimento di Tizio.
Il secondo caso in esame si riferisce ad un’operazione di conferimento di partecipazioni di controllo e scissione della conferitaria-holding[19], riguardante una operazione concatenata differente da quella sopra illustrata, ma realizzata per ottenere una struttura finale sostanzialmente identica.
Una società Alfa, che svolge attività di holding-immobiliare, è partecipata da quattro fratelli (Tizio, Caio, Sempronio, Mevio) con quote del 25% ciascuno.
Alfa detiene, tra l’altro, una partecipazione rilevante in una società Beta, con azioni quotate in borsa, oggetto di un impegno di lock-up da parte di Alfa nei confronti degli altri soci di Beta.
I fratelli intendono creare quattro autonomi veicoli societari, ciascuno interamente detenuto da uno di loro, nei quali collocare le partecipazioni possedute, al fine di consentire di svolgere l’attività secondo le proprie distinte attitudini e per agevolare il passaggio generazionale. Questo obiettivo, precisano gli istanti, non può essere raggiunto attraverso la scissione asimmetrica di Alfa, con suddivisione del suo patrimonio in quattro società, dato che ciò comporterebbe una violazione dell’accordo parasociale su Beta (le cui azioni verrebbero suddivise in quattro distinte società). È pertanto necessario mantenere un’unica subholding intermedia tra le quattro singole holding personali dei fratelli e la società Beta (società quotata).
I fratelli intendono dunque giungere a realizzare una struttura composta da quattro società (Alfa 1 con unico socio Tizio, Alfa 2 con unico socio Caio, Alfa 3 con unico socio Sempronio, e Alfa 4 con unico socio Mevio), ciascuna delle quali proprietaria del 25% di Alfa (a sua volta titolare delle azioni della quotata Beta). Si ipotizza dunque la seguente operazione concatenata: A) conferimento unitario da parte dei quattro fratelli del 100% (25% ciascuno) del capitale di Alfa in una newco Alfa 1; B) scissione parziale asimmetrica di Alfa 1 con creazione di Alfa 2, Alfa 3 e Alfa 4, con assegnazione del 25% delle partecipazioni in Alfa a ciascuna delle beneficiarie.
L’operazione sub (A), in quanto attuata congiuntamente dai conferenti, consente alla conferitaria di acquisire il controllo di Alfa ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile; essa può dunque usufruire del regime di cui all’ art. 177, comma 2, del T.U.I.R., che prevede la determinazione del valore di realizzo in base all’importo iscritto dalla conferitaria nel proprio patrimonio netto (aumento di capitale e riserva sovrapprezzo).
Alfa 1 contabilizzerebbe il conferimento al medesimo costo fiscale che le quote di Alfa avevano in capo ai conferenti e ciò consentirebbe di non fare emergere plusvalenze imponibili dall’operazione, ancorché, come detto, ogni singolo socio conferente apporti una quota “non di controllo”.
Con l’operazione sub (B), Alfa 1 suddividerebbe la partecipazione che le attribuiva il controllo di Alfa in quattro quote del 25%, ritornando di fatto ad una situazione in cui Alfa non è sottoposta al controllo di alcun singolo soggetto.
Orbene, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’operazione concatenata sopra descritta presentasse profili di elusività in quanto generatrice di vantaggi tributari indebiti, costituiti, come nel caso precedente, dall’aggiramento del regime di tassazione a valore normale previsto dall’ art. 9 del T.U.I.R. per i conferimenti di partecipazioni non di controllo.
L’Amministrazione finanziaria motiva la propria soluzione in ragione del fatto che l’obiettivo perseguito poteva essere raggiunto in modo più lineare (ma con un carico fiscale maggiore) con il conferimento, da parte di Tizio, Caio, Sempronio e Mevio, di una quota del 25% di Alfa in quattro distinte holding, nel qual caso non sarebbe stato possibile usufruire del regime di cui all’ art. 177, comma 2, del T.U.I.R., che consente il realizzo controllato della plusvalenza da conferimento in presenza di tutti i requisiti di legge[20].
Di seguito, invece, come anticipato, si procederà all’analisi di un caso in cui l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto non elusive le operazioni di scissione oggetto di interpello.
Un primo caso riguarda una scissione proporzionale[21]: il documento di prassi riguarda il caso di una società, Alfa, che – oltre a svolgere attività industriale – possiede un compendio immobiliare.
Alfa intende scorporare gli asset immobiliari assegnandoli ad una società beneficiaria esistente, Beta, che già svolge attività di gestione immobiliare. I soci delle società scissa e della società beneficiaria sono i medesimi, pur se con diverse percentuali di partecipazione nella prima rispetto alla seconda[22].
Alfa dà corso ad una scissione parziale proporzionale a favore di Beta.
Quest’ultima aumenta il capitale assegnando quote ai soci di Alfa in proporzione alle partecipazioni detenute in tale società.
L’ammontare dell’aumento di capitale di Beta viene stabilito in base al rapporto tra il valore effettivo dei beni assegnati da Alfa ed il valore effettivo del patrimonio già detenuto da Beta.
La descritta operazione straordinaria non è stata ritenuta abusiva dall’Agenzia delle Entrate in ragione del fatto che la medesima non avrebbe generato alcun vantaggio tributario indebito.
La beneficiaria Beta, infatti, avrebbe mantenuto il medesimo valore fiscale degli immobili ricevuti per effetto della scissione rispetto a quello che essi avevano nella scissa Alfa, come stabilito dall’ art. 173 del T.U.I.R..
In ragione di tale premessa, non godendo la beneficiaria Beta di regimi di tassazione agevolati rispetto alla scissa Alfa, l’operazione non avrebbe provocato alcun salto d’imposta, dato che le plusvalenze latenti riferibili ai beni trasferiti per effetto della scissione sarebbero state ordinariamente tassate da Beta al momento della loro successiva realizzazione, esattamente come sarebbe avvenuto se le cessioni immobiliari fossero state effettuate da Alfa[23].
Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria l’operazione in oggetto ha pertanto costituito lo strumento fisiologico per realizzare la riorganizzazione ipotizzata volta a separare l’attività industriale dal patrimonio immobiliare e diversificare i rischi.
Considerazione senz’altro rilevante, anche se, come sottolineato da Assonime nella circolare n. 27/2018, si tratta di una osservazione in concreto superflua, essendo necessario e sufficiente che l’Amministrazione Finanziaria abbia riscontrato l’inesistenza di un indebito vantaggio tributario: nel caso da ultimo esaminato il regime fiscale neutrale della scissione non è stato in alcun modo aggirato dall’operazione effettuata, il che fa sì che essa, come peraltro già evidenziato in precedenti documenti di prassi[24], non possa configurarsi come elusiva a prescindere da ogni giudizio sulle finalità della operazione.
4. Risposte dell’Agenzia delle Entrate riguardanti il caso di operazioni di scissione asimmetrica e di scissione totale non proporzionale
L’Agenzia delle Entrate ha condiviso le soluzioni prospettate dai contribuenti nelle risposte a due interpelli, aventi ad oggetto scissioni non proporzionali e “asimmetriche”[25].
Con la prima risposta (n. 36/2018) l’Amministrazione finanziaria si pronuncia in merito all’ipotesi di una società “Alfa” (con soci Tizio 25%, Caio 25%, Sempronio 25% e Mevio 25%), che è proprietaria di un edificio composto da un fabbricato commerciale e otto unità abitative oltre alle relative autorimesse, su cui grava un mutuo ipotecario. Alfa effettua una scissione parziale attribuendo a quattro beneficiarie neocostituite, Beta S.r.l. (al 100% di Tizio), Gamma S.r.l. (al 100% di Caio), Delta S.r.l. (al 100% di Sempronio) e Omega S.r.l. (al 100% di Mevio), due appartamenti ciascuna, con relativa autorimessa, oltre al pro-quota di debito relativo al mutuo ipotecario. La società scissa Alfa, all’esito della scissione, continua a detenere la proprietà del fabbricato commerciale, mantenendo la medesima compagine societaria (Tizio 25%, Caio 25%, Sempronio 25% e Mevio 25%).
Con la seconda risposta (n. 68/2018), l’Agenzia delle Entrate analizza il caso di una scissione asimmetrica “incrociata”, che interviene tra due distinte società immobiliari, Alfa e Beta, le cui compagini societarie sono identiche, ossia composte da due differenti gruppi familiari, “Caio” (50%) e “Sempronio” (50%). Le due società svolgono entrambe attività immobiliari, ma mentre Alfa esercita attività di gestione di immobili prevalentemente strumentali per natura, locati con destinazione commerciale e solo in parte minoritaria, la locazione di immobili a destinazione abitativa, Beta è, invece, proprietaria di immobili destinati alla gestione di “case e appartamenti per vacanze”.
Alfa si scinde avendo come beneficiaria Beta, che a sua volta si scinde ed ha come beneficiaria Alfa. Entrambe le società rivestono dunque la qualifica sia di scissa che di beneficiaria (scissione reciproca). La scissione di Alfa comporta la fuoriuscita dalla compagine societaria del gruppo “Sempronio” (sicché restano soci di Alfa scissa tutti e solo i soci del gruppo “Caio”), a cui solamente vengono assegnate le quote di Beta; la scissione di Beta comporta la fuoriuscita dalla compagine societaria del gruppo “Caio” (restando soci di Beta solo i componenti del gruppo “Sempronio”), a cui vengono esclusivamente assegnate le quote della beneficiaria Alfa. Pertanto, all’esito della scissione incrociata e asimmetrica delle due società, il gruppo familiare riferibile ai signori “Caio” risulterà unico proprietario della Alfa e il gruppo familiare facente capo ai signori “Sempronio” risulterà unico
proprietario di Beta, ciascuno con patrimoni composti dalle quote di patrimonio provenienti reciprocamente dalle due società originarie.
In entrambi i casi l’Agenzia fornisce una risposta conforme rispetto alle soluzioni prospettate dalle contribuenti in ragione del fatto che le operazioni rispettano entrambe la ratio del regime delle scissioni ed i beni trasferiti alle beneficiarie, oltre a rimanere nel regime di impresa, mantengono invariati i relativi valori fiscali rispetto a quelli delle società scisse. Inoltre, i plusvalori latenti concorreranno alla formazione del reddito al momento dell’eventuale cessione dei beni da parte delle beneficiarie.
Con specifico riferimento alla risposta n. 36, l’Agenzia delle Entrate, motiva il proprio parere evidenziando come la dichiarata finalità dell’operazione di superare difformità di vedute tra i soci giustificherebbe l’operazione di scissione.
Con la risposta n. 40 del 19 ottobre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha concluso nel senso di ritenere non abusiva la scissione totale non proporzionale di una società immobiliare a favore di due società a responsabilità limitata di nuova costituzione, ognuna interamente partecipata al 100% da una delle due socie della scindenda, in quanto l’operazione è stata ritenuta fisiologica dall’Agenzia delle Entrare al fine di consentire la divisione delle attività e della relativa gestione tra le due società.
In particolare, nel caso di specie, una società – con quote suddivise al 50% tra due sorelle – risultava proprietaria di 20 unità immobiliari e svolgeva attività di locazione di immobili strumentali.
In ragione dell’esistenza di divergenze in ordine alla gestione della Società, le due sorelle decidevano di scindere la compagine, costituendo due srl a socio unico, non soggette a regimi speciali di tassazione, rispetto alle quali ciascuna di loro sarebbe divenuta socia al 100% per effetto della scissione. In ragione del fatto che gli asset della scissa non potevano essere divisi esattamente al 50% dal punto di vista del valore economico, si sarebbe generata una seppur minima differenza di valore di assegnazione tra le due beneficiarie con la necessità di pareggiare tale differenza attraverso la determinazione di una posta di conguaglio a debito da corrispondersi da una società beneficiaria all’altra.
Il parere favorevole dell’Agenzia delle Entrate, confermando la soluzione prospettata dalle contribuenti – evidenziava come l’operazione non consentisse la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito e, di conseguenza, come la medesima non integrasse alcun disegno abusivo. Si tratta, infatti, di una scissione totale non proporzionale mediante la quale tutto il patrimonio della società, fatto salvo un modesto conguaglio compensatorio, è omogeneamente suddiviso fra due nuove compagini, esercenti attività di gestione di immobili, facenti capo alle due sorelle, un tempo socie della scindenda.
In linea di principio, l’operazione di scissione è fiscalmente neutrale (articolo 173 del Tuir) e il passaggio del patrimonio a una o più beneficiarie, che non usufruiscano di un sistema di tassazione agevolato, non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa. Inoltre, i plusvalori relativi ai componenti trasferiti, provvisoriamente latenti, concorreranno al reddito nel momento in cui i beni fuoriusciranno dall’impresa, ossia saranno venduti, diverranno oggetto di risarcimento per la loro perdita o danneggiamento, verranno assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa[26].
Dall’analisi del contenuto dell’istanza di interpello e della relativa documentazione, pertanto, l’Agenzia ha ritenuto che l’operazione prospettata per superare le divergenze tra le socie (fermo restando che la stessa sarebbe dovuta avvenire nel rispetto di quanto prescritto dall’articolo 173 del Tuir e dalle altre disposizioni dello stesso Testo unico che disciplinano la fiscalità dei soci) non comportasse il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti, non ravvisandosi alcun contrasto con la ratio di disposizioni tributarie o con i principi dell’ordinamento tributario.
5. Casi concernenti operazioni societarie di scissione-fusione e di scissione parziale proporzionale
Un caso di risposta favorevole illustrato da Assonime nella circolare n. 27/2018[27], ha riguardato un’operazione concatenata di scissione-fusione. Una società (Gamma), partecipata da tre distinte società (Alfa 1, Alfa 2 e Alfa 3), possiede una quota di minoranza in Beta. Per accorciare la catena societaria in modo fiscalmente neutrale, si procede alla scissione totale di Gamma con assegnazione pro quota di assets (partecipazione in Beta) e passività della scissa a tre beneficiarie di nuova costituzione: Newco 1 (detenuta al 100% da Alfa 1), Newco 2 (detenuta al 100% da Alfa 2) e Newco 3 (detenuta al 100% da Alfa 3). Successivamente, ciascuna delle tre beneficiarie è stata incorporata nella rispettiva controllante, con una struttura finale nella quale Alfa 1, Alfa 2 e Alfa 3 posseggono pro quota la partecipazione in Beta originariamente in capo a Gamma.
La risposta dell’Agenzia è molto simile alle precedenti: le operazioni concatenate di scissione e successiva fusione non abusano del regime di neutralità di tali operazioni e sono dunque legittime. L’eventuale strada alternativa che i contribuenti avrebbero potuto mettere in atto presentava anch’essa un regime neutrale, di conseguenza nessun indebito vantaggio fiscale sarebbe stato ottenuto attraverso la prospettata operazione.
Un altro interessante caso è stato affrontato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 65/2018, in cui è stato chiarito che non configura un’ipotesi di abuso del diritto un’operazione di scissione parziale proporzionale preordinata, nel caso concreto, esclusivamente alla ripartizione, tra quattro NewCo beneficiarie, dell’attività immobiliare esercitata dalla società scissa.
In particolare, nel caso di specie, l’Agenzia analizzava l’ipotesi di una società avente come oggetto sociale l’acquisto, la vendita, la permuta, l’affitto, la locazione non finanziaria, la conduzione, il comodato di beni immobili, terreni e fabbricati industriali, commerciali e civili e la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione anche straordinaria di edifici a uso industriale, commerciale e abitativo, direttamente o mediante affidamento in appalto a terzi, nonché l’esecuzione di opere civili e loro impianti in genere. I soci dell’istante intendevano realizzare una scissione parziale proporzionale in favore di quattro neo-società beneficiarie, a cui sarebbero stati attribuiti singoli rami d’azienda, collegati alla gestione di diversi immobili. Per effetto della scissione:
Nessun bene sociale della scissa e delle beneficiarie sarebbe restato inutilizzato;
Nessun bene sociale della scissa e delle beneficiarie sarebbe stato riservato al godimento personale o familiare dei soci o, comunque, destinato a finalità estranee all’esercizio di impresa;
La società scindenda avrebbe proseguito la sua attività di impresa caratteristica;
Le beneficiarie avrebbero svolto un’effettiva attività di gestione e valorizzazione dei beni loro assegnati agli stessi valori contabili e fiscali riconosciuti in capo alla scindenda;
I soci della scindenda e delle beneficiarie non avrebbero effettuato cessioni/trasferimenti di partecipazioni a terzi;
Le società beneficiarie non avrebbero usufruito di un sistema di tassazione agevolato rispetto a quello in vigore per la scindenda.
Alla luce delle precisazioni fornite dal contribuente, l’Agenzia delle Entrate ha espresso il parere secondo cui una scissione parziale proporzionale finalizzata esclusivamente alla divisione, nell’ambito dell’esercizio dell’attività immobiliare dell’attività di gestione (anche turistica) rispetto a quella di costruzione e compravendita appartenenti a diverse tipologie (per natura, ubicazione geografica, target di clientela): (i) non costituisce un’operazione abusiva, dal momento che non realizza alcun vantaggio fiscale indebito, essendo sorretta da valide ragioni di carattere organizzativo e gestionale; e (ii) non si pone in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.
In un altro caso, con risposta all’interpello n. 139/2018 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che una operazione di scissione parziale proporzionale volta alla separazione dell’attività operativa da quella immobiliare (c.d. spin-off immobiliare), non integri un disegno abusivo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, non consentendo la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito, dal momento che si tratta di una “operazione fisiologica nell’ambito della riorganizzazione prefigurata in istanza, volta alla concentrazione e riorganizzazione del compendio immobiliare nell’ambito del gruppo industriale di appartenenza, con conseguente separazione dell’attività operativa da quella immobiliare”, volta a sviluppare più efficientemente le due attività.
Nel caso oggetto dell’interpello un gruppo societario composto da tre società intendeva intraprendere una scissione parziale e proporzionale, consistente nel trasferimento del comparto immobiliare posseduto da due società scindende alla terza beneficiaria, affinché quest’ultima – in un secondo momento – lo locasse alle prime al prezzo di mercato.
Dal punto di vista civilistico, in particolare, la sopraccitata operazione avrebbe comportato il trasferimento di parte del patrimonio alla beneficiaria, con la – successiva – riduzione di ciascuno dei patrimoni netti delle scindende in misura pari alla parte di patrimonio assegnato e con il conferimento ai soci delle scindende di quote di partecipazione della beneficiaria in proporzione alle loro partecipazioni sociali.
Il gruppo, pertanto, presentava – preventivamente alla scissione – istanza di interpello antiabuso ex articolo 11, comma 1, lett. c), L. 212/2000, spiegando all’Agenzia che l’intera allocazione degli immobili in capo alla società beneficiaria, già gestore dell’intero asset immobiliare delle prime, avrebbe contribuito al miglioramento strutturale dell’impresa mediante la separazione delle attività immobiliari da quelle operative[28]. Lo spin-off immobiliare, infatti, veniva preferito alla più onerosa cessione diretta degli immobili, senza con ciò aver meno dignità fiscale rispetto a quest’ultima né costituire un’operazione priva di sostanza economica concretizzante un indebito vantaggio fiscale e, dunque, abusiva ai sensi dell’articolo 10-bis L. 212/2000.
L’Amministrazione finanziaria, nel rispondere al quesito posto, ha escluso che la riorganizzazione perseguita mediante detta particolare operazione di scissione integri un disegno abusivo. In particolare, in riferimento alle imposte dirette e all’Irap, essa ha ribadito il carattere tendenzialmente neutrale a livello fiscale della scissione, stabilito dall’articolo 173 Tuir, ed ha precisato che il trasferimento del patrimonio della società scissa ad una o più società beneficiarie, a meno che le stesse non fruiscano di un regime agevolato, non produce la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa. Ciò in quanto, le plusvalenze relative ai componenti patrimoniali trasferiti dalla società scissa a quella beneficiaria e mantenuti temporaneamente neutrali all’operazione, concorreranno a formare il reddito della società, secondo le ordinarie regole impositive, allorquando verranno ceduti a titolo oneroso, ovvero verranno assegnati ai soci o, ancora, verranno destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa, uscendo in tal modo dal patrimonio dell’impresa[29].
Alla luce delle osservazioni presentate dalla società istante, di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che l’operazione di scissione parziale proporzionale in oggetto contrastasse con la ratio delle disposizioni tributarie e con i principi del diritto tributario, non realizzando così un’operazione abusiva; tutto ciò fermo restando il rispetto delle formalità previste nell’articolo 173 Tuir e delle disposizioni relative alla fiscalità dei soci.
6. Fattispecie riguardanti operazioni societarie di scissione parziale e totale asimmetrica
Nella prima ipotesi in esame[30], viene sottoposto all’Agenzia delle Entrate il seguente caso: i soci di una società semplice attiva nel settore immobiliare intendono effettuare una scissione parziale asimmetrica finalizzata alla creazione di due distinte società semplici, di proprietà di due diversi nuclei familiari.
Per effetto della scissione, quindi, si avrà l’assegnazione di una parte del patrimonio immobiliare della scissa a favore di una nuova società semplice (beneficiaria), partecipata da due soci riconducibili ad un unico gruppo familiare. Alla società scissa, partecipata dai soci appartenenti all’altro gruppo familiare, invece, rimarrà il patrimonio immobiliare non assegnato alla beneficiaria.
Dall’istanza di interpello emerge[31] che la motivazione dell’operazione è costituita dalla diversità di posizioni dei due gruppi familiari circa le modalità di amministrazione del patrimonio; pertanto, con la scissione si vuole garantire una sua migliore gestione, facendo in modo che ognuno dei due gruppi divenga proprietario di una distinta società. Sulla base di queste premesse di fatto, la società chiede all’Agenzia una valutazione sul carattere abusivo o meno della scissione che si intende realizzare.
L’Agenzia, sulla base delle dichiarazioni e delle affermazioni dell’interpellante, nonché dell’analisi del contenuto dell’istanza e della relativa documentazione integrativa, ritiene che la scissione non proporzionale che si intende attuare non determini, sia sul versante delle imposte dirette sia su quello delle indirette, il conseguimento di alcun vantaggio fiscale indebito e nessun contrasto con la ratio di disposizioni normative o con i principi dell’ordinamento tributario.
L’operazione, sottolinea l’Amministrazione, persegue l’obiettivo di superare i contrasti di vedute sulle strategie operative tra i soci appartenenti alle due compagini familiari; essa, pertanto, appare un’operazione organizzativa del tutto fisiologica, in grado di consentire ai due distinti gruppi di proseguire l’attività di gestione degli immobili secondo i rispettivi punti di vista.
Il secondo caso sottoposto all’Amministrazione finanziaria riguarda la Società A s.r.l., holding di partecipazioni, il cui capitale sociale è posseduto da una pluralità di soci persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa, che riceveva un’offerta, da parte di una società quotata americana, per la cessione della totalità delle quote detenute in una società del gruppo la Società D s.r.l.[32].
A fronte della suddetta possibilità, i soci della Società istante, concordi sul merito della convenienza della cessione, manifestavano tuttavia opinioni divergenti sulla gestione della liquidità che si sarebbe ottenuta dalla predetta cessione. Ritenute insanabili le differenze tra le intenzioni e le visioni prospettate dai soci in relazione all’utilizzo imprenditoriale della liquidità proveniente dalla cessione della Società D s.r.l., per evitare la paralisi amministrativa si decideva di proseguire su strade separate attraverso la costituzione di alcune Newco ognuna delle quali beneficiaria di una certa quantità di quote del capitale della Società D s.r.l.[33]. Di conseguenza, la compagine istante prospettava la seguente riorganizzazione societaria:
Scissione totale asimmetrica non proporzionale della Società A s.r.l., ai sensi degli artt. 2506 e seguenti del Codice civile, a favore di 5 società di nuova costituzione;
Ad esito della scissione, ogni beneficiaria, Newco, sarebbe risultata titolare di un pacchetto di quote nella Società D s.r.l. proporzionale a quanto detenuto precedentemente dai soci nella Società A s.r.l. L’operazione in questione, pertanto, verrebbe realizzata in regime di neutralità di imposta, ai sensi dell’art. 173 del TUIR;
Cessione, da parte di ciascuna delle beneficiarie Newco, delle partecipazioni detenute nella Società D s.r.l. usufruendo del regime di “Participation Exemption” (“PEX”) previsto dall’art. 87 del TUIR, alla società americana interessata.
La società istante ritiene che l’operazione descritta non configuri, ai fini delle imposte dirette, né in capo alla Società A s.r.l. né in capo ai propri soci, un’ipotesi di abuso del diritto in base all’art. 10-bis della Legge n. 212/2000: ciò in quanto il risparmio fiscale, eventualmente, conseguito attraverso l’operazione di scissione asimmetrica prospettata, non potrebbe essere considerato, in alcun modo, “indebito”, non contrastando con la ratio delle disposizioni tributarie applicabili, posto che il regime di neutralità di cui all’art. 173 del TUIR rappresenta un effetto fisiologico dell’istituto[34].
Secondo l’Amministrazione finanziaria l’operazione di scissione – anche non proporzionale – è, in linea di principio, fiscalmente neutrale ai sensi dell’art. 173 del TUIR, e il passaggio del patrimonio della società scindenda ad una o più società beneficiarie, che non usufruiscano di un sistema di tassazione agevolato, non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa.
I plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti, dalla società scindenda alle società beneficiarie, infatti, concorrono alla formazione del reddito, secondo le ordinarie regole impositive vigenti, solo al momento in cui gli stessi dovessero essere ceduti a titolo oneroso a terzi, dovessero essere assegnati ai soci ovvero dovessero essere destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Nel caso in oggetto, la scissione prevede l’assegnazione del patrimonio della scindenda a cinque società beneficiarie di nuova costituzione, ciascuna delle quali riconducibile ad alcuni soltanto dei soci della Società A s.r.l., accomunati dagli stessi interessi e visioni imprenditoriali[35].
Il trasferimento della partecipazione nella Società D s.r.l., in sede di scissione, avverrà in regime di continuità dei valori fiscali di modo che la tassazione sul plusvalore della partecipazione ripartita tra le Newco beneficiarie rimanga latente in capo ad esse e, dunque, rinviata ad un successivo ed eventuale evento realizzativo.
In definitiva, nella fattispecie, rileva il principio per cui le finalità perseguite attraverso la scissione muovono da interessi delle società coinvolte e non da interessi dei singoli soci.
Ciò premesso, nel caso specifico ed alle condizioni esposte dall’istante, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’“Operazione” di scissione asimmetrica non configuri un’ipotesi di abuso del diritto, non determinando alcun indebito vantaggio fiscale in contrasto con la ratio di norme o principi di diritto tributario.
Fondamentale è pertanto, in ogni caso (e come più volte illustrato), affinché non siano ravvisabili profili elusivi, che l’operazione di scissione non sia, di fatto, finalizzata all’assegnazione dei beni della scissa attraverso la formale attribuzione dei medesimi a società di “mero godimento”, non connotate da alcuna operatività, al solo scopo di rinviare sine die la tassazione delle plusvalenze latenti sui beni trasferiti e/o delle riserve di utili in capo ai soci, usufruendo, in modo indebito, del regime di neutralità fiscale.
Note
[1] F.Gallo – Brevi spunti in materia di elusione e frode alla legge-Rassegna Tributaria 1989- pag 11 ss, F.Santonastaso-I negozi in frode alla legge fiscale-Diritto e Pratica Tributaria 1970, pagg. 505 ss, P. Paciotto Attività negoziale, evasione ed elusione tributaria-Rivista diritto Finanziario 1985 pag.729,M.P. Tabellini- L’elusione fiscale-Milano 1988 pag 72).
[2] N.Dolfin-Negozio indiretto e imposta di registro-Giurisprudenza Italiana 1978 pag 108 ss, M.A. Galeotti Flori: L’elusione fiscale-Il Fisco 1985 pag. 1988, S. Cipollina-La legge civile e la legge fiscale. Il Problema dell’elusione fiscale. Padova 1992 pag. 149 ss; P. Rescigno- Manuale di Diritto Privato-Napoli 1983 pag. 342.
[3] In questo quadro, occorre precisare che l’art. 37-bis d.p.r. 600/1973, presentava carenze sistematiche quali la settorialità e la portata limitata, dovuta alla scelta prudenziale del Legislatore, di limitare l’ampiezza del potere di accertamento attribuito all’Amministrazione finanziaria in merito alla sindacabilità di ragioni prettamente imprenditoriali.
[4] L. Gaiani, Elusività delle operazioni straordinarie realizzate isolatamente o tra loro concatenate, Il Fisco, n. 11, 2019.
[5] Cassazione a Sezioni Unite n. 30055/2008, n. 30056/2008 e n. 30057/2008.
[6] Sentenza Halifax (CGUE, 21 febbraio 2006, C-255/02) e sentenza Cussens (CGUE, 22 novembre 2017, C-251/16).
[7] Si veda sul punto, in particolare la sentenza della Corte di Cassazione n. 30055 del 23/12/2008, secondo cui “Infatti, i principi di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e di progressività dell’imposizione (art. 53, secondo comma, Cost.) costituiscono il fondamento sia delle norme impositive in senso stretto, sia di quelle che attribuiscono al contribuente vantaggi o benefici di qualsiasi genere, essendo anche tali ultime norme evidentemente finalizzate alla più piena attuazione di quei principi. Con la conseguenza che non puo’ non ritenersi insito nell’ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali, il principio secondo cui il contribuente non puo’ trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale” – Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria.
[8] Cassazione n. 20030/2015 e Cassazione n. 1465/2009.
[9] Cfr. L. Gaiani, Op. Cit.
[10] L’esistenza di vantaggi fiscali indebiti – indicata dalla legge non come primo, ma come secondo requisito – va opportunamente valutata quale elemento propedeutico del procedimento di analisi. In tal senso, Assonime, circolare n. 21/2016, pag. 57, nonché l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 97/E/2017.
[11] Come indicato da Assonime, circolare n. 21/2016, pag. 96, in un caso del genere è inutile ogni altra indagine sulla sostanza economica dell’operazione.
[12] Assomine, nella circolare n. 27/2018, afferma che tale disposizione risulta ridondante: l’esistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali, infatti, pare essere difficilmente dimostrabile quando siano già stati accertati sia il vantaggio fiscale indebito quale caratteristica essenziale dell’operazione, sia l’assenza di sostanza economica.
[13] Assonime, circolare n. 21/2016, pag. 80.
[14] Cassazione, sentenza n. 11890 del 12 aprile 2022.
[15] Documento di prassi non pubblicato.
[16] Assonime circolare n. 27/2018 (pag. 14).
[17] Conferendo una partecipazione che attribuiva alla conferitaria il controllo di Beta (art. 177, comma 2, TUIR).
[18] Per completezza si evidenzia che la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata resa in epoca antecedente all’entrata in vigore del comma 2 bis dell’art. 177 del Tuir che consente il regime del conferimento in regime di realizzo controllato in Holding unipersonali anche in relazione a partecipazioni non di controllo qualora rappresentino complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
[19] Risposta n. 30 del 2018 dell’8 ottobre 2018.
[20] Anche in questo caso si evidenzia che la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata resa in epoca antecedente all’entrata in vigore del comma 2 bis dell’art. 177 del Tuir che consente il regime del conferimento in regime di realizzo controllato in Holding unipersonali anche in relazione a partecipazioni non di controllo qualora rappresentino complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
[21] Risposta n. 21 del 3/10/2018.
[22] Cfr. L. Gaiani, Op. Cit.
[23] Cfr. Risposta ad interpello n. 53/2019.
[24] Risoluzione n. 97/E/2017.
[25] Cfr. L. Gaiani, Op. Cit.
[26] Cfr. Scissione totale non proporzionale: c’è l’ok della valutazione antiabuso, Fisco Oggi, 19 ottobre 2018.
[27] (pag. 13).
[28] Cfr. A. Ginex, Non abusivo lo spin-off immobiliare di un gruppo societario, Euroconference News, 12 gennaio 2019.
[29] Cfr. A. Ginex, Op. Cit.
[30] Risposta n. 91/2018 del 4 dicembre 2018.
[31] Cfr. Scissione proporzionale asimmetrica: quando non è abuso del diritto, Fisco Oggi, 4 dicembre 2018.
[32] Risposta n. 133/2022 del 21 marzo 2022.
[33] Cfr. D. De Gaetano, “Operazioni straordinarie: la scissione totale asimmetrica non proporzionale non costituisce abuso del diritto”, My Solution, Fisco e Società, 5 aprile 2022.
[34] Cfr. D. De Gaetano, Op Cit.
[35] Cfr. Scissione parziale proporzionale di società immobiliare non abusiva, REFI Redazione Fiscale, 12 novembre 2018.
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